venerdì 31 dicembre 2010

La Missione

Il buio cupo della notte era addolcito da un leggero riverbero. In lontananza il crepitio delle fiamme. L'odore acre del fumo stava riempiendo la valle e rendendo l'aria irrespirabile. Peter continuò a correre a lungo. Sentiva il fumo penetrargli nelle narici e poi giù nei polmoni. Tratteneva la tosse con tutta la sua forza per evitare di segnalare la sua presenza, di indicare ai loro inseguitori dove si trovasse e come raggiungerlo. Gli occhi iniziarono a lacrimargli per lo sforzo e la testa iniziò a girargli. Il mondo si confuse tra nebbia e vertigini. I rami degli alberi sembravano danzare per lui in quella notte infernale. Ombre spettrali si agitavano ovunque.
I primi segni di sfinimento iniziarono a colpire le sue gambe. Dolore e stanchezza si impossessarono dei suoi muscoli. La vista sempre più appannata. Continuò a correre ancora e ancora e ancora. Non voleva fermarsi. Aveva paura. Paura di morire. Paura di aver causato la morte del suo professore. L'aveva abbandonato. Il professor Stevens l'aveva seguito solo per salvarlo e lui l'aveva lasciato in balia dei loro aggressori. Non si dava pace per questo.
All'inizio gli era parsa una buona idea. Dividersi per confondere il nemico poteva portare tutti alla salvezza, ma non aveva previsto di inciampare proprio in quel ragazzo. Aveva preso un piccolo sentiero per allontanarsi dal gruppo. Sentiva il sibilo delle frecce in lontananza e voleva cercare di aggirare l'arciere per aggredirlo alle spalle, ma all'improvviso si era trovato di fronte un secondo soldato. Se ne stava acquattato nell'ombra pronto ad attaccare di sorpresa. Peter gli era letteralmente crollato addosso e lo aveva schiacciato in terra. Avevano iniziato a lottare quando all'improvviso spuntò anche il professore. Era arrivato per aiutarlo. Era arrivato per salvarlo. E invece era finito a terra.
L'intento di Peter era quello di distrarre l'arciere per permettere agli altri di scappare, e tecnicamente ci era anche riuscito, infatti il soldato era arrivato in soccorso del suo collega e aveva colpito il professore. Una lunga freccia conficcata nel polpaccio. Doveva fare un male cane. Il coraggio del ragazzo si infranse in quel momento. Si rese conto del pericolo e della sua idiozia. Quello non era un gioco e quei soldati non erano certo lì per giocare a nascondino. Peter si sentì paralizzato dal terrore e non riuscì a muovere un dito. Anche quando l'arciere si allontanò e il professore riuscì ad atterrare l'altro soldato, Peter non si mosse. Si ripeteva che non voleva lasciare da solo il suo salvatore, ma la realtà è che era terrorizzato. Ci mise un po' a decidersi a scappare. Con le mani legate dietro la schiena e con il fumo negli occhi iniziò a correre come un pazzo. Tutta la sua tecnica di atleta sparì nei meandri della sua paura. Corse finché le gambe glielo permisero. Corse finché i polmoni non gli fecero male. Corse finché i suoi occhi riuscirono a vedere. Corse finché non inciampò nella radice di un albero rovinando bruscamente a terra. Tutto si fece scuro. Il silenzio calò.

La mente di Peter vagò per ore mentre era privo di conoscenza ai piedi di un albero. Aveva battuto la testa e probabilmente perdeva sangue, ma si sentiva tranquillo. Protetto. Lasciò che la paura scivolasse via dal suo corpo, che la fatica abbandonasse le sue membra, che il dolore sparisse tra i suoi ricordi. Sprofondò in un lungo sonno senza sogni. Era stanco e devastato da quella lunga giornata. Il freddo pungente del bosco smise di aggredirlo e una familiare sensazione di tepore lo avvolse. Il respiro divenne regolare. Dormì per ore come un bambino. Tossiva ogni tanto per cacciare via quel fumo che gli si era accumulato nel petto. Le larghe foglie cadute dagli alberi gli fecero da giaciglio.
Iniziò a riprendere coscienza di sé solo quando il cielo iniziò a schiarirsi. L'aurora arrivò a strappargli via brandelli di sonno dagli occhi riportandolo alla realtà. Sentiva ancora il crepitio del fuoco, ma più leggero, soave. L'odore pungente del fumo era sparito e al suo posto l'aria era invasa da un profumo ammaliante. Qualcosa che risvegliò i suoi sensi. Cibo. Si rese conto di avere fame come mai prima d'ora. Lo stomaco ruggiva come un leone nella savana e la bocca era impastata dalla troppa salivazione. Quel profumo sembrava meraviglioso e invitante. Si sforzò di aprire gli occhi. Doveva capire. Doveva mangiare.
Si rese conto di essere al caldo. Protetto da una pesante coperta di lana. Cercò di tirarsi su, ma i dolori assopiti durante la notte tornarono a fargli visita. Le ossa erano pesanti e anchilosate. I muscoli infiammati e irrigiditi. Provò a fare forza su un braccio per alzarsi ma ricadde sdraiato. Non aveva più i polsi legati. Al posto delle corde c'erano profondi solchi escoriati con piccoli grumi di sangue rappreso.
"Non ti sforzare, cerca di riposarti" disse una voce. Peter non se lo fece ripetere e sprofondò nuovamente nell'incoscienza. L'impellente bisogno di mangiare si affievolì un po' ma non si arrese del tutto rendendo il sonno del ragazzo agitato e scomposto.

Si svegliò quasi di soprassalto scattando a sedere come se si fosse ricordato improvvisamente di qualcosa. Non aveva realizzato, non ci aveva neanche provato, ma adesso era chiaro come il sole. C'era qualcuno. Qualcuno che si era preso cura di lui e lo aveva protetto durante quella notte. Si guardò intorno ma gli occhi ancora non rispondevano bene. Annebbiati dal sonno e dalle lacrime. Vide la coperta che aveva addosso. Era lana buona e conservava ancora il suo tepore. Vide il fuocherello che scoppiettava allegro sopra dei rami secchi. Scaldava una grossa pentola di rame da dove fuoriusciva un profumo di fagioli e carne. Vide il ragazzo, il suo custode. Aveva un grosso mantello che lo avvolgeva completamente e un largo cappuccio che gli calava sul volto. Ricordava molto quello indossato da Kaila. Kaila. Come poteva averla dimenticata? Un fiume in piena di ricordi lo investì riportandogli alla mente tutti gli eventi del giorno precedente. Un groviglio di pensieri confusi e sconclusionati. Eventi strani e inspiegabili che potevano solo essere frutto di un sogno.
"Dove mi trovo? Cos'è successo? Dove sono i miei amici? Che fine anno fatto quei soldati?" Peter sentì le domande accavallarsi in fretta e furia sulla sua lingua come se sentissero il bisogno di fuggire e dovessero farlo nel più breve tempo possibile.
"Troppe domande amico mio, e non ho molto tempo per risponderti" la voce arrivò da sotto il cappuccio ma Peter non vide nessuna bocca muoversi. Aveva già visto una cosa simile. Quel ragazzo lo aveva già incontrato. Stava mescolando con un bastone il contenuto della pentola come se nulla fosse accaduto. Il profumo della carne stufata aggredì le narici di Peter e la fame ritornò più forte che mai. Aveva bisogno di mangiare. I suoi occhi si persero ad ammirare le volute di fumo che fuoriuscivano dal paiolo. La sua bocca era aperta e carica di saliva. Non avrebbe resistito oltre.
"Questa roba è tutta per te, stai tranquillo, ma adesso dobbiamo parlare" disse la voce sotto il mantello.
"Chi sei tu?" chiese Peter riscuotendosi dal richiamo ipnotico del cibo.
"Un amico" rispose l'altro.
"Non mi basta, voglio sapere chi sei! Sei lo stesso dell'altra sera, quello che mi ha indicato la via per la casa del professore?"
"Si, sono io, e per il momento dovrai accontentarti di questo. Non ho il tempo di darti altre spiegazione. Devo affidarti una missione."
"Una missione? Ma di che parli? Devo tornare dai miei amici, devo dirgli dove stanno portando Stevens. Dobbiamo andare a salvarlo."
"Non ti preoccupare dell'uomo. I tuoi amici sono al sicuro adesso e presto avranno modo di soccorrerlo, ma tu dovrai rinunciare a rivederli per un po'."
"Come fai a sapere che stanno bene?"
"Sono anni che proteggo Elliot. Di me puoi fidarti!"
Elliot. Conosceva il nome del suo migliore amico. Diceva di proteggerlo, ma non l'aveva mai visto prima di quegli eventi. Da anni poi, era impossibile. Però conosceva il suo nome. E conosceva anche quello di Stevens. Sapeva fin troppe cose e ne condivideva troppo poche. Peter iniziò a spazientirsi. Eppure sentiva che di quella persona poteva fidarsi. La stessa sensazione che aveva provato la sera del crollo della grotta, quando gli aveva indicato la strada per la casa del professore e poi era sparito. In quel momento non si era chiesto il perché di quell'aiuto o se potesse trattarsi di un inganno. Anche adesso lentamente si rendeva conto che di quella voce che si nascondeva sotto quel mantello aveva una fiducia cieca.

"Quale sarebbe la missione?" chiese con timidezza Peter. Fissava la coperta che ancora teneva sulle gambe indolenzite. Non voleva far vedere che si era arreso a quella fiducia incondizionata. Quella fiducia che progressivamente lo stava rasserenando. I suoi amici stavano bene e sarebbero andati a salvare il professore. Sarebbe voluto andare anche lui, aveva un debito di gratitudine con Stevens e voleva saldarlo. Si augurò con tutto se stesso che Elliot e Mallory riuscissero nell'impresa.
"Devi trovare un drago" esordì la voce quasi all'improvviso.
"Cosa? Un drago? Hai voglia di scherzare?" Peter si sentì spiazzato. Semplicemente pensò di aver capito male.
"Vedi Peter -si, so anche il tuo nome- l'altra sera voi tutti avete fatto un viaggio incredibile. Il luogo in cui ti trovi è lo stesso che conosci, ma al contempo è completamente diverso. Sei nel mondo della Magia adesso" spiegò il ragazzo.
"Mondo della Magia?" Peter era sempre più confuso. Si limitava a ripetere stupito le ultime parole che sentiva venire da sotto quel cappuccio.
"Beh, non è che abbia un nome vero e proprio, ma è sicuramente il modo migliore per spiegartelo. Riassumendo, tanto tempo fa Magia e Scienza convivevano in questo mondo. Una guerra enorme però rischiava di sterminare la vita sul pianeta, così fu imposto un sigillo che separò le due realtà creando due mondi paralleli che si sono evoluti indipendentemente. Tu vieni dal mondo della scienza e adesso sei finito in quello della magia. Tutto chiaro?"
"Cristallino" rispose ironico Peter. "Mi chiedo come abbia fatto a non capirlo subito!"
"Lo so che questa storia ti sembra incredibile, ma tutto ti diverrà chiaro con il tempo. Dopo che il sigillo fu imposto la guerra finì. Beh, non immediatamente, ci vollero anni, ma una profezia ne paventò il ritorno. La guerra avrebbe nuovamente imperversato su queste terre. E' per questo che ti sto affidando questa missione."
"In che modo un drago -ammesso che esista e che io lo trovi- potrebbe salvare il mondo dalla guerra di cui parli" chiese scettico Peter, ma il ragazzo che aveva di fronte si limitò a sollevare il capo nella sua direzione. Peter riuscì a vedere parte del suo volto. La sua bocca si era deformata in una specie di mezzo sorriso. "Lo capirai al momento giusto" si limitò a dire e Peter ebbe la conferma che il ragazzo non muovesse le labbra per parlare. Quella voce arrivava direttamente dentro la sua testa.
"Per me è ora tempo di andare, nella sacca al tuo fianco ci sono alcune cose: dei vestiti, un po' di cibo per il viaggio e anche qualche soldo -non è stato facile procurarmeli- troverai anche una cartina e una bussola. A due giorni di cammino in direzione nord troverai un villaggio di nome Tamal. Lì vive una donna di nome Ezra che saprà aiutarti. Dalle il ciondolo che trovi nella tasca anteriore della sacca e lei capirà."
"Tu non vieni con me?" chiese Peter preoccupato.
Il ragazzo si alzò in piedi e si voltò a guardare il lento incedere del sole nel cielo. Era ormai l'alba. Fissò la luce aumentare per qualche istante e poi si rivoltò verso Peter. "Vorrei, ma non mi è possibile, dovrai cavartela da solo. Ho piena fiducia in te" e con queste parole semplicemente scomparve. Si volatilizzò nel nulla. Sfumò nello sfondo come la nebbia che si dissolve sotto i caldi raggi del sole. Sparito.

Peter continuò a fissare per qualche minuto il punto dove il mantello era svanito nel nulla. Il sole gli ferì gli occhi e lo costrinse a distogliere lo sguardo. Si ricordò della pentola in cui bollivano fagioli e carne e la fame divampò di nuovo come un incendio. Si avventò sul contenuto e cercò di mangiarlo con il mestolo che il suo amico aveva usato per mescolare. Si ustionò la lingua, ma la cosa non lo fermò. Continuò a mangiare e a mangiare finché non fu sazio.
Con la pancia piena si distese nuovamente a terra a fissare le nuvole che correvano nel cielo tra le fronde degli alberi. Quei rami ormai quasi del tutto spogli che la sera prima lo avevano ghermito e spaventato. Il giorno maturava lentamente e la luce aumentava rendendo il bosco un posto meno spettrale. In lontananza vide alcuni solitari sbuffi di fumo alzarsi dal folto del bosco dove la sera prima era divampato l'incendio. Qualcuno era riuscito a domarlo e a spegnerlo.
Si prese il tempo di rischiararsi le idee e poi si rimise a sedere. Si guardò intorno per cercare la sacca di cui aveva parlato il ragazzo e la trovò appoggiata al tronco dell'albero che aveva accanto. Lo trasse a sé e ne ispezionò il contenuto. Era fatta in tela morbida ma resistente. Era molto grande, poteva essere tranquillamente uno zaino da campeggiatore. Si chiese come avrebbe fatto a portarlo in giro. Doveva essere molto pesante.
Prese gli abiti e li indossò. Dovette farlo sotto la calda coperta di lana perché fuori faceva troppo freddo. Un paio di pantaloni imbottiti di lana di pecora, una pesante casacca di stoffa e una giacca di fustagno. Vestito in quella maniera si sentiva ridicolo -non osava neanche immaginare come lo avrebbero preso in giro a scuola- ma dovette ammettere che non avrebbe più sofferto il freddo.
Ripose i suoi vecchi vestiti nella sacca e altrettanto fece con la coperta di lana. Prese la cartina e la bussola e si andò a sedere vicino al fuoco. Passò la mattinata mangiando ed esaminando la grande pergamena. La conformazione del luogo gli era familiare. Come aveva detto il ragazzo misterioso, quel posto era in tutto e per tutto uguale alla collina che conosceva. Aveva identificato la sua posizione e aveva trovato il villaggio Tamal che avrebbe dovuto raggiungere. Tracciò a mente il percorso per cercare di capire che strada avrebbe dovuto fare e si rese conto che la cartina era estremamente dettagliata. Sembrava fatta a mano da qualche scrivano. La carta era vergata con un leggerissimo e preciso solco di inchiostro scuro, ma non era meno precisa di quelle digitali di un navigatore satellitare. Cercò di esaminare il resto della zona per cercare di capire quanto fosse diversa, quando alla fine si accorse che ogni suo dubbio o perplessità sulla storia che gli era stata raccontata era completamente sparito. Ormai il fatto di essere in un mondo alieno impregnato di magia non gli sembrava più tanto strano. Anzi, sembra perfino la spiegazione più logica per gli eventi dei giorni passati. I fantasmi di nebbia, la luce nella grotta, i modi strani di Kaila. Tutto poteva essere spiegato con la storia dei due mondi.
Avrebbe cercato un drago. Anzi, avrebbe trovato un drago. Realizzò quanto fosse magnifica la cosa e si riempì di gioia. Era finito in un gioco di ruolo e lui ne era il protagonista. Si immaginò la faccia di Elliot quando lo avrebbe visto in sella ad un enorme e possente drago. Quella sì che sarebbe stata una bella soddisfazione. Chissà se Mallory avrebbe fatto ancora il prepotente una volta che Peter si fosse presentato col suo nuovo cucciolo. Avrebbe dovuto dargli un nome? Avrebbe potuto dialogarci? Peter era ansioso di gettarsi a capofitto in quel viaggio magico.
Finì in un sol boccone i pochi avanzi di carne e scattò in piedi. Prese in spalla lo zaino e si accorse che era estremamente leggero. Se lo tolse e lo guardò con attenzione. Lo lanciò in aria e lo riprese al volo. Pesava quanto un pallone da calcio. Non gli sembrava vero e non capiva come fosse possibile, ma dopotutto si trovava nel mondo della magia. Quante cose avrebbe visto che lo avrebbero lasciato senza parole. Quante persone avrebbe incontrato che lo avrebbero affascinato coi loro poteri. Era in un mondo nuovo e fantastico. Il paese delle meraviglie.
Spense il fuoco e si incamminò.


1 commento:

  1. Rischi di diventare banale dicendo che mi è piaciuto molto? XD
    Peter è così reale che fa sentire ancora di più l'atmosfera che si respira nel mondo di Kaila.
    E poi mi piace molto com'è stato scritto questo capitolo, le similitudini come sempre sono il tuo punto forte ^^

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