martedì 7 dicembre 2010

Pioggia Battente

Felz si alzò di buon ora. La luce ancora non filtrava dalle imposte e il profumo di pane fresco non si spandeva nell'aria. Kaila probabilmente stava ancora dormendo. Si mise a sedere sul letto per non rischiare di riaddormentarsi. Era stanco, mai come in questi giorni c'era stato tanto da fare. Aveva ripulito la taverna e riportato indietro buona parte dei barili di birra. Aveva preparato dei secchi con il mangime degli animali. Dosi ben ponderate per durare abbastanza tempo da permettergli di arrivare a Salingar e tornare indietro senza rischiare di ritrovare le bestie morte di fame. Suo padre Ivan avrebbe potuto facilmente sfamarle versando il contenuto dei secchi nella mangiatoia ogni giorno.
Aveva portato i cavalli dal maniscalco per ferrare gli zoccoli e aveva contattato diverse badanti per trovare quella più adatta ad occuparsi del padre durante la loro assenza. Alla fine aveva optato per Olga, la corpulenta cuoca della caserma di Elengar. In questo periodo di ristrutturazione dell'esercito aveva perso il lavoro e quindi aveva iniziato a fare la badante. Quella mattina Felz sarebbe andato in città a prenderla per portarla a casa. Prima però doveva passare dalla birreria per appendere il cartello che avvisava gli avventori della temporanea chiusura.
La tentazione di rimettersi a dormire fu grande, ma alla fine riuscì ad alzarsi. Una volta fuori dall'uscio di casa si fermò un attimo ad ammirare il panorama. In venticinque anni non si era mai alzato così presto. Nonostante la sua sorellina gli avesse più volte parlato della cascata di nebbia che in autunno ricopre il versante del monte Hoen, lui non l'aveva mai vista. Era uno spettacolo incredibile. Surreale. Un leggero chiarore iniziò a dare colore alle cose. Il canto del gallo in lontananza confermava l'arrivo dell'alba. Del sole però non c'era traccia. Troppo impegnato a nascondersi dietro un fitto strato di nubi scure. L'eco leggero di un tuono arrivò a preannunciare l'avvicinarsi di un temporale. Pessimo momento per mettersi in viaggio. Ormai però era tutto organizzato e più tempo passava e più Kaila rischiava di essere scoperta. Sarebbero partiti comunque, ma prima avrebbe inchiodato qualche asse sul carro per fare da tettoia contro la pioggia.

I cavalli erano ancora addormentati e ci vollero parecchie carrube perché diventassero collaborativi. Li portò fuori dalla stalla e li legò al carro. Alcuni rumori arrivarono da dentro casa. Probabilmente Kaila si stava svegliando. Forse al suo ritorno avrebbe trovato del pane fresco. Il freddo era liquido. Si infiltrava fin dentro le ossa. Le mani si intorpidivano e i piedi arrancavano.
Il tragitto verso Elengar fu breve. Senza carico, i cavalli coprirono il percorso in meno di venti minuti. La città era ancora addormentata. Il silenzio rendeva ogni passo oltremodo rumoroso. Davanti al Grande Portone le guardie erano sveglie e vigili. Cosa insolita a quell'ora del mattino. I grandi cambiamenti si notano dalle piccole cose. Insieme ai due armigeri di guardia c'era un ragazzino con una casacca nera. Portava sulle spalle faretra e arco, mentre al fianco, dal fodero della spada, spuntava quello che sembrava essere l'impennaggio di una freccia. Sul petto portava l'insegna dell'Esercito Unificato e probabilmente era lì per controllare l'operato delle guardie del Portone.
Sembrava annoiato da quell'incarico. Era completamente assorto nel compito di limare la punta di una freccia. Gli armigeri però non sembravano rilassarsi, ogni tanto lanciavano qualche occhiata indietro per controllare la sua posizione. Felz fece cenno di saluto con il capo ad entrambi. I due militari si limitarono a spostarsi lasciando libero il passaggio. Mentre attraversava il Portone colse con la coda dell'occhio lo sguardo del ragazzino. Aveva una specie di ghigno stampato sulla faccia mentre lo fissava.

Decise come prima cosa di passare alla birreria. La strada era completamente sgombra e silenziosa. Gli stoppini dei lampioni erano già stati spenti. La luce mozzata di quel mattino uggioso rendeva difficile distinguere le forme. La taverna di famiglia si trovava sul corso principale che dal Grande Portone arriva fino al piazzale della Reggia. Felz però era solito entrare dall'ingresso posteriore, e per raggiungerlo era necessario addentrarsi nell'alveare di case che componevano la cittadella esterna.
Il silenzio era snervante. Il ragazzo dell'Esercito aveva messo Felz di cattivo umore. Si sentiva come un ladro braccato. Il ché non era troppo lontano dalla verità. Solo che il ladro era sua sorella. Kaila era sempre stata una ragazza amabile, dolce e disponibile. Eppure da sempre nei suoi occhi c'era un velo di malinconia. Una tristezza nascosta e radicata che sembrava non conoscere conforto. Era sempre taciturna. Da piccola si rintanava nei luoghi più ameni pur di essere lasciata in pace. Più di una volta lui e suo padre si erano presi un bello spavento vedendola arrampicarsi su alberi, tetti e rocce. Non era mai caduta e mai aveva dimostrato timore. Quando si arrampicava sulla vetta del suo piccolo mondo sembrava ritrovare la calma, la serenità. La tristezza però, quella non se n'era andata mai.
Poi un giorno era cambiata. Aveva ritrovato il sorriso e la spensieratezza. Aveva trovato qualcosa per cui vivere. Felz non avrebbe mai sospettato che potesse essere stata sua sorella a commettere il furto, ma quando Kaila glielo confessò non ne rimase sorpreso. In fondo aveva sempre saputo il perché di quella tristezza inconsolabile. Lo sapeva perché in parte la condivideva. Entrambi sapevano che nella loro vita mancava qualcosa. Qualcosa che gli era stato strappato via da piccoli. E non era solo l'affetto della madre ciò di cui si sentivano privati. No, loro sentivano di aver perso le loro origini. Certo, Kaila accusava maggiormente questa mancanza, ma anche Felz non vi era rimasto indifferente. Forse fu questo il motivo che lo spinse a non arrabbiarsi con la sorella e a cercare in tutti i modi di aiutarla. In fondo anche lui voleva conoscere il contenuto di quel diario.

Un gatto attraversò la strada all'improvviso e Felz sussultò. Non era abituato a perdersi nei suoi pensieri. Era un tipo pratico e meticoloso. Non certo un sognatore. Dal giorno del furto probabilmente era cambiato qualcosa anche in lui e adesso iniziava ad accorgersene.
Raggiunse il retrobottega della taverna. Il vicolo era stretto. Il carro ci passava per poche spanne. Era uno di quei vicoli senza uscita dove non ci sono finestre a fare capolino sulla strada. Felz legò i cavalli davanti all'ingresso ed entrò nel locale. Tutto era perfettamente in ordine e da terra si alzava profumo di pulito. Tutte le sedie erano disposte a rovescio sul bancone e sui tavoli. Tutte le bottiglie erano state portate in cucina e i boccali di vetro erano stati riposti negli armadietti sotto il bancone. Con una mano sfiorò il bancone e si sorprese a pensare alla sua vita. Tutto il suo mondo esisteva all'interno di quelle quattro mura. Aveva dedicato ogni suo giorno, ogni suo momento, ogni suo respiro a quel locale. Si chiese se fosse davvero quello il suo posto. Se non avesse sprecato il suo tempo per seguire una stupida tradizione di famiglia. Non aveva neanche avuto il tempo di trovarsi una moglie per colpa di quella maledetta taverna.
Cercò di cacciare via quel pensiero e andò a prendere il cartello che Kaila aveva preparato. Doveva semplicemente appenderlo sulla porta e andarsene. Almeno per qualche giorno avrebbe condiviso qualche momento piacevole con sua sorella. Non avevano mai avuto del tempo da trascorrere insieme. Quando Kaila era abbastanza grande per correre e giocare, Felz aveva ormai iniziato a lavorare con il padre alla birreria. Avrebbe approfittato di quella vacanza improvvisata per cercare di recuperare un po' del tempo perduto.
"Andate da qualche parte?" La voce arrivò improvvisa. Felz non si era accorto di avere qualcuno alle spalle. Non aveva sentito nessuno avvicinarsi, nonostante il silenzio accentuasse ogni singolo rumore. Perse la presa sul cartello che cadde a terra. Si chinò per raccoglierlo senza voltarsi. Sapeva a chi apparteneva quella voce. In città c'era un nuovo Capitano e spesso lo aveva visto seduto al suo bancone. Mai una volta aveva consumato qualcosa. L'unica cosa che riusciva a fare era spaventare la clientela. "Gli affari non vanno bene, andiamo a vendere le scorte di birra in un'altra città" rispose in tono asciutto. Senza far trapelare tutto l'astio che aveva in gola. "Capisco. E per quanto rimarrete chiusi?". Felz non era stupido, aveva visto come quell'uomo guardava sua sorella e sinceramente non gli piaceva. Avrebbe voluto rispondergli a tono, magari anche dargli una bella lezione. Non solo allontanava i clienti, ma stava rovinando la vita della sorella. Purtroppo però il coraggio non era una delle sue virtù quindi lasciò cadere l'argomento. "Partiremo oggi, ma potremmo doverci fermare lungo la strada. Il tempo non promette nulla di buono."
"Potrei mandarvi una scorta, non si sa mai quali pericoli potreste incontrare nel tragitto, e io sono pieno di uomini scansafatiche che non hanno alcun impiego se non sperperare il denaro del regno. Un po' di moto gli farebbe bene". Ci mancava solo la scorta. Dei militari che accompagnano dei fuggiaschi a seppellire della refurtiva. Forse avrebbe anche trovato la cosa divertente in altre circostanze. "Non ci serve il tuo aiuto". Rispose Felz ormai sul punto di esplodere. Si rese conto di aver calcato troppo l'accento su 'tuo' e capì al volo che l'atteggiamento del Capitano era cambiato. Gli si fece vicino. Felz sentì il suo fiato sul collo. "Non ti conviene avermi come nemico" gli sussurrò gelido nell'orecchio. "Vi auguro un buon viaggio" aggiunse sprezzante mentre si allontanava nei vicoli dell'alveare.

Gocce d'acqua iniziarono a cadere leggere. Poi via via sempre più intense. Un tuono squarciò il silenzio. Tambureggiante e battente, la pioggia riempì l'aria. Grosse pozze iniziarono a formarsi lungo la strada. Piccoli ruscelli cominciarono a solcare i vicoli della città. La rabbia di Felz aveva raggiunto il limite. Nessuno avrebbe messo le mani su sua sorella.
Corse nel retrobottega. Prese alcune tavole di legno che avevano tenuto da parte per accendere il fuoco e iniziò a costruire la tettoia per il carro. Batteva sui chiodi con tutta la rabbia che aveva in corpo. Sfogava la sua impotenza contro quelle poche assi di legno. I tuoni si facevano sempre più forti e facevano da sottofondo al suo animo inquieto. Il lavoro che ne uscì fuori non era perfetto, ma sarebbe bastato a proteggerli dalla pioggia. Caricò sul carro i pochi barili di birra rimasti nel locale e montò la tettoia. Era ora di partire.
Raggiunse l'abitazione della badante che le strade erano già diventate un torrente in piena. Olga era sull'uscio ad aspettare e quando vide arrivare il ragazzo si illuminò in volto. "Pensavo che non venivi più. Con 'sto tempo scuro!" Felz non rispose e la donna notò lo sguardo cupo del ragazzo. Rimasero in silenzio per tutto il tragitto di ritorno. Ci volle del tempo perché le strade erano quasi impraticabili.
"Non è meglio se partite domani? E' pericoloso andare in giro con 'sta pioggia" cercò di farlo ragionare Olga, ma Felz voleva mettere più leghe possibile tra sua sorella e il Capitano e voleva farlo il più in fretta possibile. Voleva fuggire. Una volta raggiunta la fattoria, corse verso la cantina sotto la pioggia per caricare il carro con più barili possibili. Fece attenzione a riporre quello con la refurtiva in fondo a tutti gli altri, così da rimanere al sicuro da eventuali controlli. Il carro si stava lentamente riempiendo d'acqua piovana. Coprì le botti con quanti più teli riuscì a trovare per proteggerli dalla pioggia e alla fine tornò alla stalla.

Kaila lo stava aspettando. Era avvolta nel suo grande mantello col cappuccio calato fin sopra gli occhi. Aveva in mano un grosso fagotto che sosteneva a fatica. Sembrava allegra e spensierata. Quasi non si accorse dell'aria funerea del fratello. "Qui ci sono le provviste per il viaggio. So che tu e papà di solito vi fermate nelle locande, ma preferisco di gran lunga la mia cucina... e poi mi è venuta una strana voglia di ciliege sotto zucchero". Sembrava il ritratto della felicità. Tutta quell'allegria era contagiosa e Felz si ritrovò a scherzare con la sorella come se non fosse successo nulla. Iniziò a sentirsi più sereno. Erano al sicuro e si sarebbero allontanati. Per almeno un paio di settimane sarebbero stati tranquilli. In quel mentre li aveva raggiunti anche Ivan che, come Olga, cercò di convincerli ad aspettare la fine del temporale prima di intraprendere un viaggio così lungo. I due non vollero sentire ragioni e partirono senza altri indugi.
La pioggia era incessante, ma la tettoia teneva. Per Kaila questo era il primo viaggio. Non aveva mai visto il mondo oltre le pendici della montagna e tutto sembrava meraviglioso. Continuava a chiedere informazioni su tutto. Dalla durata del viaggio a quali villaggi avrebbero incontrato lungo il cammino. Chiese dove avrebbero dormito e si informò sui costi delle varie locande di cui Felz le parlava. Sembrava una fonte inesauribile di domande.
Ogni tanto qualche tuono interrompeva le loro discussioni, ma nessuno dei due sembrava darci peso. Il Capitano, l'Esercito, la refurtiva. Tutto sembrava un problema lontanissimo e intangibile. Finalmente avevano il tempo di stare insieme e non lo avrebbero sprecato rimuginando sui loro problemi.
Il viaggio era iniziato.


1 commento:

  1. Mi piace Felz... mi piace davvero.
    Ma la migliore è Olga!
    VAI OLGA, SEI TUTTI NOI!!! XD

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