giovedì 9 dicembre 2010

Hangwick



La pioggia può essere un'amichevole compagna di viaggio. Kaila iniziò ad apprezzare il ritmico sottofondo delle gocce che rimbalzavano sulla tettoia improvvisata costruita da Felz. Il loro viaggio era iniziato ormai da diverse ore, ma ancora non avevano raggiunto le pendici del monte Hoen. A vederlo dall'alto, quel mondo fatto di campi, foreste e corsi d'acqua sembrava così piccolo e irraggiungibile. Sul primo punto Kaila dovette ricredersi. Man mano che si avvicinavano cominciava ad avere l'idea delle immensità che le si paravano di fronte. Sul secondo punto, beh, dopo cinque ore di viaggio ancora non riuscivano a venire a capo di quegli interminabili tornanti, quindi sì, era decisamente irraggiungibile.
Le continue curve a gomito che si alternavano sotto le lente ruote del carro avevano iniziato a dare la nausea alla ragazza. Ad ogni tornante incontravano nuove fattorie, nuovi campi, nuovi profumi. Come la città di Elengar, anche l'intera montagna sembrava un immenso alveare dove le operose api procedevano nel loro incessante lavoro. La pioggia stava rendendo la strada impervia. Placidi rigoli d'acqua ghermivano la pigra terra battuta del sentiero trascinando a valle detriti e ciottoli. Ad ogni tornate piccole cascate si univano a formare quello che sembra un leggero torrente del colore del cioccolato. Quello allungato con il latte appena munto dalle mucche. Una prelibatezza che

nei giorni di festa
Ivan preparava per i figli sciogliendo in acqua calda quei pochi blocchi di cioccolato che riusciva a permettersi al mercato. Una bevanda tanto gustosa da rendere le fredde serate invernali più sopportabili.

Una leggera sensazione di fame colse Kaila all'improvviso. Non era esattamente fame. Qualcosa di più inusuale. Era golosità. Da giorni aveva come questa strana voglia di cose estremamente dolci. Ogni volta che il sorriso gentile tornava a far visita nei suoi sogni, al risveglio sentiva il richiamo della dispensa. Quella più in alto. Era lì che Ivan nascondeva le poche leccornie che entravano in casa. Le abitudini erano dure a morire, e il fatto che ormai sia Kaila che Felz fossero abbastanza alti da raggiungere quegli sportelli non aveva spinto l'uomo a trovare un nuovo nascondiglio per i dolciumi. Eppure non era il cioccolato ad attirarla. No, quello per tradizione si mangiava durante l'inverno con il latte caldo. Non avrebbe avuto lo stesso sapore preso così, senza tutto quel contorno familiare che rendeva le serate di festa tanto speciali. L'attenzione di Kaila veniva attratta dalle ciliege. Quelle sotto zucchero che lei e Felz preparavano in agosto, dopo la raccolta.

Era stata sua madre ad iniziare quella tradizione e Kaila trovava che il rito della preparazione delle ciliege fosse come un piccolo legame che la riportasse tra le braccia di quella donna da cui era stata separata troppo presto. E poi era troppo divertente stare lì ad aspettare il concerto di schiocchi che veniva dai tappi di latta una volta che il sole aveva sciolto tutto lo zucchero presente nel barattolo. Una volta Ivan le disse che quello era un vero e proprio sigillo. Come quelli che gli stregoni applicano alle magie per imporvi la loro volontà.

L'uso dei sigilli era una delle materie considerate più importanti tra quelle insegnate alla scuola di magia di Elengar. Kaila non riusciva a coglierne il fascino, pensava fossero solo una cosa buffa. Una superstizione. Eppure quel rito delle ciliege la mandava in estasi. Forse era quella la vera magia che si nascondeva dietro ai sigilli.



Aprì il suo grosso fagotto e ne trasse fuori un barattolo di ciliege. Era grande, ma era pieno solo a metà. Ultimamente il sogno del sorriso gentile si era ripetuto spesso. Allo sguardo perplesso di Felz, Kaila rispose con un sorriso imbarazzato. Si sentiva come quando da bambina veniva colta sul fatto mentre faceva qualche marachella. Il fratello però doveva trovare quello sguardo estremamente tenero, perché scoppiò a ridere e accarezzo la ragazza tra i capelli con affetto. Alla fine Kaila riuscì a vedere il mondo al di fuori dei confini del monte Hoen. Il barattolo no. L'ultimo tornante disse addio alle ultime ciliege pescate dai due affamati e golosi fratelli.

Il calore che quel succo provocava scendendo giù per la gola sciolse il ghiaccio che attanagliava l'animo della ragazza Evidentemente anche la lingua doveva essere in qualche modo congelata, perché man mano che le ciliege nel barattolo diminuivano, le chiacchiere tra i due aumentavano. Kaila iniziò a sentire la testa leggera, scevra da ogni tipo di preoccupazione. Un nuovo mondo si stava aprendo davanti ai suoi occhi e lei sentiva la necessita di assaporarne ogni singola goccia. Le domande si formavano da sole nella sua mente e lei non faceva nulla per trattenerle. Così iniziò a chiedere informazioni su ogni fattoria che incrociavano. Scoprì che in realtà non era necessario avere un bell'appezzamento di terra per poter coltivare in montagna. Molte fattorie infatti avevano grossi frutteti, altre invece si limitavano ad allevare animali. Quello che andava per la maggiore era l'ulivo. A quanto diceva Felz questo tipo di albero cresceva anche nelle condizioni più avverse e l'olio che se ne ricavava si vendeva molto bene e sul pane era un vero e proprio dono del cielo. Kaila rimase sorpresa del fatto che la loro fattoria fosse l'unica a coltivare il luppolo. A quanto pareva bisognava allontanarsi parecchio per trovare altri produttori di questa pianta così particolare. Questo aveva reso negli anni i loro affari molto prosperi.



La strada iniziò a stiracchiarsi abbandonando la monotonia dei tornanti. Il pendio si fece meno scosceso. Le fattorie diminuirono. Presto il percorso iniziò ad essere affiancato da grandi alberi con enormi chiome che formavano una sorta di galleria verde che forniva un minimo di riparo dalla pioggia. Il tamburellare incessante della pioggia divenne aritmico e il carro accelerò il passo. Erano finalmente giunti a valle. Felz identificò i grandi arbusti come castagni. Kaila adorava le castagne, ma non aveva mai visto da dove arrivassero. Si sporse dal carro per raccogliere un frutto da terra. "Ahi!" una piccola goccia di sangue si disegnò su uno dei polpastrelli della sua mano. "Quello è un riccio, fai attenzione perché punge. Se lo apri dentro dovresti trovare due o tre castagne" disse Felz. "Potevi dirmelo prima, ormai mi sono punta" rispose seccata Kaila mentre si succhiava la punta dell'indice. Felz scoppiò a ridere di cuore. Una risata contagiosa che alla fine riportò anche Kaila di buon umore. "Ho imparato qualcosa! D'ora in poi le castagne lascerò che sia tu a venirle a raccogliere" riprese la ragazza facendo la linguaccia al fratello.

Il viaggio continuò lieto e tranquillo verso est per tutto il pomeriggio. I due consumarono il pranzo a bordo del carro. Kaila aveva preparato il pane quella mattina e ne aveva portato con sé mezzo filone. Con un po' di cacio e qualche fico secco sconfissero la fame. Con un sorso di birra fecero strage della sete e della lucidità. Iniziarono a ridere per ogni sciocchezza. Kaila quasi cadde dal carro per le risate quando una farfalla si appoggiò tra i crespi capelli castani del fratello. Felz invece di scacciare l'insetto iniziò a schiaffeggiarsi la nuca. Era arrivato il momento di fermarsi, altrimenti sarebbero finiti dentro ad un fosso prima di riuscire a rendersene conto.

Col passare delle ore la pioggia si calmò. La luce iniziò a scemare. La stanchezza iniziava a farsi sentire. Un gruppo di case comparve all'orizzonte. Non c'erano locande, le uniche coseche avevano era un recinto di animali ed una grande stalla. Chiesero ospitalità per la notte e gli furono concesse un paio di balle di fieno nella stalla da dividere con le avide mucche. Mentre Felz asciugava i cavalli, Kaila accese un piccolo fuocherello e iniziò a scaldare un po' d'acqua. Aveva con se fagioli secchi e cipolle. L'odore della zuppa si sparse per tutto il piccolo villaggio e in poco tempo i musi bavosi delle mucche furono sostituiti dai musi sbavanti degli abitanti. Kaila abbrustolì un po' di pane e qualcuno portò un po' di olio da versarci sopra. In breve fu allestito un piccolo banchetto. Felz aprì uno dei barili di birra che avevano sul carro e la festa ebbe inizio. Continuarono a cantare e a danzare fino a notte fonda. Il cielo si rischiarò e qualche stella fece capolino. Quello che dapprima era un fuocherello si trasformò in un falò e tutti intorno iniziarono a raccontare storie e aneddoti di vita vissuta.

Man mano che la birra si faceva strada nel loro sangue, le storie diventavano sempre più surreali. Quando Felz disse che erano diretti ad Hangwick tutti trasalirono e iniziarono a narrare storie di stregonerie e di mostri. Di fantasmi di luce e di lupi dalle sembianze umane. Kaila scoppiò a piangere a forti singhiozzi terrorizzata. L'alcol le faceva immaginare cose incredibili. Quando fuori dalla porta della stalla vide delle figure muoversi nell'ombra si rintanò tra le braccia del fratello. "Tranquilla, è solo il vento che muove gli alberi".

Alla fine tutti tornarono alle proprie case. Una coppia di anziani signori invitò i due giovani forestieri a dormire nella loro umile dimora. Dopotutto si sentivano un po' in colpa per aver spaventato la ragazza, e poi volevano sdebitarsi per la bella serata. Felz accettò l'invito e si caricò in braccio la sorella ormai pesantemente addormentata.



Il viaggio riprese al mattino di buon ora. La gentile coppia che li aveva ospitati offrì loro la colazione. Kaila però non riuscì a mangiare quasi nulla. Aveva un mal di testa lancinante. Sentiva di avere qualcosa in mente, ma non riusciva ad afferrarla. Come sigillata. Eppure doveva essere una cosa importante. Il sole era tornato l'unico proprietario del cielo. La luce forte ferì gli occhi sensibili della ragazza che dovette affondare il volto tra le mani per proteggersi. Le ci volle un po' per abituarsi. Alla fine però riuscì ad ammirare lo spettacolo. Una sterminata pianura. I grandi campi di grano ormai mietuto si estendevano a perdita d'occhio. Neanche un filo d'erba interrompeva il profilo piatto di quei campi. Solo la montagna di Hoen si ergeva ad infrangere quell'armonia. Kaila riuscì solo a pensare che le mancavano i castagni.

La marcia lenta del carro cullò la ragazza facendola sprofondare in ripetuti sogni agitati. Vedeva delle figure che si agitavano trasformarsi in lupi che poi la aggredivano. I sogni la spaventavano al punto che cercò di tenersi sveglia in ogni modo. Felz ad Hangwick c'era già stato, quindi si fece raccontare com'era. Aveva uno strano interesse per le locande, la ragazza voleva sapere quante ce n'erano e quanto costavano. Kaila non aveva mai dormito fuori casa e l'idea di pagare per un alloggio le faceva strano. D'altra parte però voleva organizzare una cosa simile all'interno della birreria, quindi cercò di capire cosa comportava e quanto ci potevano ricavare. Molte delle idee di successo che avevano messo in pratica nella taverna erano nate dalla mente di Kaila, quindi Felz non tralasciò nessun particolare. Le descrisse le vie dell'antico borgo, le raccontò dove avevano alloggiato e mangiato. C'era una buona birreria che faceva una particolarissima birra 'affumicata'. Era una birra chiara semplice al singolo malto. Di grano a giudicare dal retrogusto. Però al termine della fermentazioni mettevano le botti nelle stesse camere di affumicazione usate per produrre lo speck e il provolone. Una volta terminato il processo la birra risultava imbrunita e aveva un aroma molto particolare. Sapeva di inverno e di casa. Di focolare e di famiglia. Dava uno strano senso di nostalgia e di benessere. E inoltre faceva venire una voglia matta di salsicce.



Al calare del sole si trovarono nei pressi del fiume Koar. Da lì veniva la terra che aveva dato vita alla loro fattoria. L'inconfondibile odore di limo le fece venire nostalgia di casa. Felz decise di accamparsi sulla riva del corso d'acqua. "Domattina attraverseremo il ponte e devieremo verso nord. Se tutto va bene entro sera saremo ad Hangwick". Kaila era ansiosa di arrivare in quella che sarebbe stata la prima città oltre Elengar che avesse mai visto. Quell'aroma di terra bagnata però la rapì completamente e quasi andò a tuffarsi nelle gelide acque del fiume. "Dove corri, guarda che fa freddo!" Felz la guardava correre lungo la riva con dolcezza. Assaporava ogni singolo istante che passava con la sorellina. Kaila dovette accorgersene perché lo chiamò a gran voce "Dai, vieni a prendermi se ci riesci!" I due corsero a perdifiato lungo l'argine e alla fine si sdraiarono a terra esausti. Le prime stelle della sera iniziavano a penetrare l'azzurro del cielo.

"Pensi mai alla mamma?" Kaila interruppe il silenzio affannoso col suo sguardo malinconico. Felz si mise su un fianco per poter guardare la sorella negli occhi. Una falce di luna si rifletteva nei suoi occhi dorati. "Ogni sera" rispose dopo un po'. "Raccontamela" fece Kaila illuminandosi "Beh, hai visto il ritratto del papà. Era più o meno così" rispose confuso il ragazzo. "No, no. Voglio sapere com'era lei. Che tipo era." Felz si sdraiò di nuovo con aria pensosa. "Una volta, da bambino, scappai di casa perché avevo litigato col papà. Non ricordo il perché ma on feci molta strada, avevo 5 anni. Mi andai a nascondere nella cantina. Piansi tutta la notte e finii per addormentarmi. Quando mi svegliai la mattina seguente, accanto a me trovai un involto. C'erano dei biscotti alle mandorle freschi. Li aveva fatti quella notte" la voce si interruppe infrangendosi nella commozione. Gli occhi del ragazzo si inumidirono. Il verde delle sue iridi si fece più intenso. Felz riprese fiato e si voltò di nuovo verso la sorella. "Lei era così! Sapeva sempre capire di cosa avevi bisogno! Aveva un animo gentile e generoso. Riusciva sempre a trovare il modo di farti tornare il sorriso."

Tra i due tornò il silenzio. Tornarono a fissare le stelle che man mano diventavano più vivide. Un alito di vento si alzò ad agitare l'erba intorno al greto del fiume. "Dai, torniamo al carro, altrimenti ci prendiamo un malanno". I due accesero un fuoco e passarono la serata a raccontarsi vecchie storie. Kaila era avida di ricordi della madre. Felz le raccontò ogni evento che gli veniva in mente mentre lei rideva e piangeva al contempo. Era felice e nostalgica. Si addormentarono che il fuoco ancora non si era spento. L'uno accanto all'altra. Coperti dalla stessa enorme trapunta. I sogni di Kaila tornarono ad invaderle la mente. Rivide il sorriso gentile, ma stavolta un velo di preoccupazione incrinò quella luce. Trasalì e si svegliò.

Era già mattino e Felz stava arrostendo delle pannocchie sul fuoco. "Buongiorno dormigliona" Kaila era agitata, ma la vista del fratello la calmò. Mangiarono in fretta e si rimisero in marcia. C'era qualcosa che le sfuggiva, ma neanche in quel momento riuscì a capire cosa. Fu una giornata particolarmente silenziosa.



Hangwick era un piccolo borgo nato ai piedi di una piccola collina di querce. Si dice che un tempo fosse la dimora dei novizi del Consiglio. Qui i più giovani aspiranti maghi venivano ad allenarsi e a completare i loro studi. Le mura della città erano composte da enormi blocchi di pietra estratti da una delle tante cave che infestavano il monte Hoen. Le case piccole erano sovrastate da altissimi tetti coperti da tegole in terracotta rossa. Questo dava alle abitazioni un aspetto a fungo. Non un bel porcino succoso, più un ovino rinsecchito. Di quelli che rimangono un po' duri a mangiarli crudi. Le strade erano completamente lastricate in pietra. Strade larghe, non quella specie di cunicoli che si trovavano ad Elengar. Quelle di Hangwick si potevano chiamare 'strade' senza il timore di essere presi in giro. Grossi lastroni piatti ne ricoprivano il manto. Avevano giusto una leggera pendenza verso entrami i lati della strada, dove due canali di scolo permettevano alle acque piovane di defluire silenziosamente senza lasciare tracce.



Tutto era pietra e terracotta. Ne un aiuola, ne un fiore. Non c'era la benché minima traccia di natura in quel borgo che trasudava antichità.

Da quel che narra la leggenda pare che la città fosse stata costruita da una comunità di nani -da qui le dimensioni tisiche delle case- che poi un bel giorno sparirono come neve al sole. Alcuni sostenevano che si fossero rintanati nelle gallerie sotterranee che infestavano la collina -anch'essa chiamata Hangwick- per nascondere un terribile morbo che li aveva affetti. Sta di fatto che su alcuni dei lastroni di pietra, ormai consumati da secoli di carovane e cavalli, si vede ancora oggi raffigurato lo stemma di un'ascia che incrocia una piccozza. Il marchio della comunità dei nani.

Kaila e Felz arrivarono nel tardo pomeriggio. Il pigro sole autunnale aveva già ceduto il passo alla più arzilla Luna. Una falce luminosa mieteva un cielo coperto di stelle. I due avevano viaggiato in silenzio e ininterrottamente tutto il giorno. Volevano assolutamente arrivare a destinazione. Quando Kaila vide le deboli luci della città si riaccese e il fiume di parole riprese incontrollato. Voleva assolutamente assaggiare la birra affumicata, ma non c'era tempo. Era tardi ed erano stanchi, inoltre Felz si sarebbe dovuto alzare all'alba il giorno dopo se voleva raggiungere Salingar prima del tramonto.

Alloggiarono nella locanda del Lupo Armato. Una buffa sagoma a forma di lupo vestito da armigero li accolse. Il padrone era un amico di Ivan, lì avrebbero avuto pasti caldi e letti puliti a buon prezzo. C'era anche una stalla privata che permetteva di mantenere al sicuro sia i cavalli che il prezioso carico che trasportavano. Fratello e sorella alloggiarono in due camere differenti. Cenarono controvoglia. Erano stanchissimi e deboli. Prima che il vociare dei commensali si fosse acquietato i due si erano già ritirati nelle loro stanze.

Kaila sprofondò in un sonno agitato. Si vide ghermita da un branco di lupi inferociti. Uno si stava avventando sul suo collo quando Kaila si svegliò scattando in piedi. Ancora ansimante si asciugò il sudore dalla fronte. Guardò fuori dalla finestra e vide delle figure muoversi. Gli venne istintivamente da pensare agli alberi che tanto l'avevano spaventata durante la prima sera di viaggio. Si rilassò al pensiero del fratello che cercava di tranquillizzarla. Si avvicinò alla finestra per guardare meglio. Si trovava al secondo piano della locanda, praticamente nel sotto tetto. Dalla sua camera aveva una perfetta vista della collina di Hangwick. Cercò di distinguere nuovamente quelle forme quando all'improvviso un enorme bagliore accese la foresta di querce che ricopriva la collina. Una luce intensa. Come un fulmine, però in mezzo agli alberi anziché tra le nubi. Kaila indietreggiò spaventata e andò ad inciampare nella sedia. Finì col sedere in terra tirandosi dietro la sedia.

Il rumore aveva svegliato Felz che si precipitò nella camera della sorella. "Che succede?" Gli occhi di Kaila erano spalancati, sembrava non essere in grado di articolare le parole. "C-ci sono i fantasmi!" Fu l'unica cosa che riuscì a dire. Felz si mise sdraiato accanto a lei e la abbracciò. "Tranquilla, è stato solo un brutto sogno. Adesso ci sono io qui con te". Il cuore di Kaila rallentò e si calmò. Si rilasso. I due rimasero per terrà finché le ossa non iniziarono a protestare furentemente. Alla fine si alzarono e tornarono nei rispettivi giacigli. La ragazza però passò la notte a fissare il soffitto.



Il mattino arrivò lentamente, tanto che Felz riuscì a batterlo sul tempo. Il ragazzo si era svegliato che l'alba ancora non era arrivata. Iniziò a prepararsi e chiamò la sorella. Kaila però non era in camera. Felz la trovò sul carro che infilava alcuni oggetti -la refurtiva- in una sacca da spalla. I due si salutarono in fretta. "Stasera torna qui alla locanda, io cercherò di ritornare domani in serata. Al massimo dopodomani. Fai attenzione nel bosco". Subito fuori le porte della città Kaila scese dal carro in movimento e si diresse verso la collina.

Quando il sole sorse Kaila era già protetta dai fitti rami delle querce. Grosse radici fuoriuscivano dal terreno creando come un enorme scalinata che rendeva la scalata più semplice. Alcuni scoiattoli scappavano da una parte all'altra rubando dal terreno qualche ghianda solitaria. La ragazza si fermò solo quando sentì le gambe cedere. Usignoli levavano il loro dolce canto in giro per il bosco. La stanchezza aveva fermato il suo passo, ma era ancora presto per liberarsi della refurtiva. Prese dal tascapane un barattolo di ciliege e ne mangiò alcune. Consumò metà della sua scorta di acqua per rinfrescarsi e lavarsi via la fatica. Trasaliva ad ogni rumore nel sottobosco. Aveva la sensazione paranoica che hanno tutti i fuggiaschi di essere seguita. Si voltava in continuazione per intercettare qualche sagoma, forma o movimento che potesse tradire un probabile inseguitore. Scoiattoli ed uccelli erano le uniche parti mobili di una natura statica. Neanche il vento osava inoltrarsi tra quegli alberi.

Riprese a camminare di buona lena e scalò il versante della collina per circa un'ora. Arrivò in una radura dove il sole riusciva a fare breccia tra le fronde possenti degli alberi. Si voltò per cercare di vedere quanta strada aveva fatto. La radura era ampia e concedeva una visuale sulla città sottostante. Kaila colse i contorni di quella che era la sua locanda. Il Lupo Armato. Da una di quelle finestre aveva visto un lampo di luce esplodere nella foresta. Si trovava nei pressi dell'origine di quel fenomeno inspiegabile.
Voleva portare a termine la sua missione nel minor tempo possibile. Kaila iniziò a correre con quanta forza le rimaneva nelle gambe. Sentiva il peso della refurtiva sbattere sul suo dorso ad ogni passo. Voleva liberarsene. Doveva liberarsene. Con la coda dell'occhio vide un buco nel terreno. Era poco lontano dal sentiero, ma abbastanza lontano dalla luce del sole. Perfetto per nascondere quei pericolosi oggetti. Kaila deviò la sua corsa per raggiungere l'obiettivo. Si tolse la sacca dalle spalle mentre stava ancora correndo. Con un gesto veloce del braccio ne svuotò il contenuto in quella specie di pozzo. "Ahio!" Un lamento arrivò dal pozzo. Il cuore di Kaila perse un colpo. Rimase impietrita. Si era fatta scoprire.
Si affacciò lentamente e timorosa. "Chi c'è la?". Un ragazzo si stava massaggiando la tempia dove uno degli oggetti di Kaila lo aveva colpito. Si voltò a guardarla e le sorrise. "Ehi dolcezza, che ne dici di darci una mano?". Il sorriso gentile era alla fine arrivato.


1 commento:

  1. Ecco.... io volevo andare a dormire ora.... e invece non posso! XD

    Darò una sbirciatina al prossimo capitolo prima :D
    Ho amato molto questo, ci sono delle descrizioni molto belle che rendono perfettamente tutto quello che Kaila e Feltz vedono ^^

    RispondiElimina