sabato 25 dicembre 2010

Christmas Special

Questo è il mio personale regalo di Natale per tutti quelli che finora mi hanno seguito e mi hanno sostenuto. Con questo capitolo vorrei inaugurare una serie di storie slegate dalla trama principale e che narrano vicende secondarie o comunque incentrate su personaggi minori. Prendendo spunto dagli speciali del Doctor Who spero di riuscire a regalarvi un capitolo speciale per ogni ricorrenza. Di volta in volta cercherò di trovare le storie che meglio si adattano alla festività di turno. Ovviamente questi capitoli non verranno inseriti nell'indice dei libri che man mano si alterneranno, però sono sicuro che troverete queste storie farcite di piccoli rimandi che di volta in volta approfondiranno alcuni aspetti del romanzo che stiamo leggendo. Per questo primo speciale ho scelto di dedicarlo ad uno dei personaggi più importanti della mia storia che però per forza di cose è ben lungi da essere un protagonista: Jonah!

Detto questo vi lascio alla lettura e vi auguro un Buon Natale. Non posso promettere nulla, ma se ce la faccio avrò modo di farvi anche gli auguri di Buon Anno ;-)


Un Regalo Inaspettato

La bufera imperversava e si insinuava in ogni crepa della porta di legno. I cardini erano allentati, quindi ogni raffica di vento la faceva sbattere come se qualcuno stesse cercando di buttarla giù con violenza. La fiamma nel focolare si faceva via via più debole e non c'erano più ciocchi per sfamare quel che rimaneva del fuoco. Jonah strinse a sé la pesante coperta di lana e si fece più vicino al camino. Se ne stava rannicchiato per terra a giocherellare con un pezzettino di carbone ormai privo di calore. Il freddo gli faceva battere i denti e stridere le ossa, sentiva il gelo intorpidirgli l'anima. Accanto a lui l'ultimo barattolo di ciliege sotto zucchero. Una ciliegia solitaria galleggiava in poche dita di sciroppo.
Jonah si era da poco trasferito ad Hangwick, la città dei maghi, dove tutti i novizi dovevano terminare il loro addestramento sul campo. Era appena uscito dalla scuola di magia, non con il massimo dei voti, ma se l'era cavata. La sua massima aspirazione era quella di passare le sue giornate a prendersi cura dei libri della biblioteca di Elengar, ma le sue capacità non arrivavano a quel livello. Il suo maestro e mentore l'aveva fatto entrare nel programma di addestramento per i maghi cerusici. Se tutto fosse andato per il meglio sarebbe finito in uno dei tanti fronti di quella guerra secolare a curare ferite e a rinsaldare ossa rotte.
Era arrivato nella città dei lupi sul finire dell'estate, mentre i corsi sarebbero iniziati con l'autunno. La casa in cui viveva era poco più di una topaia ed era appartenuta ad un ramo della sua famiglia che non aveva mai conosciuto. Era stato affidato ad una zia della cugina di terzo grado del nipote della sorella di sua madre. Una vecchina silenziosa e pigra che passava le sue giornate stravaccata sulla sedia a dondolo a dormire russando o, in rari casi, a dormire senza russare. Ad ogni fragile respiro della donna, la sedia emetteva un leggero cigolio e ondeggiava lenta sul pavimento. Quel rumore ritmico e sgraziato era una tortura per il povero apprendista che non ricordava più cosa si provasse a svegliarsi dopo un'intera notte di riposo.

Il freddo era arrivato di soppiatto. Si era intrufolato progressivamente da ogni porta della città e aveva agitato il vento per quelle strade senza alberi e senza ripari. Jonah pensava che, sopravvissuto ai gelidi inverni di Elengar, non avrebbe mai più affrontato la sensazione tremenda di quando il sangue non raggiunge più le estremità. Come se un centinaio di formiche carnivore della Valle di Assua avessero iniziato a banchettare sui palmi delle sue mani. Era contento di essere fuggito dalla vetta di quella montagna altissima con le sue ancor più alte torri, ma non poteva immaginare che, tutto sommato, potesse esserci di peggio.
Il peggio era il vento. Le alte mura di Elengar erano uno scudo efficientissimo contro le intemperie. Hangwick aveva delle basse mura, ma soprattutto si trovava al centro di una delle valli più ventose della regione, con solo una piccola collina ad est a proteggerli dalle correnti. E il vento spegne i focolari, frusta le case strappandogli via brandelli di tepore, neanche il sole riusciva a infrangere quella cortina di gelo che ammantava la città.
Il peggio era il ghiaccio. I pesanti stalattiti che trasformavano l'umidità e le intemperie in spade di ghiaccio minacciose. Le lisce e scivolose lastre che ricoprivano le strade ampie rendendole teatri di buffe cadute e goffi giochi di equilibrio. Jonah aveva ancora i postumi del suo ultimo che lo aveva visto scivolare davanti alla bottega del panettiere e arrivare dolorante fino alla piazzetta del fontanile che ovviamente era completamente ghiacciata e piena di gente pronta ad irriderlo.

Il freddo non era solo nell'aria, ma anche negli animi della gente. Jonah non poteva certo dire di essere stato accolto in pompa magna, anzi, difficilmente qualcuno si era accorto del suo arrivo. Era solo un'altra tunica col cappuccio calato fin davanti alla bocca che ogni giorno prendeva parte alle esercitazioni nel bosco. Nessuno si rivolgeva a lui. Nessuno si voleva esercitare con lui. Nessuno voleva avere a che fare con lui.
Un giorno di fine novembre, come tutte le mattine, si recò nella piazzetta del fontanile al centro della città. Di solito si riunivano lì tutti i novizi per poi raggiungere i campi di addestramento nel bosco sulla collina. Tutti stavano fermi e in silenzio, in piedi in file ordinate in attesa del Capo Mastro, ma non quella mattina. Gruppetti disordinati parlottavano agli angoli della piazza. Discutevano di tattiche e strategie, ridevano e scherzavano e, all'occasione, guardavano storto il povero Jonah. Ormai c'era abituato a quel tipo di accoglienza, quello a cui invece non sapeva dare una spiegazione era quell'insolito 'disordine'.
Il Capo Mastro arrivò con un discreto ritardo e portò con sé un cesto pieno di pacchetti. Salì lentamente sul podio posto di fronte alla piazza e iniziò a squadrare tutti i ragazzi presenti. Come per magia tutti i ranghi si serrarono nuovamente. Le file ordinate a cui Jonah era abituato si ricomposero. Il silenzio scese grave sulla piazza.
Qualche colpo di tosse sporadico rompeva lievemente la stasi di quel momento in cui il Capo Mastro continuava a fissare i suoi allievi. "Oggi, come ogni anno, si terrà la Corsa di Fine Autunno" disse l'uomo. "Formerete delle coppie, ognuna delle quali riceverà uno di questi pacchetti. All'interno c'è un bastoncino. Ogni coppia sarà legata tramite un sigillo al bastone. Se un membro della coppia si allontana per più di dieci passi dal compagno, il bastone si spezzerà. Se un membro della coppia cadrà a terra, il bastone si spezzerà. Se un membro della coppia urlerà, il bastone si spezzerà. La prima coppia che raggiungerà l'altro lato della collina con il bastone ancora intatto avrà vinto."
Il Capo Mastro aspettò qualche secondo prima di ricominciare a parlare. Fissò uno ad uno tutti i ragazzi soffermandosi con sguardo severo su quelli che ghignavano silenziosamente. Solo Jonah sembrava turbato dall'evento. Il numero di novizi era dispari, quindi lui sarebbe stato escluso, o peggio ancora avrebbe dovuto fare coppia con il Capo Mastro. La voce tonante riprese il suo discorso dal podio. "Quest'anno come premio per i vincitori ci sarà una sorpresa. Qualcosa che sono sicuro non vi aspettereste mai. Per tutti gli altri invece ci sarà una settimana di lavori forzati alla miniera di Shurbi."
Jonah era disperato. Odiava i lavori manuali, ma ancora di più odiava correre. Era goffo e impacciato nei movimenti. Difficilmente sarebbe arrivato sano al momento della punizione. Inoltre avrebbe dovuto affrontare il tutto da solo. "Ora formate le coppie, ognuno scelga il proprio compagno". Di male in peggio, oltre al danno anche la beffa e l'umiliazione di rimanere da solo senza un compagno. Nessuno lo avrebbe scelto. Jonah non osò alzare la testa, quando all'improvviso la sua perfetta visuale del pavimento lastricato della piazza fu coperta dal grigio rossastro di un'altra tunica. Due piedi esili spuntavano da sotto il mantello. Chiunque fosse se ne stava proprio piantato di fronte a lui. Alzò lentamente lo sguardo fino ad incontrare quello di una ragazza dagli occhi ambrati e i capelli lisci e chiarissimi, quasi dorati, che morbidamente le si adagiavano sulle spalle. "Mi chiamo Neja" disse la ragazza. "Ti andrebbe di fare coppia con me?" concluse la frase con un sorriso dolcissimo. Jonah ci mise un po' a riscuotersi. Continuò a perdersi in quegli occhi del colore del miele senza riuscire a proferire verbo. Muoveva la bocca come per articolare qualche suono ma nessuna parola ne veniva fuori. "Sono l'unica ragazza del gruppo, nessuno mi sceglierà perché mi considerano un peso. A quanto pare anche tu sembri essere lasciato in disparte, quindi perché non fare coppia?". Jonah rimase imbambolato per qualche secondo e alla fine riuscì a pronunciare un flebile ed incerto "V-va bene".

A turno le coppie passarono davanti al podio dove il Capo Mastro consegnò loro uno dei pacchetti sul quale impose il sigillo. Neja spiegò a Jonah che quella gara serviva a rinforzare il legame tra i maghi. Per natura gli stregoni sono schivi e solitari, ma in guerra devono sapersi amalgamare con l'esercito. La corsa aiuta a sviluppare la fiducia nel prossimo e lo spirito di squadra.
Quando fu la loro volta di ricevere il pacchetto, il Capo Mastro li squadrò per un attimo e poi sorrise scuotendo la testa. Non erano di certo la coppia meglio assortita, ma lo scopo del gioco non era vincere, bensì unire i maghi. Tutte le coppie con relativo pacchetto si ridisposero sulla piazza in file ordinate. Indossarono i cappucci per coprire i loro sguardi tesi. Jonah aveva in custodia il bastone e Neja stava in piedi al suo fianco. Il ragazzo fissava la scatolina con ansia pensando alla sua nuova amica. Ora si sentiva responsabile anche per lei. Frustrato. Sapeva perfettamente di non essere in grado di correre. Figuriamoci battere gli altri in una gara di velocità. Avrebbe condannato la sua compagna ad una settimana di lavori forzati. Si fermò un attimo a riflettere sul fatto che tutto sommato non sarebbe stato male rimanere da solo.
"Al suono delle campane la gara avrà inizio" tuonò il Capo Mastro che con un sorriso aggiunse "Vi auguro buona fortuna. Che vincano i migliori".

I rintocchi del campanile arrivarono puntuali e strazianti e tutti insieme scattarono verso le porte della città. Già dai primi passi, Neja e Jonah si ritrovarono in coda. Neja era agile abbastanza da tenere il passo con gli altri, ma Jonah era appesantito da qualche chilo di troppo e penalizzato dai lunghi anni di pigrizia e di poco movimento. Arrivati al cancello Jonah aveva già il fiato corto e la fronte imperlata di sudore.
La corsa si rivelò ad ogni passo più ostica. Ormai avevano imparato a conoscere i sentieri di quella collina, ma la distrazione e il manto di foglie dei colori dell'autunno che ricoprivano e nascondevano le radici degli alberi, rendevano la salita assai complicata. Jonah rischiò di cadere diverse volte, ma Neja si rivelò molto paziente e abile nel sorreggerlo.
Le difficoltà aumentarono quando il bosco si riempì di incantesimi che volavano da una parte all'altra. Tutti i partecipanti cercavano di far cadere gli avversari. Effettivamente l'uso della magia non era stato vietato dal Capo Mastro, ma Jonah non aveva neanche il fiato per pronunciare una qualsiasi formula. Neja aveva imposto uno scudo discretamente potente su di loro che li metteva al riparo da palle di fuoco e sferzate di vento. In breve tempo però non ci fu più nessuna magia dalla quale difendersi visto che tutti gli altri avevano letteralmente seminato i due.
"Non ti arrendere!" disse la ragazza. "Ce la puoi fare. Devi credere di più nella tua forza". La voce di Neja aveva il potere di scaldare l'anima di Jonah. Assunse uno sguardo deciso e risoluto. I due si fissarono e Neja gli sorrise di nuovo. Ce la poteva fare. Diede a Neja la scatola e prese un pezzo di carta dal suo tascapane. Lo tagliò in due e con una piuma d'oca riempì le due metà con una scrittura minuta e fitta. Come inchiostro aveva usato il suo stesso sangue. Quando ebbe finito piegò a metà i fogli e pronunciò alcune parole sottovoce. I fogli si illuminarono e divennero di colore rosso scuro.
"Cosa stai facendo?" chiese Neja.
"Non sono un bravo mago, ma se c'è una cosa sulla quale sono infallibile sono i sigilli" disse Jonah porgendo a Neja uno dei due foglietti. "Questo piccolo sigillo cancellerà ogni segno di fatica e ci darà un equilibrio degno di un funambolo. Purtroppo durerà solo qualche ora, ma dovrebbe essere sufficiente per farci vincere la gara". Per la prima volta Jonah si sentì all'altezza della situazione e sorrise orgoglioso di fronte al suo sigillo. Neja prese il pezzo di carta e lo ripose nel tascapane insieme alla scatola col bastone. Una sensazione di tepore inebriò i loro corpi come una calda coperta. Ogni dolore dovuto alla stanchezza sparì all'istante. Erano pronti a combattere. Erano pronti a vincere.

Forti del sigillo, Jonah e Neja corsero come il vento tra i tronchi quasi spogli delle possenti querce. In breve raggiunsero il resto del gruppo. Scartavano velocemente tra radici e incantesimi come se fosse la cosa più banale del mondo. Ridevano di cuore divertiti da quella loro potenza. Imprecazioni si alzavano al loro passaggio e riempivano di orgoglio i due campioni.
Arrivarono in cima alla collina in un baleno. Si presero anche il tempo di rinfrescarsi in una piccola polla d'acqua nascosta in una radura. Erano pronti per rigettarsi nella gara. La discesa rendeva i loro passi più veloci ma non meno sicuri. Sentivano la vittoria tra le mani. Il vento aveva tolto loro il cappuccio e i capelli di Neja brillarono nell'ultimo sole autunnale. Jonah si sentiva felice e parte di qualcosa. Forse quel periodo buio della sua vita era finalmente finito. Il pensiero lo accompagnò per quasi tutto il percorso, finché un dolore lancinante al ginocchio gli mozzò il fiato in gola. L'odore di carne bruciata gli riempì le narici. Il rumore dell'esplosione che lo aveva colpito gli rimbombò nelle orecchie. Il suo sguardo terrorizzato incontrò quello preoccupato della ragazza. Un istante lungo un'eternità in cui Jonah vide lentamente il terreno venirgli incontro. Il dolore fu dappertutto. Intenso e insopportabile. Piccoli sassi si conficcarono nelle braccia raschiando via la pelle. Jonah scivolò a testa in giù con il volto coperto dalle braccia insanguinate per diversi metri. Il silenzio calò sui due interrotto solo dal rumore secco del legno che si spezzava. Avevano perso.
Due ragazzi li superarono ridendo tra di loro. Uno dei due si girò verso Jonah mimando una voce femminile "Ohh, scuuusa!" Scoppiarono a ridere e si inabissarono nel folto del bosco. Jonah cercò di alzarsi da terra ma le braccia facevano ancora troppo male. Neja si avvicinò per dargli supporto. Era arrabbiata. Furiosa. Fissava con astio il punto dove i due ragazzi erano spariti, poi si voltò verso Jonah e si sforzò di recuperare il sorriso "Non ti preoccupare, non è colpa tua! Siamo stati una coppia formidabile". Quello sguardo intenso lasciò di nuovo Jonah senza parole. Era sincera. Ci credeva davvero.
Altre coppie li raggiunsero e li superarono mentre Jonah cercava di rialzarsi. Tutti ridevano vedendoli in terra. Jonah infine riuscì a rimettersi in piedi, si scrollò la terra dalla tunica e iniziò a zoppicare lentamente verso valle. "Avresti dovuto scegliere qualcun altro".
"Scherzi? Non mi sono mai divertita tanto come oggi. E ormai sono tre anni che vivo qui ad Hangwick."
"Ma adesso ti toccano i lavori forzati."
"Beh, ne è valsa la pena. Ho finalmente trovato qualcuno come me in questo posto di opportunisti e ipocriti."
Erano passate diverse settimane da quel giorno. Durante tutto il periodo dei lavori forzati, Jonah non era riuscito ad incontrare Neja neanche una volta.
Dopo quella vicenda non solo veniva evitato dagli altri, ma anche deriso e vessato. Più di una volta si ritrovò a fissare in ginocchio il terreno con le lacrime agli occhi e un forte dolore allo stomaco. Tutti a turno lo avevano picchiato solo per il gusto di farlo. La gara aveva raggiunto il suo scopo. I novizi non erano mai stati tanto uniti come nelle occasioni in cui se la prendevano con Jonah. Infine venne la bufera che rapì la città ricoprendola sotto una pesante coltre di neve.
Erano giorni che non riusciva neanche ad uscire di casa e il vento tormentava le sue notti. Tutto sommato preferiva quella vacanza forzata al costante senso di inadeguatezza che lo tormentava durante gli allenamenti.
Cercò di raggranellare quanta più forza aveva nelle gambe e si alzò col suo pezzettino di carbone stretto nel pugno. Andò alla porta e tracciò con esso pochi segni. Pronunciò una formula magica e d'improvviso il rumore del vento cessò. Il freddo allentò la sua morsa e Jonah fu persino in grado di lasciar cadere la coperta in terra. Sua zia era ancora profondamente addormentata sulla sua sedia a dondolo. Forse era il caso di portarla a letto. Non fece in tempo a fare due passi nella sua direzione che sentì bussare. Il sigillo che aveva appena imposto doveva bloccare il vento, quindi c'era davvero qualcuno davanti alla sua porta. Corse ad aprirla per mettere al riparo il povero avventore che aveva osato sfidare quella bufera, ma davanti all'uscio non trovò nessuno.
Jonah si affrettò a richiudere la porta, ma nel farlo abbassò lo sguardo e notò qualcosa adagiato sulla neve. Un pacchetto. Lo raccolse e guardò intorno per cercare di individuare chi lo aveva lasciato, ma non vide nessuno. Richiuse la porta e si avvicinò al camino. Perplesso aprì il piccolo pacchetto e dentro vi trovò un bastoncino spezzato in due parti con uno spago a tenere insieme le due metà. Oltre a quello, solo un biglietto con tre semplici parole: "Non ti arrendere".
Jonah sorrise. Non si sarebbe arreso.


1 commento:

  1. Confermo Jonah come uno dei miei personaggi preferiti.
    Mi è piaciuta tanto, all'inizio del capitolo, la descrizione del sonno di sua zia sulla sedia a dondolo, con il rumore scricchiolante che si perdeva in quei giorni di fine estate... molto suggestivo! In inverno invece era molto seccante ahahaha! Povero Jonah!

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