martedì 30 novembre 2010

Il Piano

L'alba si presentò con calma. La fitta coltre di nubi che ammantava il cielo iniziò a tingersi d'azzurro via via sfumando verso il grigio. Le ombre iniziarono a stiracchiarsi e a gettarsi oblique sulla valle. Le sagome delle torri si dipinsero sui pascoli ormai quasi completamente aridi. Una morbida nebbia argentata iniziò ad irrigare i campi scivolando debolmente lungo il pendio della montagna.
Man mano che il sole riscaldava l'aria, una leggera brezza di vento iniziò a sferzare le chiome degli alberi da frutta. Le nuvole iniziarono a diradarsi lasciando solo una leggera patina lattiginosa a coprire l'azzurro del cielo. La rugiada iniziò ad asciugarsi. In lontananza un gallo levò il suo canto.
Kaila se ne stava seduta sul tetto della sua fattoria a fissare il giorno in divenire. Da alcune settimane era diventata un'abitudine. Faceva fatica a prendere sonno, pertanto passava la maggior parte della notte a rimuginare sui suoi pensieri.
La fattoria della sua famiglia si trovava sul versante oscuro della montagna, quello che veniva illuminato solo dal tiepido sole del pomeriggio. Il terrapieno sul quale era stata costruita fu ricavato da un'antica cava di argilla. Il trisavolo di Kaila l'aveva fatta riempire con la fertile terra proveniente dalle rive del fiume Koar. Il clima asciutto e fresco era l'ideale per la coltivazione del luppolo, per di più il freddo invernale di quella zona favoriva la fermentazione dei malti. Una sezione della piccola cava era stata adibita a cantina dove venivano raccolti i barili della birra. La casa invece era stata eretta sul punto più estremo del terrapieno, quello a ridosso del burrone, così da permettere al sole di abbracciarla coi suoi raggi il più a lungo possibile.
Dal tetto della casa era possibile vedere tutta la vallata. Kaila passava le prime ore del giorno a fissare le ombre della città di Elengar che lentamente si accorciavano. Al canto del gallo si ridestava dai suoi pensieri e si sforzava di iniziare la sua giornata. Aveva circa un paio d'ore di tempo per preparare la colazione, spicciare le faccende di casa ed infine recarsi in città per aprire la birreria. Era stanca di quella quotidianità. Aveva provato il brivido dell'avventura. La paura, L'ansia ed infine il sollievo. Mentre volteggiava al di fuori delle mura della città aveva sentito il suo cuore leggero. Ogni segno di preoccupazione era scomparso. Aveva provato la felicità allo stato puro. Il giorno dopo però la vita aveva ripreso il suo normale corso, in più su di lei pendeva il peso della colpa. L'ansia di tutte quelle cianfrusaglie trafugate dalla Sala dell'Archivio e ora nascoste nella cantina del padre non le faceva prendere sonno. Doveva sbarazzarsene.
Voleva far sì che fosse impossibile ritrovarle. Ricordava di aver sentito parlare di una collina, poco oltre il villaggio di Hangwick, che si diceva essere infestata da spiriti maligni. Per secoli nessuno aveva cercato di inoltrarsi nel folto del bosco di querce che la ricopriva. I pochi sventurati che avevano tentato l'impresa non avevano mai fatto ritorno. Almeno così diceva la leggenda. Un posto del genere sarebbe stato perfetto, anche se qualcuno avesse trovato lì la refurtiva non l'avrebbe di certo associata al furto avvenuto ad Elengar. Magari avrebbero pensato ad un tesoro nascosto e protetto dagli spiriti, pertanto nessuno avrebbe osato toccarlo.
Il problema principale era la distanza. Hangwick si trovava a più di una settimana di cammino. Anche a cavallo non si impiegavano meno di tre giorni ad arrivarci. Come avrebbe potuto giustificare con la sua famiglia un'assenza tanto lunga? Inoltre una donna giovane che viaggia da sola con un fagotto sospetto sulle spalle rischiava di attirare l'attenzione dei viandanti. Per non parlare del pericolo che una fanciulla sola può correre durante le notti incerte in cui la luna si nasconde e i briganti escono dalle loro tane.
Il mattino giunse puntuale a interrompere i ragionamenti della ragazza. Era ora di rigettarsi nella consuetudine.

La casa era fredda. Ormai non si poteva più tenere il camino spento, la stagione non lo permetteva. Il pian terreno dell'abitazione era composto da un unico grande ambiente. Da un lato si trovava la cucina con il forno e i piani cottura. Avevano persino un lavabo per le stoviglie, cosa assai rara vista la difficoltà con cui le varie fattorie venivano collegate all'acquedotto cittadino. Come ogni cava di argilla che si rispetti però, la casa di Kaila sorgeva su una falda acquifera sotterranea dalla quale era possibile attingere l'acqua direttamente. Suo nonno aveva pagato un mago perché imponesse un sortilegio sulle acque sotterranee permettendogli di sgorgare direttamente in alcuni punti chiave della fattoria: La cantina, la latrina, il recinto degli animali, il pozzo di irrigazione e, appunto, il lavabo.
Kaila si avvicinò al grande focolare situato sul lato opposto rispetto alla cucina. Aveva imparato da suo padre a preservare la brace nascondendola sotto la cenere, così accendere il camino al mattino era un compito assai più semplice. Si limitò a disporre i ciocchi di legna su un letto di rami secchi. Con l'attizzatoio spostò la cenere scoprendo le braci ancora calde. Infine dispose sotto i rami un piccolo quantitativo di paglia che si incendiò all'istante. In pochi minuti l'ambiente iniziò a riscldarsi e il fuoco a scoppiettare allegro.
Con la molla di ferro prese poi uno dei ciocchi infuocati per portarlo nel forno, così da poter cuocere il pane. Dispose l'impasto lievitato che aveva preparato la sera prima all'interno del forno e si mise a lavare le stoviglie sporche della cena.
In breve il profumo del pane fresco iniziò a farsi strada lungo il salone, salì la rampa di scale e andò ad incunearsi nelle tre stanze da letto che componevano il piano superiore. Ivan e Felz si svegliarono.
Felz arrivò quasi immediatamente, Ivan si attardò un po'. Erano un paio di giorni che stava poco bene. Kaila mise dell'acqua pulita in un paiolo e la dispose sul fuoco così da poter preparare al padre un decotto contro il male dell'inverno. Ormai Ivan cominciava ad essere in là con l'età e risentiva facilmente degli sbalzi di temperatura tipici della stagione fredda. Per diverso tempo si era discusso di acquistare una dimora umile in città, magari vicino alla birreria, per permettergli di passare la vecchiaia in luoghi più al riparo dalle intemperie invernali. Quando Felz avesse preso moglie e si fosse stabilito nella fattoria con la sua nuova famiglia, Ivan e Kaila si sarebbero trasferiti all'interno delle mura di Elengar.

La mattina proseguì leggera tra le varie faccende di casa. Kaila fece il bucato, rassettò le camere ed infine pulì il soggiorno. Era giunto il momento di uscire per andare ad aprire la taverna in città. Felz era riuscito a convincere il padre a rimanere a casa per riguardarsi. L'incrollabile senso del dovere di Ivan era principalmente dovuto al fatto che a casa si annoiava, ma doveva accettare il fatto che la sua tosse poteva incutere timore negli avventori. Optò per rimettersi a letto dopo aver bevuto un infuso di valeriana e camomilla che Kaila gli aveva preparato. Gliene aveva preparata una brocca intera, così se il primo boccale non fosse stato sufficiente a rispedirlo nel mondo dei sogni, ci sarebbe risucito senz'altro il secondo, o il terzo.
Felz fece uscire i due cavalli dalla stalla e li legò al carro, poi prelevò alcuni barili di birra dalla cantina e li caricò sul pianale. Quando tutto fu pronto, lui e Kaila salirono a bordo e lasciarono la fattoria. La distanza era breve, la loro fattoria si trovava piuttosto in alto, ciononostante il percorso in salita fatto di innumerevoli tornanti, rendeva il viaggio abbastanza lungo. Dopo circa quaranta minuti raggiunsero l'ingresso delle mura. Gli armigeri di guardia erano sempre distratti se non addirittura addormentati, ma Kaila per sicurezza si calava sul volto l'enorme cappuccio del suo mantello. Meglio non rischiare di essere riconosciuta, anche se a conti fatti non era stato diramato nessun mandato di cattura nei confronti del ladro. Per quanto ne sapevano in città, quello era morto spiaccicato ai piedi della montagna. Quando suo fratello gli chiedeva il perché del cappuccio lei si limitava ad imprecare contro il freddo.
Smontarono il carro una volta raggiunto il retrobottega della taverna. Scaricarono i barili e portarono i cavalli nella stalla comunale. Il sole era ormai alto, anche se ancora coperto da una leggera coltre di nubi. Era giunto il momento di aprire al pubblico la birreria.

Mentre il periodo estivo portava clienti solo a sera, durante l'inverno si potevano trovare avventori ad ogni ora del giorno. Il freddo rendeva la birra molto più appetibile. Inoltre avevano fatto costruire una piccola cucina e avevano iniziato a servire anche la zuppa con le cotiche, lo stinco di maiale con le patate e altre prelibatezze prettamente invernali. Non dovevano neanche preoccuparsi di acquistare le carni dal macellaio, noto per i suoi prezzi esagerati, in quanto negli ultimi anni erano riusciti a tirare su un consistente allevamento di maiali e bovini all'interno della fattoria.
Questo aveva reso la birreria di Ivan uno dei locali più frequentati di tutta Elengar. Luogo di ritrovo di alcolizzati ed armigeri fuori servizio. Alcuni rimanevano persino a passare la notte distesi sulle lunghe panche di legno allestite nel locale. Al mattino Kaila offriva loro un boccale di tisana ai mirtilli mentre Felz ripuliva il bancone, così se ne andavano contenti pronti per tornare nuovamente una volta calata la notte. A breve avrebbero reso anche quel servizio a pagamento, così si sarebbero trasformati da semplice birreria a locanda vera e propria. Gli affari andavano sempre a gonfie vele con l'arrivo dell'inverno.
Quel mattino non vi fu un grande afflusso di gente, giusto i soliti due clienti fissi. Il Guercio se ne stava accasciato sul bancone col suo boccale tra le mani. Da quando era rimasto ferito durante un'esercitazione militare, il regno aveva iniziato a pagargli un piccolo vitalizio che gli permetteva di mantenersi senza lavorare, in più era stato congedato dall'esercito con tutti gli onori del caso. Da allora passava ogni giorno nella birreria a sperperare quella sua ricchezza e a piangersi addosso per la sua vita inutile. Uno dei clienti migliori.
Seduto ad uno dei tavoli invece se ne stava Drei il maniscalco. Da quando sua moglie era scappata con uno dei tappezzieri in visita da Salingar, non riusciva ad iniziare le sue giornate senza un'adeguata dose di alcohol nelle vene.
A Kaila piaceva quel lavoro. Dietro ogni persona, sotto ogni espressione, si nascondeva una storia. Lei se ne stava spesso dietro al bancone a dare ascolto agli avventori che dopo il secondo boccale di birra alle castagne iniziavano a raccontargli tutti i fatti più intimi. Sapeva ogni evento che accadeva nel regno quasi in tempo reale, ma nessuno gli aveva ancora accennato al drappello di soldati che stava per fare visita alla città.

Arrivarono nel primo pomeriggio. Lasciarono i cavalli alle scarse cure dello stalliere della città ed iniziarono a girare per le strade dell'alveare. Entrarono nella birreria quando erano da poco suonate le 4 del pomeriggio. Erano in cinque. Avevano un equipaggiamento leggero, da viaggio. Sopra una cotta di maglia indossavano una casacca nera con uno stemma che Kaila non aveva mai visto. Una croce bianca circondata da quattro cerchi argentati. Tutti portavano una lunga spada al fianco destro. Roba buona. Fatta con un buon acciaio. Non come le spade di ferro arrugginito degli armigeri di Elengar. Uno di loro portava al collo un grosso ciondolo che raffigurava lo stemma della stirpe di Hoen. Il lasciapassare regale. Il soldato che lo indossava doveva essere il Capitano del drappello ed era stato mandato dal re in persona. Aveva lunghi capelli neri che arrivavano fin sotto le spalle. Li teneva legati in una coda. Non dovevano essere molto comodi in battaglia, ma d'altra parte erano in tempo di pace, pertanto non era più obbligatorio per i militari rasarsi i capelli. Aveva gli occhi di un azzurro così chiaro da sembrare argento. Quando si avvicinò al bancone Kaila notò che il suo volto era ricoperto da lentiggini molto chiare, a malapena si distinguevano dalla sua pelle d'avorio. Era molto alto, più di suo fratello Felz e anche seduto era comunque più alto di Kaila.
Mentre gli altri quattro componenti si accomodarono ad uno dei tavoli, il capo si sistemò al bancone. "Stiamo cercando informazioni" ruppe il silenzio col suo accento particolare, sembrava si sforzasse per rendere la sua calata meno riconoscibile, ma doveva venire dal continente al di là dello stretto, probabilmente dalle terre dell'est. "Che genere di informazioni?" chiese Kaila cercando di simulare disinteresse. "Il vostro Re vuole scoprire come sia stato possibile che qualcuno si introducesse nel suo palazzo". Kaila iniziò a pulire nervosamente un boccale cercando di evitare lo sguardo di ghiaccio del Capitano. "Ho sentito che il ladro è morto, si è buttato dalle mura" cercò di tagliare corto la ragazza.
"Non è quello che vogliamo sapere. Il vostro Re vuole capire come abbia fatto. Elengar dovrebbe essere la città impenetrabile, invece un tizio qualunque è entrato all'interno delle mura, ha superato la vigilanza e si è introdotto a palazzo" calcava quasi con disgusto sulle parole 'vostro Re', evidentemente non era un'autorità che riconosceva. Per qualche ragione si sentiva superiore. "Siamo stati inviati per rendere questa città nuovamente sicura" concluse sottolineando con un ghigno di compiacimento le ultime parole. Kaila sentì un brivido di paura. Si prospettavano tempi duri per la città. Doveva assolutamente disfarsi della refurtiva. "Non ho il genere di informazioni che vi servono, ma posso servirvi dell'ottima birra" rispose con la voce più amabile che la sua ansia le permettesse. "Non beviamo mai quando siamo in servizio, ma i miei uomini hanno fame" Kaila colse al volo la scusa per dileguarsi in cucina.

Era palese che in poco tempo la pigra monotonia che regnava nella città arroccata avrebbe subito un bello scossone. I nuovi arrivati non sembravano intenzionati ad andarsene. Si erano stabiliti a palazzo e da subito avevano iniziato a dare ordini in nome del Re. Furono costituite squadre di vigilanti per controllare le strade della città. Il numero di guardie alle porte e sulle mura di cinta fu aumentato. Anche durante il giorno armigeri in servizio pattugliavano le strade e stazionavano severi di fronte alle locande. Non sarebbe passato molto tempo prima dell'istituzione del coprifuoco. I forestieri dovevano già abbandonare la città prima del decimo rintocco della sera, ora in cui le grandi porte venivano chiuse. Già dopo una settimana il flusso di avventori calò drasticamente nella taverna di Ivan. Inoltre Nikolas, il Capitano, veniva personalmente ogni sera a presidiare il loro bancone. Non beveva mai e di rado lo si sentiva parlare. Se ne stava lì ad incutere timore e a far scappare la clientela.
La situazione era diventata ingestibile e Kaila sentiva la necessità di liberarsi di tutti quegli oggetti che aveva nascosto tra i fusti di birra. Una sera si decise ad agire, ma non poteva farlo da sola. Mentre Felz sistemava dei nuovi barili di birra in fermentazione in cantina, Kaila gli si avvicinò "Ti devo parlare" gli disse quasi sussurrando. "Perché parli piano? L'esercito non ci può sentire da qui" disse scherzando Felz, ma quando vide la sorella trasalire si fece serio "Che succede?" chiese. In tutta risposta Kaila gli fece segno di seguirla e lo condusse nella zona più buia della cantina, dove aveva nascosto la refurtiva.
Avvicinò una fiaccola agli oggetti e li mostrò al fratello. "Da dove viene questa roba?" chiese il ragazzo terrorizzato. "Hai presente il furto all'Archivio?" disse la ragazza fingendo divertimento "Sei stata tu? Oh dei del cielo! Ti impiccheranno per questo" Kaila fece segno di abbassare la voce e il fratello si zittì. Felz era visibilmente in angoscia "Ho preso questa roba solo perché non capissero cosa volevo veramente" cercò di giustificarsi Kaila "Il diario della mamma!" commentò Felz che aveva già capito tutto. Kaila si limitò ad abbassare lo sguardo come un cane bastonato.
"Dobbiamo liberarcene" fece il ragazzo. "Lo so, volevo portarli sulla collina di Hangwick. Quel posto si dice sia stregato, nessuno li andrebbe a cercare in quel bosco. Però non so come arrivarci". Kaila vide il fratello concentrarsi su un pensiero. Fissava distrattamente gli oggetti e si accarezzava il mento. Forse stava elaborando quel piano che lei non era riuscita a formulare. "Un modo ci sarebbe. Col papà pensavamo di andare a Salingar a vendere della birra. Se qui mettono il coprifuoco ce ne rimarrà parecchia invenduta. Possiamo convincerlo a far venire te al suo posto. Hangwick è sulla strada. Potremmo riempire un barile con gli oggetti, così mentre io proseguo per Salingar tu vai a nascondere la refurtiva."
Il piano sembrava perfetto. Sarebbe stato difficile convincere Ivan a rimanere a casa, ma le sue condizioni di salute avrebbero giocato a loro favore. Avrebbero chiamato una badante per prendersi cura del vecchio durante la loro assenza. Col fratello dalla sua parte finalmente Kaila riuscì a tranquillizzarsi. Avrebbero buttato via quella roba e tutto sarebbe tornato alla normalità. La ragazza corse in casa, entrò in camera sua e si chiuse la porta alle spalle. Si appoggiò allo stipite e lasciò che l'ansia le scivolasse via di dosso. Andò alla cassettiera e nascosto tra i vestiti ritrovò il diario che tanta pena le stava dando. Sentì la chiave sul petto scaldarsi della sua luce argentea mentre prendeva in mano il prezioso quaderno. Dal giorno del furto ancora non aveva avuto il coraggio di aprirlo, ma una volta sistemata quella faccenda si ripromise di trovare il tempo di leggere le ultime parole che la madre le aveva lasciato in eredità.
Si sdraiò sul letto e finalmente riuscì a prendere sonno. Il piano l'aveva trovato, ora doveva solo metterlo in pratica.


5 commenti:

  1. Ho letto una montagna di libri fantasy nella mia "carriera" da accanita lettrice, a volte mi è stato detto il perchè di questa mia folle mania, in fondo sono tutti uguali, ma come giustamente hai spiegato anche tu gentilmente ho sempre risposto: "la struttura è quella ed anche lo svolgersi della narrazione, a paletti fissi, in cui il genere stesso sa ben muoversi, quel che cambia sono le storie e gli scrittori che, di volta in volta, sanno farti addentrare in mondi fantastici a modo loro; c'è la loro firma, dopo tutto, sopra"

    Il tuo, se mi è concesso di lasciare questo commento, è un vero classico del genere. Di cui forse, e sottolineo forse, riesco anche a tratteggiare qualche avvenimento non ancora accaduto. Lo scrittore tuttavia in questo può smentirmi e più di una volta lo hai già fatto creando situazioni particolari nel proseguo della storia, inaspettate, risvolti che lasciano intendere sia la storia stessa moooolto lunga da scriversi ancora.

    Tecnicamente, giudizio tecnico sempre da lettrice s'intende, trovo la tua stesura estremamente fruibile alla lettura. Io che non sono un'amante della troppa punteggiatura l'ho trovata coinvolgente, istante per istante, quando spesso capita in questo genere di libri di arenarsi in ragionamenti contorti da rileggersi più volte prima di capirne il senso. Pochi dialoghi al momento, ma molti dettagli descrittivi che riempiono la storia, te la fanno visivamente immaginare e questo è una cosa buona in un libro (almeno a me piace) perchè è come se la seguissi mentalmente in una sorta di animazione tutta personale :). In generale un racconto carico di suspance, con momenti divertenti e momenti seri ben equilibrati tra loro.

    Non è che io abbia poi chissà quale commento articolato da scriverti perchè, tra i capitoli, tu stesso hai dato spiegazione di ogni tua scelta e di questo te ne sono (parlo da me ma penso che anche altri possano esserlo) grata. Aggiungo soltanto che mi è piaciuta molto la scelta di dedicare a Mallory la prima persona, per quanto io non abbia ben compreso come tu intenda portarlo avanti.

    Non vedo l'ora di vedere anche le illustrazioni che Elisa ne trarrà dal tuo racconto naturalmente ;)

    Complimenti, in sostanza, sia per l'idea di fare tutto questo sul net sia per la storia, non vedo l'ora di leggerne i risvolti :D.

    Stefania

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  2. Grazie Stefania per lo splendido commento.

    Devo dire che mi ha reso felice leggere la tua opinione, tra l'altro così ben articolata e approfondita.

    Sono contento che il mio stile ti piaccia, anche se credo che ancora non si sia definito per bene.
    Sto ancora sperimentando vari metodi di scrittura per trovare quello più adatto alle mie corde. L'altro giorno per caso ho riletto il primo capitolo e, nonostante l'abbia scritto poco più di un mese fa, sembrava redatto da un'altra persona. Penso che al termine del 'libro' riprenderò tutti i capitoli, li rimetterò insieme e cercherò di amalgamarli e omogeneizzarli.

    Comunque sì, sono un fan dei periodi brevi. Li trovo molto più incisivi. Inoltre è più facile evidenziare delle parole che per una ragione o per l'altra ritengo essere più importanti. All'inizio leggendole sembrano buttate lì a caso, però poi quella parola ti rimane in testa e ti mette nello stato d'animo adatto a leggere il resto della storia. Penso sia un sistema splendido per descrivere i sentimenti e le sensazioni provate dai personaggi.

    Un'altra cosa che adoro sono le descrizioni. Mi piace contestualizzare il momento e spesso mi dilungo parecchio. Per me è quasi un gioco. Cercare le parole più disparate per creare similitudini buffe che però ti diano il senso del momento. La cosa che ho adorato di più è stato descrivere il salto di Kaila. Una bella sfida perché tutto era fatto di sensazioni. Volevo che nel lettore quasi si ricreasse l'ansia e la paura del vuoto (cosa che io conosco benissimo soffrendo di acrofobia).

    A volte, quando il momento lo richiede, cerco di sfruttare l'alternarsi dei personaggi per descrivere una scena da più angolazioni, creando una sorta di tridimensionalità.

    Per quanto riguarda Mallory, lui sarà un po' la mia coscienza, la mia voce all'interno del gruppo. Diciamo che nei panni del narratore bisogna essere imparziali nel descrivere gli avvenimenti, ma se si entra nella testa di un personaggio, beh, gli si può far pensare ciò che si vuole. I pensieri sono come un fiume in piena impossibile da arginare.

    Se ti può consolare, ad ora ci sono stati diversi momenti che hanno sorpreso persino me. Come dicevo nel prologo del blog, io sono solo il narratore che descrive gli eventi. Questi accadono a prescindere dalla mia volontà. Come se fossi un semplice osservatore. Mai mi sarei aspettato che Elliot si prendesse un'infatuazione per Lara, avevo creato tutto un bel background per evitare che accadesse una cosa simile, ed invece è successo. Non so se durerà, non so se magari era solo la situazione complice, però sta di fatto che sono letteralmente rimasto a bocca aperta mentre le parole mi si formavano in testa.

    Insomma, tutto questo per ringraziarti e per augurarti una buona lettura coi capitoli che verranno.
    Spero di poter leggere altri tuoi commenti in futuro. :)

    Marco

    PS: Anch'io non vedo l'ora di ammirare le splendide illustrazioni di Elisa. Inoltre le pubblicherò anche qui, cercando di inserirle nel capitolo più adatto. :D

    PPS: In questi giorni avrei dovuto pubblicare un nuovo capitolo, ma credo sia tutto rimandato alla prossima settimana. Sto organizzando una piccola mostra fotografica e la cosa mi sta assorbendo completamente ;)

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  3. Veramente bello anche questo capitolo.... sono in ansia per Kaila! >//-//<

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  4. Io non ho trovato troppa discrepanza di stile tra i vari capitoli, se non forse un filo sottilissimo che potrebbe rendere dinamica la storia anche da un punto di vista meramente pratico :)

    Comunque sia penso possa essere l'eterno dilemma di ogni persona creativa, finisce sempre che quel che hai fatto anche soltanto una settimana prima è da rivedere, correggere e quant'altro... come dico spesso io "è già troppo passato", a me capita fin troppo che una mia precedente tavola (e per me vale anche per qualcosa fatto qualche giorno prima) sia tutta da rivedere, perchè magari ho capito un minimissimo particolare di un qualcosa che non sapevo ancora :P

    Si, bella la scena del salto, io che ho il terrore di guardare alla tv scene in cui si guardano le strade di newyork da un grattacelo altissimo, posso assicurarti di aver provato un brivido nel leggerla @@'

    Bello anche il raccontare qualcosa che prescinde da te, gli eventi come dici, è qualcosa di surreale.

    Sono felice che ti abbia fatto piacere il mio commento, spesso quando vado a commentare in giro ho come l'impressione di esagerare (e forse è così;) perchè mi dilungo in parole e parole. Adoro scrivere tanto quanto disegnare e trovo che lo scrivere commenti articolati e, esperienza alla mano, potenzialmente comprensibili mi dia (e possa dare a chiunque lo faccia) l'opportunità di migliorarmi/si :)

    Continuerò a leggerti con piacere ed a commentare
    Sorrisi
    Ste

    ps: ho scritto spesso in prima persona ma mai testi troppo lunghi, leggerò i pensieri di mallory con vivo interesse perchè la prima persona è un metodo che mi incuriosisce e cattura allo stesso tempo.

    pps: perdona anche se ti rispondo in ritando, gli impegni sono sempre in agguato. Nei blog non è usuale commentare in vecchi post sia anche per rispondere... io, invece, lo faccio spesso :)

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  5. Uao, più lunghi i commenti che il brano! X)
    Comunque il salto di Kaila è stato molto elettrizzante!

    Nadia =)

    P.S.: Anche io nel tempo libero scrivo, ma è un passatempo, e poi le mie storie fanno schifo.....
    Le scrivo in prima persona (ho l'impressone di immedesimarmi più facilmente nel personaggio), ma non sono molto brava.... -.-'
    P.P.S.:mi piace molto il fatto che ogni capitolo sia ogni volta visto da una persona diversa! ◕‿-

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