venerdì 5 novembre 2010

Il Diario

La notte era ormai calata da diverse ore. Le stelle erano più vivide che mai a quell'altezza, senza le luci della città ad adombrarle. Pulsavano di una luce fredda e al contempo misteriosa disegnando strane geometrie nel cielo. Come una danza magica volta a richiamare la loro regina, la loro signora che le aveva abbandonate senza lasciar traccia. Era la prima notte di Luna nuova, il momento perfetto per agire. Il buio totale ammantava tutto come una calda coperta fatta di oscurità e protezione. Nessuno avrebbe notato quello strano mantello nero che si aggirava indomito tra le guglie di protezione della torre più alta in attesa del momento giusto per muoversi.
Le fiaccole lungo le strade lentamente si spensero augurando la buona notte a tutta la cittadella fortificata. Kaila ripassò mentalmente il piano, era un buon piano, così almeno si era ripetuta fino a convincersene. Erano mesi che ci lavorava, che pianificava ogni singolo respiro, ogni singolo battito del suo cuore, ogni singolo movimento dei suoi muscoli. Fino a quel momento era andato tutto bene, ma quella era la parte facile del piano. Se avesse commesso qualche errore in quel frangente avrebbe dovute prendere seriamente in considerazione l'idea di cambiare mestiere. Non che quello della ladra fosse il suo vero mestiere. Era più un lavoro occasionale, uno di quei lavori saltuari che si fanno una sola volta nella vita giurandosi che mai e poi mai si sarebbe più corso un rischio del genere. Insomma, Kaila era alla sua prima esperienza e aveva intenzione di iniziare col botto. Di fare il colpo che ogni ladro sogna di fare prima o poi nella sua vita, e poi basta. Mai più. Non lei, la contadinella che passa la vita tra la piantagione di luppolo e la birreria del padre. Non lei, la dolce ragazza che un giorno sarebbe andata in sposa al figlio del panettiere. Era quella la sua vita. Stasera lei sarebbe stata un'estranea persino per se stessa, Kaila la Ladra. E il bello è che in città tutti la conoscevano e tutti la amavano, e quindi nessuno si sarebbe preso il disturbo di sospettare di lei, ammesso che non si facesse beccare. E questa era la parte difficile del piano, quella che sarebbe iniziata da li a poco, al primo rintocco della campana.

Tutto era cominciato circa un anno prima: al termine della raccolta del luppolo suo padre Ivan e suo fratello maggiore Felz partirono alla volta della città di Salingar dove avrebbero barattato metà del raccolto con diverse varietà di malti che avrebbero miscelato per preparare la birra. Sulla porta della birreria fu appeso il solito cartello che informava gli avventori che sarebbero rimasti chiusi per circa due settimane, e così Kaila rimase sola in casa a fare la guardia ai polli e alle anatre.
Era abitudine che, mentre gli uomini di casa si occupavano dello scambio del luppolo, lei avrebbe avuto l'onere di fare il cambio di stagione. Avrebbe portato in soffitta i panni troppo leggeri da usare in periodo estivo sostituendoli con gli abiti più pesanti, quelli di lana e di cuoio che avrebbero tenuto caldo durante l'inverno che stava arrivando. Il lavoro era lungo e metodico. Bisognava prima lavare ed asciugare tutti i panni estivi. Andavano poi piegati accuratamente cospargendoli con poca farina di mais che avrebbe impedito all'umidità invernale di far germogliare la muffa sui vestiti. I panni piegati venivano poi riposti in due bauli leggeri di cuoio rinforzato avendo cura di riempirli il più possibile così da lasciare nel baule meno aria possibile. Infine avrebbe aggiunto qua e la tra i vari strati di stoffa dei rametti di fiori di lavanda che servivano a tener lontano le tarme. Era sufficiente un solo baule per stipare tutti i panni del padre e del fratello, mentre il secondo baule era completamente riservato a lei.
In famiglia non erano molto ricchi, ma il padre adorava vederla girare per il paese come un'aristocratica signora, quindi metteva ogni soldo da parte per farle la dote e, ogni tanto, per comprarle qualche vestito nuovo, di quelli buoni, non come gli stracci che indossava lui. Nel tempo i vestiti si erano accumulati e adesso Kaila poteva persino cambiarsi d'abito una volta a settimana.
Una volta portati i bauli estivi in soffitta, era il momento di portare quelli invernali al lavatoio, ma mentre cercava di tirar giù da un ripiano l'ultimo dei bauli, il suo, quello più grosso che si incastrava sempre, fece troppa forza e venne giù tutto lo scaffale. Kaila rovinò a terra e su di lei si riversò tutto il contenuto dei ripiani, compresi i ripiani stessi. Non si era fatta molto male nella caduta, i bauli che aveva ordinatamente posato sul pavimento avevano attutito la caduta dello scaffale, ma qualcosa di pesante le era caduto in testa, e quello si che le aveva fatto male. Era un baule più piccolo degli altri. La ragazza non l'aveva mai visto, probabilmente era nascosto sul ripiano più in alto dove lei non arrivava. per di più nella caduta si era aperto e adesso il contenuto era completamente rovesciato sul pavimento. Kaila si tirò via da sotto lo scaffale e cercò di alzarsi. La fronte le pulsava fortissimo dove il baule l'aveva colpita, le girava anche un po' la testa, tanto che dovette appoggiarsi ad una delle colonne che reggevano il tetto per evitare di cadere di nuovo. Si toccò dove le faceva male e fu come se un ago rovente le si fosse conficcato nella fronte, la testa girò ancora più forte e quasi perse l'equilibrio. Scivolò a sedere con la schiena lungo la colonna e aspettò un po' che il dolore si affievolisse. Si ritrovò accucciata accanto al baule e al suo contenuto e la cosa che le saltò subito agli occhi fu un disegno, o meglio, l'angolo di un disegno che sporgeva dal baule rivoltato. Lo trasse a sé e rimase a bocca aperta.
Kaila sapeva che da giovane il padre era un bravo disegnatore, molti venivano alla sua fattoria per chiedere un ritratto, ma lei non lo aveva mai visto disegnare. Suo fratello le aveva raccontato che aveva smesso quando la loro madre era morta e aveva bruciato tutti i dipinti che aveva realizzato. Quello si era salvato, ed era anche evidente il perché, era un disegno meraviglioso, che ritraeva sua madre seduta su una sedia a dondolo intenta a cullare un neonato. Il neonato aveva un vestitino con una 'K' ricamata sopra. Era la sua iniziale. Quel neonato doveva essere lei, e la madre, oh com'era bella, e quanto era radioso il suo sorriso. Quello doveva essere il baule in cui il padre aveva nascosto tutti i ricordi che aveva della defunta moglie.
Per un attimo Kaila pensò di aver profanato una sacra reliquia, ma poi la curiosità ebbe la meglio e, ancora dolorante, si avvicinò al baule e cominciò a studiarne il contenuto.
Oltre a qualche disegno aveva trovato un paio di vesti, una delle quali doveva essere quella che sua madre aveva indossato il giorno del matrimonio. Trovò l'anello con cui suo padre l'aveva sposata. Trovò anche alcuni sacchetti contenenti petali ormai secchi di fiori che Kaila non riuscì ad identificare. Mentre riponeva tutto nel baule con meticolosità quasi reverenziale, vide un piccolo luccichio proveniente da una tavola del pavimento. Qualcosa uscito dal baule si era conficcato nel legno, Kaila lo raccolse e vide che era una chiave d'argento, piccolissima, impensabile che potesse aprire qualcosa, per di più non c'era niente nel baule che richiedesse di essere aperto con una chiave. Decise di tenersela, prese la catenina che portava al collo, se la tolse e vi infilò la chiave. Finché non avesse scoperto cosa poteva aprire, quella chiave sarebbe stata il suo ciondolo, il suo ricordo di una madre che purtroppo non aveva avuto modo di conoscere.

I giorni passarono e Ivan e Felz fecero ritorno a casa con un carico abbondante, nei giorni successivi avrebbero iniziato a preparare i barili di birra per la fermentazione, quindi sarebbero stati indaffarati, e comunque la taverna andava riaperta, quindi a Kaila spettò il compito di stare dietro al bancone. In lei si fece forte la voglia di chiedere informazioni al padre a proposito della madre e di quella piccola chiave, ma per qualche motivo rimandava sempre. Aveva paura, di cosa non lo sapeva, ma ogni volta che provava ad avvicinare il padre si bloccava.
Decise di rivolgersi al fratello, dopotutto lei era ancora piccola quando la madre morì, ma il fratello aveva compiuto sei anni, doveva pur ricordarsi qualcosa. Così si fece coraggio e andò nella stanza di Felz. "Tu ti ricordi di quando è morta la mamma?" la domanda a bruciapelo aveva spiazzato il ragazzo che impiegò qualche istante a riprendersi "Perché me lo chiedi?" cercò di evadere la richiesta. "Beh, in soffitta ho trovato un baule con dentro le cose della mamma, c'erano anche dei disegni di papà, e poi c'era questa" Kaila tirò fuori dalla veste il ciondolo-chiave e lo mostrò al fratello che assunse un aria quasi seccata. "Senti Kai, quella chiave dovrebbe sparire, non la dovrebbe trovare nessuno, buttala nel fiume appena puoi". La ragazza fissò quell'innocuo pezzo di metallo senza capire come potesse essere così pericolosa. Il fratello, cogliendo il dubbio negli occhi di Kaila cercò di spiegare. "Vedi, la mamma non era di queste terre, veniva da Andalia, la città nel cielo, la città perduta. Quello che so è che quelli della sua Stirpe erano perseguitati perché avevano degli strani poteri, è per questo che la mamma è stata ammazzata". Ammazzata. Kaila sapeva che la madre era morta di febbre nera, e invece era stata ammazzata. Crollò a sedere sul letto alla notizia, con lo sguardo perso nel vuoto. "Non te l'abbiamo mai detto perché non volevamo che vivessi nella rabbia e nell'odio come noi". Kaila rimase a sedere ancora qualche istante a giocare nervosamente con la piccola chiave tra le mani. "A cosa serve la chiave?" chiese ancora "Non lo so, dico sul serio, ma se è della mamma avrà qualche potere magico, guarda come luccica, qui non ci sono luci forti che possano giustificare quella strana luminosità". Questo Kaila non l'aveva ancora notato, ma in effetti era vero. L'aveva sempre guardata di giorno, e comunque l'aveva sempre tenuta sotto le vesti al riparo da sguardi indiscreti, eppure adesso che l'aveva in mano non riusciva a spiegarsi come aveva fatto a non notare quella luce fioca e argentea che la chiave emanava.
Si congedò dal fratello con un sorriso forzato e se ne tornò nella sua stanza, al buio, a fissare la chiave che rischiarava debolmente il palmo della sua mano. Neanche si accorse delle lacrime che avevano cominciato a scendere sulle sue guance, prima piano, poi sempre più copiose e accompagnate da qualche singhiozzo. Pianse per ore, poi, sfinita, si addormentò. Sognò una luce immensa e poi un sorriso, un sorriso senza volto, come se fosse libero dai vincoli corporei ma legato direttamente ad un'anima. Un'anima gentile di uno sfavillante colore dorato. Un'anima che l'avrebbe aiutata, a fare cosa, ancora non lo sapeva, ma la fece sentire bene.

Per alcuni giorni Kaila evitò di incrociare lo sguardo del fratello che, dal canto suo, aveva deciso di lasciarle il tempo di metabolizzare le sue parole. Una sera, mentre infuriava la tempesta, lei rimase da sola nella birreria con il padre. Con quel freddo maledetto e la mole d'acqua che veniva giù, nessuno avrebbe rinunciato al calduccio del proprio focolare. Non per quella sera almeno, neanche per assaggiare la birra di Ivan, rinomata in tutto il paese. L'occasione era perfetta, il padre era piuttosto allegrotto, anche grazie a qualche pinta di birra di troppo. Era il coraggio l'unica cosa che mancava all'appello, quello di Kaila ovviamente, perché di quello di Ivan non si poteva dubitare, soprattutto dopo che lo aveva spinto ad aprire la taverna anche con quel tempo del cavolo.
Kaila fece un respiro profondo e iniziò a parlare, tutto d'un fiato, così da evitare di perdersi nel discorso e di iniziare a pentirsi di aver aperto bocca. "Ecco, ho trovato questa chiave... stava nel baule della mamma... non volevo, è che mi è caduto in testa... e ho trovato la chiave... so com'è morta la mamma, me l'ha detto Felz... mi ha detto di buttarla... ma io non ce l'ho fatta... non ti arrabbiare... volevo sapere... ecco... insomma, la chiave aprirà qualcosa, certo, è una chiave... ma non ho trovato niente e... non volevo frugare, è che mi è caduto in testa e... e si è aperto... ma poi l'ho rimesso a posto... però ho tenuto la chiave..." La voce della ragazza si spense con le lacrime che le riempivano gli occhi, lo sguardo basso per non incontrare quello del padre. All'improvviso due possenti mani le si appoggiarono sulle spalle, ma con delicatezza. Sussultò un attimo, poi alzò gli occhi a cercare quelli del padre. Le stava sorridendo, ma era un sorriso triste. C'era tristezza nei suoi occhi, però non era arrabbiato. Era quello sguardo, di quello aveva paura, era quello che le impediva di parlare. Non era la rabbia che temeva, ma la tristezza. Quella tristezza che inevitabilmente arriva quando si riporta a galla un dolore forte.
"Quella chiave apre il diario di tua madre. Vedi, gli Edori, la Stirpe da cui discendeva tua madre, avevano il potere della preveggenza, e questo spaventava molta gente, gente stupida, così tua madre si teneva per se le sue profezie. O meglio, le scriveva su un diario, era un piccolo quaderno con poche pagine, ci appuntava solo quelle che riteneva più importanti. No, so cosa stai per chiedere, io non le ho mai lette e no, non ho il diario con me. Quello le fu confiscato, prima che me la impiccassero come eretica. Se lo sono tenuti nel loro archivio nella speranza di riuscire ad aprirlo. Idioti. Quella chiave è magica, come lo è il diario, senza quella chiave non si potrà mai aprire, quindi finché quella chiave sarà al sicuro, nessuno potrà leggere quelle profezie."
Kaila si sedé su una panca e così fece il padre, così che lei potesse appoggiarle la testa sulla spalla. "Dov'è successo?" "Qui ad Elengar, sono passati ormai tredici anni" Kaila continuò a fissare la chiave che teneva in mano, quel bagliore adesso la turbava. Fece per restituirla al padre, ma Ivan prese la mano della ragazza e la chiuse intorno alla chiave "Questa chiave ti appartiene, tua madre voleva che l'avessi tu". "Come fai a saperlo?" chiese lei perplessa "Quel diario lei ce l'aveva da prima che la conoscessi, eppure, guardala bene, intendo la chiave, avvicinatela". Kaila fissò quella chiave da pochi pollici di distanza e, per la seconda volta, rimase stupida, un altro dettaglio così evidente le era sfuggito: il passachiavi, il foro che permette ad una chiave di essere inserita in un portachiavi, era forgiato a forma di 'K', ancora una volta la sua iniziale. Kaila sorrise. Guardò il padre e sorrise di nuovo, di gusto. Era felice. Sua madre le aveva lasciato un dono. "Dai su, andiamocene a casa che tanto stasera non si batte cassa".
Quella notte Kaila non pianse come si sarebbe aspettata, non odiò neanche, come invece si aspettava il fratello. No, quella sera Kaila iniziò la sua metamorfosi che l'avrebbe fatta diventare una ladra. Quel diario era suo e aveva il diritto di riprenderselo. Lo avrebbe fatto ad ogni costo. Fuori la bufera si era calmata e dalle nuvole fece capolino la Luna. Un piccolo raggio di quella luce argentea passò dalla finestra di Kaila fino ad arrivare alla chiave che iniziò ad irradiare tutta la stanza con quella stessa luce. Avrebbe ripreso quel diario, a costo di diventare una ladra. Era il suo destino. Era quello che avrebbe voluto sua madre. Questo fu il suo ultimo pensiero, poi venne il sonno. Un sonno agitato e pieno di luce, e c'era di nuovo l'anima gentile che l'avrebbe aiutata. Era forse una profezia? Aveva anche lei i poteri della madre? Forse rubare il diario sarebbe stato più facile del previsto. No, quello l'avrebbe fatto da sola. L'anima gentile sarebbe arrivata dopo. Poi di nuovo quella luce immensa, potente, magica e tutto divenne confuso, come se si fosse alzata una fitta nebbiolina dorata. Kaila alzò lo sguardo e la vide, immensa, nel cielo. Era Andalia. La terra degli Edori. La terra della sua Stirpe. E lei l'avrebbe ritrovata.


3 commenti:

  1. Questo capitolo mi è piaciuto, però rispetto ai precedenti forse c'è una nota un po' stonata... un massiccio uso di virgole a scapito del resto della punteggiatura.
    Come sempre, aspetto il seguito della storia! <3

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  2. Grazie per il suggerimento, effettivamente non l'avevo riletto.
    Adesso gli ho dato una sistemata

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  3. Che beeeeeellooooo! Mi è piaciuto un sacco! mi piace anche il fatto che, anzichè parlare solo di un protagonista, si mescolano le storie di più personaggi. E poi, Kaila...... un nome bellissimo, come il personaggio stesso!!!!!!!
    Nadia =)

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