Nell'istituto superiore McFrancis fervevano i preparativi per l'imminente festa di Halloween. I ragazzi più popolari della scuola avevano costituito un Comitato di Organizzazione la cui missione era di evitare accuratamente ogni tipo di sforzo. Avrebbero elargito ordini e delegato compiti a tutti coloro che non facevano parte del comitato stesso. C'era chi si occupava di procurare le luci. Chi doveva organizzare il catering. Chi doveva scegliere le canzoni per il ballo. Chi doveva recuperare i fondi necessari per rendere tutto questo possibile.
Tra i più emarginati furono selezionati i ragazzi che avrebbero dovuto vestire i panni dei camerieri. Era un grande dono che il Comitato faceva a questi poveri compagni che in alternativa non avrebbero avuto l'onore di partecipare alla festa. Alcuni addirittura si offrirono volontari. Altri si dovettero accontentare di avere l'onore e l'onere di ripulire la palestra e di mantenerla pulita durante lo svolgersi della festa.
La palestra risplendeva come non mai durante il periodo delle celebrazioni. Pertanto il Preside non esitava mai a concederla ai suoi studenti per qualsiasi tipo di ricorrenza. Così si festeggiava la festa di Natale e quella di Capodanno. Si celebrava l'inizio di ogni stagione. La fine della scuola. L'inizio della scuola. L'inizio del nuovo semestre. Il compleanno e la scomparsa di John McFrancis, da cui la scuola prendeva il nome. Poi c'era la festa dei Papaveri, quella delle Primule, quella dei Castagni e quella dei Fagioli Borlotti. Melt Parson, Preside dell'Istituto superiore McFrancis, aveva trovato il modo di non spendere il becco di un quattrino per pagare le pulizie della Palestra.
Tutto procedeva come una macchina i cui ingranaggi sono ben oliati. Ognuno svolgeva il suo compito diligentemente. Ognuno si guardava bene dal creare il benché minimo problema. Ognuno voleva la sua fetta di gloria. Come ogni anno la festa sembrava organizzarsi da sola. Una invisibile catena di montaggio si occupava di assemblare ogni pezzo del puzzle. Tutto sarebbe stato pronto in tempo per la fine di ottobre.
Lara, come in occasione di ogni celebrazione, faceva di tutto per rendersi invisibile. Non che dovesse fare un grande sforzo. La cosa le riusciva abbastanza naturale. Persino la cuoca della mensa era più popolare di lei. La cosa le andava a genio e pertanto non aveva mai fatto nulla per migliorare la sua situazione.
Migliorare non è un termine corretto. Per migliorare qualcosa si deve assumere che la condizione attuale non sia buona. Lara adorava essere se stessa. Era orgogliosa del suo genio. Adorava i suoi vestiti così pratici. Era fiera dei suoi occhiali da intellettuale. Beh, forse quelli prima o poi li avrebbe cambiati. Le dava fastidio il modo con cui puntualmente le scendevano sul naso. Però sentiva che quel gesto semplice con cui se li sistemava prima di parlare, prima di attaccare, le dava una certa autorità. La inebriava quel senso di superiorità quando guardava tutti dall'alto verso il basso. Loro, poveri ignoranti. Loro, piccoli e infantili. Loro, il cui unico pensiero era festeggiare e divertirsi. Lei era superiore a tutto questo. Lei era il genio, quella intelligente. Lei avrebbe cambiato il mondo. Loro no!
Questa sua superiorità aveva un prezzo. La gente ignorante ride delle cose che non capisce. E di gente ignorante al McFrancis ce n'era tanta. E lei era veramente molto incompresa, perché i suoi compagni di scuola non si limitavano a schernirla. Più di una volta aveva trovato salamandre vive e rane morte - per gentile concessione del laboratorio di biologia - rinchiuse nel suo armadietto o nella sua borsa. Più di una volta, andando in bagno, aveva dovuto forzarne la serratura per riuscire ad uscire. Più di una volta il pranzo di qualche studente sbadato era andato a ravvivare la sua folta chioma castana. Più di una volta i suoi splendidi occhi verdi avevano dovuto osservare da vicino la ghiaia del parcheggio per via di qualche maldestra ragazza che aveva casualmente inciampato su di lei.
Lara aveva imparato ad ignorare questi comportamenti puerili perché sapeva che un giorno tutta quella gente si sarebbe dovuta inginocchiare ai suoi piedi. Quelli che oggi la buttavano a terra, domani le avrebbero portato le borse. Quelli che oggi le lanciavano il cibo addosso, domani sarebbero diventati i suoi camerieri personali. Doveva soltanto far fruttare la sua intelligenza superiore. Doveva dimostrare di essere la migliore. Doveva vincere ogni battaglia, ogni sfida che le si parava davanti.
La gara di scienze. Quello era il suo primo obiettivo.
A partire dall'inizio dell'anno scolastico, ogni settimana uno studente presentava un progetto di scienze. Il progetto veniva discusso in classe e valutato dal Professor Stevens.
Il Professor Stevens. L'unico barlume di luce in un mondo di oscurità. L'unica persona degna di guardarla da pari. L'unico essere intelligente in un istituto di decerebrati. L'unico da cui Lara accettasse critiche. L'unico che valorizzasse le sue capacità e il suo ingegno.
Passata la festa di Halloween sarebbe stata organizzata la festa della Scienza, in cui i progetti migliori tra tutte le classi sarebbero stati esposti ed una giuria imparziale e incapace avrebbe selezionato il lavoro migliore. Incapaci. Chi altro potrebbe aver scelto il lavoro di Elliot Summer durante la gara del primo anno. Uno strano ammasso di ingranaggi che... preparavano la colazione. Tè, spremuta, bacon e uova strapazzate. Cosa ci può essere di più stupido. E come poteva essere una cosa del genere migliore del suo progetto di depurazione dell'acqua sfruttando il metabolismo di batteri organici unicellulari.
"La gente vuole qualcosa che può capire, che può vedere, che può toccare. La giuria quasi mai premia il migliore. A volte il più ingegnoso, a volte il più divertente, a volte il più commovente. Mai il migliore in assoluto". Queste erano state le parole del Professor Stevens che la avevano aiutata a sopportare l'umiliazione. Che la avevano rasserenata. Che le avevano dato la forza di ricominciare da capo. Lei era la migliore. L'aveva detto il Professore. Doveva solo dimostrarlo a tutti. In special modo a quel sempliciotto di Elliot. Lo aveva già stroncato davanti a tutta l'aula per via della sua lacunosa esposizione. Ora era il suo turno e avrebbe preparato un progetto che difficilmente sarebbe stato dimenticato.
Da settimane Lara lavorava alla sua presentazione. Avrebbe mostrato a tutti un innovativo sistema anti-incendio basato su delle bolle di vuoto circoscritte all'area dove il fuoco divampava. Si era procurata un barattolo di cubetti di Sodio dal laboratorio di chimica e li avrebbe usati per generare delle piccole esplosioni che, spazzando via l'aria, avrebbero spento le fiamme. Era così orgogliosa del suo lavoro. Aveva costruito qualcosa di utile, che salvava la vita. Inoltre faceva scena, c'erano i piccoli scoppiettii del sodio lasciato all'aria che più volte avevano fatto sorridere sua madre. Quanto desiderava vedere quel sorriso sulle labbra del Professor Stevens.
A breve sarebbe iniziata l'ora di Scienze. Oggi toccava a lei. Doveva essere tutto perfetto. Si nascose in Palestra, sopra le gradinate, per fare le ultime prove. Per assicurarsi che tutto andasse bene.
Poggiò il suo modello sul gradino di legno. Posizionò i batuffoli di cotone imbevuti di alcool per simulare l'incendio. Accese un fiammifero e incendiò i batuffoli. Quando le fiamme furono opportunamente brillanti prese il grosso barattolo che conteneva il Sodio. O almeno ci provò. Nella sua borsa non c'era. Eppure doveva essere lì. Nella borsa che aveva appoggiato dietro di se. Nella borsa che non ricordava di aver lasciato aperta. E cos'era quel rimbombo? Quel rumore che la infastidiva. Come una palla che rimbalzava. Come un enorme barattolo pieno di Sodio che cade di gradino in gradino senza rompersi. Il vetro doveva essere bello spesso.
Lara sbiancò. Si alzò di scatto per rincorrere il barattolo, ma questo non fece altro che accelerarne l'avanzata. Gradino dopo gradino. Rimbalzo dopo rimbalzo.
Inciampò e finì in terra giusto in tempo per sentire il rumore del vetro che si infrangeva. Vide mille frammenti color ambra volare da tutte le parti. L'odore di cherosene saturò l'aria. Il liquido in cui il Sodio era conservato scivolò lentamente verso la canalina di scolo al centro della palestra portando con sé il prezioso metallo. Alcuni piccoli frammenti di Sodio le finirono sul maglione che iniziò a lanciare scintille. Sapeva cosa stava per accadere, ma il ginocchio le faceva troppo male per alzarsi e scappare.
Un tuono riempì la scuola. Il rumore di un esplosione che veniva dalla Palestra. Tutti accorsero per vedere cosa era successo.
Come sul luogo di un omicidio c'era chi piangeva e chi era arrabbiato. Quasi nessuno aveva notato Lara. l'enorme buco che si era creato al centro di quello che un tempo era un campo da Basket aveva catturato l'attenzione di tutti. La disperazione dipinta sul volto. Dove avrebbero organizzato la festa di Halloween?
Il Preside Parson rimase sconvolto da quello che era accaduto alla sua povera Palestra. Convocò i genitori di Lara per informarli di ciò che aveva combinato la loro adorata figlia. No, non si dovevano preoccupare per la sua salute. Si, era in infermeria. No, non era grave. Avrebbe dovuto scontare due settimane di punizione, ma stava bene. I genitori avrebbero dovuto ripagare il danno visto che l'assicurazione non lo copriva. Non che ci fosse un'assicurazione sulla Palestra, ma faceva scena dirlo. Infine, la cosa più tremenda. Sarebbe stato compito della ragazza trovare un nuovo luogo che potesse ospitare la festa.
Lara non familiarizzava molto con lo spirito di Halloween, ma da quel poco che sapeva doveva essere una feste lugubre, spettrale. Quale posto migliore della Palestra bruciacchiata con quel bel cratere al centro? No, la palestra non si toccava. Così diceva il Preside. Un uomo distrutto. Come se avesse appena perso un figlio. Forse a quella Palestra aveva anche dato un nome. E quando si da un nome ad una cosa, inevitabilmente ci si affeziona. Un vero idiota.
La punizione fu tremenda. Dover stare due ore chiusi in un aula a non fare nulla era già di per sé una tortura. Ma il fatto che il suo carceriere fosse proprio il Professor Stevens era intollerabile. Lui cercava di parlare di diversi argomenti. Voleva instaurare un dialogo. Ma Lara aveva notato quell'ombra di disapprovazione nei suoi occhi quando le si rivolgeva. Era come un pugnale piantato nel petto. Arroventato al punto giusto per andare più in profondità.
Ogni giorno il Professore le proponeva un luogo dove cercare di organizzare la festa. Lei faceva finta di interessarsi e puntualmente lasciava morire il discorso nel silenzio. La sua angoscia era palpabile e non capiva il perché di quell'inutile tortura.
Prima o poi avrebbe dovuto affrontare il problema della festa. Lei un posto l'avrebbe dovuto trovare, ma non le veniva in mente niente. Il solo pensarci la deprimeva. Non riusciva a ricordare neanche uno dei posti che il suo carceriere le aveva proposto o suggerito.
Il clamore per il disastro in Palestra andò stemperandosi il lunedì successivo. La notizia di una rissa esplosa nei corridoi del secondo piano aveva riempito la bocca dei pettegoli. Il bullo della scuola, un certo Mallory, era stato messo al tappeto. Tutti erano scioccati. Li aveva fermati il Professor Stevens. Questa era l'unica cosa che aveva attirato l'attenzione di Lara. Forse quel pomeriggio avrebbe avuto qualcosa di cui parlare e magari avrebbe detto addio all'angosciato mutismo dei giorni passati. Quando entrò nell'aula però rimase frustrata dalla sorpresa.
Due ragazzi si erano picchiati. Un professore li aveva beccati. Era naturale che finissero in punizione. Se lo sarebbe dovuto aspettare. Ciò nonostante la delusione fu grande quando capì di aver perso quel piccolo momento di intimità con il suo Professore. Aveva sprecato tempo ad angosciarsi e ora non sarebbero più stati soli. Avrebbe dovuto condividere quell'aula con quei due ragazzi. Forse per un solo giorno. Più probabilmente per una settimana.
Si erano seduti ai due capi opposti dell'aula, uno fissava il muro, l'altro fuori dalla finestra. Il primo, quello vicino al muro, aveva i capelli biondo cenere, lisci, lunghi fino alle spalle. Gli occhi castani e il naso a patata. Doveva essere molto alto a giudicare dalla misura dei piedi e dalla lunghezza delle gambe che sporgevano da sotto il banco. Aveva le spalle larghe, tipico dei giocatori di Basket. Doveva essere quel Mallory di cui parlavano tutti. Il bulletto della scuola. Lei non aveva mai avuto il piacere di conoscerlo. Si teneva una mano sulla guancia visibilmente gonfia. Qualcuno l'aveva veramente preso a pugni.
L'altro le dava le spalle, ma Lara lo avrebbe riconosciuto tra mille. Quei capelli neri, lisci, corti e con la riga in mezzo da perdente. Intravvedeva le stanghe nere della montatura di quegli occhiali così spessi che aveva imparato ad odiare. Quegli occhiali che nascondevano un paio di occhi verdi come i suoi, ma che non avevano quella stessa luce di genialità che invece era propria del suo sguardo. Era l'Idiota. Era Elliot. Quello che più di una volta l'aveva messa in ridicolo. Aveva steso il bullo della scuola. Ne sarebbe uscito come un eroe e lei sarebbe sembrata sempre più inferiore agli occhi degli altri. Al suo ingresso si girò a malapena a guardarla. Alzò gli occhi al cielo con un gesto di stizza e si rimise a fissare la finestra.
"Benvenuta Lara. Hai pensato a dove vuoi organizzare la festa di Halloween?" Le chiese il Professore mentre lei si accomodava al suo posto. Lei si limitò ad abbassare lo sguardo scuotendo la testa leggermente. "E da quando in qua gli sfigati organizzano le feste?". Mallory si era confermato per quello che sembrava. Un altro idiota. Non con la I maiuscola come Elliot, ma pur sempre un idiota. "Da quando gli sfigati fanno esplodere le palestre!" sottolineò Elliot. Odio. Odio. Odio. Persino Mallory aveva riso a quella battuta. Ma quei due non si erano picchiati? Dovrebbero odiarsi. "Smettetela voi due. Quando siete in punizione potete parlare solo se interrogati" li interruppe il Professore e poi, rivolgendosi a lei, "Hai pensato a Casa Madison? E' una vecchia villa in cima alla collina ad est di Plumdale. Ci sono strane legende che circolano su quel posto. Dovrebbe essere perfetta per una festa di Halloween."
"E' una casa privata, non possiamo entrare" rispose timidamente Lara.
"E' disabitata da molto a causa di alcuni fatti avvenuti in passato" la tranquillizzò il Professore.
"Puoi dirlo forte Prof. Lì c'hanno ammazzato la gente. Nessuno ci vuole andare. E poi ci sono i fantasmi. Lo sanno tutti. Nessuno ha il coraggio di andarci. Nessuno vorrà fare la festa lì" Rincarò Mallory.
"Sono tutte superstizioni. Possiamo andare a fare un sopralluogo così potremo sfatare il mito e la festa si potrà fare. Inoltre la legenda renderà speciale la festa e Lara ne uscirà un po' risollevata. Magari anche perdonata." Le ultime parole furono sottolineate dal Professore che la fissò con quel suo sguardo penetrante.
Lara si fece coraggio e si rivolse direttamente a Mallory. Così da poter evitare lo sguardo dell'uomo "Cos'è, hai paura? Peccato che non abbiamo le chiavi, altrimenti mi sarebbe piaciuto vederti scappare gridando come una femminuccia". Il suo cinismo era tornato in piena forma. Il piacere di vedere la rabbia montare negli occhi dell'altro fu inebriante. Decise di rincarare la dose "D'altra parte ti sei fatto mettere al tappeto da quello sfigato!"
"Questo è troppo!" sbottò Mallory "Io non ho paura di niente. Ci sarà un modo di entrare senza chiavi. Andiamo e ti faccio vedere con chi stai parlando!"
Il Professor Stevens, visibilmente divertito dalla scenetta, cercò di calmare gli animi "Ok, adesso state calmi. Cercherò di contattare l'agenzia che l'ha messa in vendita e organizzeremo una visita"
"Io ho le chiavi!" Elliot si ridestò dal suo torpore e si intromise nella discussione. "Mia madre ha l'incarico di vendere quella casa. Ci possiamo andare anche stasera."
Allora non è poi così inutile l'Idiota. "Non so, così mi sembra un po' affrettato. Dovrei discuterne coi vostri genitori e chiedere il permesso al Preside" cercò di stemperare il Professore. "Andiamo Prof! Che gusto c'è se non lo facciamo di nascosto" Gli rispose Mallory sghignazzando. "Assolutamente no! Non posso prendermi questa responsabilità! Andrò a parlare con il preside e organizzerò una visita per la prossima settimana" concluse il Professore.
Alla fine delle due ore di punizione Elliot e Mallory si avviarono alla porta. Lara li seguì a breve distanza. Mallory agguantò Elliot sotto il braccio e lo tirò dentro un'altra aula. "Io e te. Stasera. Porta le chiavi o domani ti faccio nero"
"Perché ci tieni tanto?" gli fece Elliot "Perché per colpa tua ho perso il rispetto della gente. Mi ci vuole qualcosa di grosso per recuperarlo"
"Se ci beccano ci ammazzano" obiettò l'Idiota "Allora cercheremo di non farci beccare".
Elliot sembrava ancora titubante "Scegli: o questo, o ti massacro di botte da qui fino al diploma" Questo sembrò convincerlo.
Quei due sarebbero andati e si sarebbero fatti beccare. Il Preside le avrebbe impedito di organizzare lì la festa e la sua unica occasione di redenzione sarebbe sfumata. Doveva andare con loro per tenerli d'occhio. "Non vi dispiace se mi aggiungo a voi, vero?" esordì Lara entrando nell'aula. "In realtà ci dispiacerebbe molto" fece Elliot "Non credo abbiate scelta, a meno che non vogliate che io vada a dirlo al Preside" replicò Lara.
Calò un attimo di silenzio in cui Mallory valutò se fosse il caso di picchiare una ragazza. Lara lo percepiva. Istintivamente trattenne il fiato un po' spaventata. Fissava con ansia il pugno serrato di Mallory. Il pugno si rilassò. Mallory sbuffò. Non l'avrebbe picchiata. Sarebbero andati tutti insieme a Casale Spavento.
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Ma è bellissimo!!! Complimenti!!!!!!!!!!!!!
RispondiEliminaE finalmente li posso vedere tutti e tre XD
In realtà mi sono immaginata anche il prof, speriamo la descrizione, se mai ci sarà, collimi XD
D'accordo con Elisa!!!
RispondiEliminaIn realtà mi sono immaginata Elliot in modo completamente diverso......
Comunque...... FAN-TA-STI-CO!!!!!
Nadia =)