martedì 2 novembre 2010

Casa Summer

La giornata volgeva al termine e gli ultimi raggi di sole tingevano di arancione le strade private del quartiere residenziale di Cherrydale. La quiete quasi assoluta veniva di tanto in tanto interrotta da una macchina che riportava il legittimo proprietario alla sua legittima dimora per la sua legittima cena. Anche in questo caso comunque tutti cercavano di mantenere una sorta di ossequioso silenzio muovendosi il più lentamente possibile per non disturbare quella sacra calma di cui solo a quell'ora si poteva godere. Persino gli uccelli se ne stavano guardinghi sui rami dei ciliegi che costeggiano le strade limitando al minimo l'istinto di cantare per non infrangere l'idillio creato da quel silenzio quasi innaturale.
Passando di lì per caso non si sarebbe potuto evitare di percepire quel brivido di inquietitudine che partendo dalla base della schiena va a scavarsi un posticino comodo all'altezza del collo. Quella sensazione che avverte i sensi che c'è qualcosa di strano e che è il caso di stare all'erta per evitare ogni pericolo. Per gli abitanti del quartiere residenziale di Cherrydale quella era la consuetudine, oltre ai giardinetti tagliati all'inglese, oltre agli alberi di ciliegio che in primavera tingevano le strade di rosa, oltre alle casette tutte uguali, tutte perfette e pulite, c'era quel brivido, e c'era solo a quell'ora, nell'esatto momento in cui il sole si congeda dal cielo per godersi una nottata di meritato riposo. E come ci si abitua al rosa degli alberi e al rosso ciliegia con cui erano verniciate tutte le case, gli abitanti del quartiere residenziale di Cherrydale si erano abituati anche a quel brivido, avevano imparato a rispettarlo e ad amarlo, avevano imparato anche a sentirne la mancanza quando per qualche motivo questo veniva a mancare. Sapevano quanto fosse prezioso quel brivido perché sapevano quanto fosse prezioso il silenzio che lo scaturiva. Il silenzio. Il rumore della notte. O almeno così si dice in giro, perché nel quartiere residenziale di Cherrydale, quando si parla del rumore della notte, non si fa riferimento ad un modo di dire, ma ad un rumore reale, ossessionante, costante e snervante. Il rumore di una sirena anti-incendio che puntualmente, almeno due o tre volte a settimana, quando dice bene, si leva dal numero 15 di Cherrylane e si propaga in ogni direzione per almeno un paio di chilometri svegliando chiunque abbia l'ardire di assopirsi in un orario che va in genere dalle due alle quattro del mattino. E così inizia la processione dei vicini seccati, la distribuzione delle scuse da parte dei proprietari della casa incriminata ed infine, come dopo aver fatto la fila all'ufficio postale per ore solo per spedire un pacco, tutti se ne tornano nelle rispettive dimore un po' sfiancati ma con l'animo rasserenato.
Con il passare del tempo, per gli abitanti del quartiere residenziale di Cherrydale, il rumore della notte è diventato tanto irrinunciabile quanto il brivido di fine giornata, come una sorta di terapia di gruppo, una valvola di sfogo, perché nella foga di far valere le proprie ragioni con quelli del numero 15 di Cherrylane, vengono a galla tutte le frustrazioni e lo stress della giornata, quello che si accumula nelle ossa prima che nella mente, quello che rimane lì a farti girare nel letto insonne e agitato, così, quando la calma ritorna e le scuse sono state distribuite, tutti se ne tornano nei propri letti più tranquilli e con meno bile in corpo. Allora, e solo allora, gli abitanti del quartiere residenziale di Cherrydale si addormentano.

Quella sera la quiete fu interrotta prima del solito, iniziarono ad alzarsi in volo stormi di pettirossi e passerotti partendo dall'inizio di Cherrylane e avanzando verso il giardino pubblico situato al centro del quartiere. La marea scura che si levava in cielo era come inseguita dal tintinnio di un campanello da bicicletta. Elliot era in ritardo per la cena, e la madre era categorica sugli orari, specie su quello della cena, l'unico momento in cui riusciva a radunare tutta la sua famiglia in un unico posto, nella fattispecie intorno ad un tavolo imbandito. Aggiustare la ruota squarciata della bicicletta si era rivelato più arduo del previsto, lui e Peter avevano passato il pomeriggio a cercare una camera d'aria buona tra le biciclette rotte abbandonate al vecchio sfasciacarrozze, ma non ne avevano trovata una della misura giusta. Alla fine avevano risolto incollando i lembi strappati di quella vecchia e applicando una toppa sul copertone per cercare di contenere i danni. La soluzione aveva funzionato, ma Peter si era comunque raccomandato di non correre troppo e aveva aggiunto che l'indomani era meglio andarne a comprare una nuova. Elliot mantenne un'andatura cauta per i primi metri, fin quando non gli cadde l'occhio sull'orologio e si rese conto di quanto fosse tardi. Rinunciando ad ogni forma di prudenza iniziò a pestare sui pedali con quanta forza aveva in corpo, scandendo ogni pedalata con un colpo di campanello, un po' per tenere il ritmo, un po' nella speranza che chiunque si trovasse lungo il suo cammino si sarebbe tolto dai piedi per tempo. Tirò i freni solo quando si trovò a pochi metri da casa sua. Per riuscire a fermarsi in tempo lasciò buona parte dei copertoni e del rattoppo improvvisato sull'asfalto di Cherrylane, così che quando fu finalmente fermo sentì chiaro il sibilo dell'aria che fuoriusciva nuovamente dalla camera d'aria bucata. Poco male, poteva dire di aver bucato in quel momento a causa del brecciolino sulla strada, così il padre gliel'avrebbe riparata senza troppi problemi.
Elliot si fermò un attimo a prendere fiato di fronte alla sua abitazione. Tra le tende color giallo canarino che davano sul soggiorno vide la madre intenta ad apparecchiare la tavola, tra qualche istante avrebbe sentito la sua voce chiamarli a raccolta uno per uno. Avrebbe iniziato da Edward, il membro più piccolo della famiglia, che faceva sempre tante storie quando era ora di andare a tavola, e pertanto aveva bisogno di più tempo per convincersi a scendere. Il compito di Elliot in quel frangente sarebbe stato quello di convincere il fratellino a separarsi dai suoi giochi infantili per seguirlo a tavola. Infine sarebbe stata la volta di Harry, suo padre, che appena sentiva il richiamo della cena correva a chiedere se c'era bisogno di aiuto, peccato che nel tempo che passava dal momento della prima chiamata al momento effettivo in cui finalmente Harry sentisse arrivare la voce della moglie, Anna aveva fatto in tempo a finire di preparare la cena, aveva apparecchiato la tavola e, nei giorni in cui Harry si sentiva più produttivo, anche a preparare un dolce, quindi puntualmente no, non c'era bisogno del suo aiuto.

Harry era un brav'uomo, un ottimo lavoratore e un bravo padre, Anna non avrebbe desiderato di meglio nella sua vita. Il problema è che ad Harry il suo lavoro proprio non piaceva. Fare il ragioniere per una società di contabili non era esattamente l'aspirazione della sua vita. Fin da piccolo era ossessionato dalle sue idee, come se nel suo cervello fossero stipati i progetti di un numero infinito di invenzioni che aspettavano solo di essere trasformate in realtà. Era un suo dovere morale assecondare quelle idee, ci si diventa matti a non dare ascolto alle proprie idee, così si organizzò per riuscire ad approfittare di ogni singolo ritaglio di tempo per poter adempiere alla sua missione divina: Fare l'inventore.
Dapprima aveva iniziato a trafficare con i suoi arnesi nella stanza degli ospiti, poi dopo la nascita di Edward si trasferì in garage, infine, quando lo spazio iniziò a stargli stretto, costruì una sorta di mansarda sopra il garage da adibire a laboratorio, ricoprì il tetto della casa di pannelli fotovoltaici per far fronte alle sue eccessivamente costose necessità di energia elettrica e pavimentò il giardino per potervi installare sotto un cassone per la raccolta delle acque piovane da usare in caso di incendio che da allora non fu più tanto un caso, bensì la norma. Che la si guardasse dall'alto o semplicemente passando lungo la strada, Casa Summer, al numero 15 di Cherrylane, era la nota stonata in una sinfonia di note tutte uguali, era il puntino nero all'interno di un tappeto rosso, era, per i vicini, quel prurito sulla pianta del piede che ti potresti tranquillamente grattare se non avessi indosso calzini e scarpe e, soprattutto, se non stessi guidando. Invece no, te ne resti lì, in mezzo al traffico, a maledire quello stramaledettissimo prurito perché sai benissimo che non c'è modo di eliminarlo.

La chiamata per la cena arrivò puntuale. Elliot abbandonò la bicicletta sul vialetto del garage e corse in casa, poi diritto su per le scale e infine nella camera di Edward. Il fratello era intento a simulare con un bambolotto una caduta da una rampa di scale, Elliot non perse tempo coi soliti convenevoli, si caricò di peso Edward in braccio e scese per le scale ignorando le proteste del suo passeggero. La cena si svolse in tranquillità, Harry chiese ancora scusa al figlio per avergli fatto fare tardi quella mattina e Elliot ne approfittò per chiedere al padre di riparargli la bicicletta. Un problema era risolto, doveva solo trovare il modo di eliminare dalla faccia della terra Lara e Mallory. Poi arrivò il purè, ed Edward odiava il purè, il che significava che buona parte della sua porzione sarebbe andata a confondersi coi muri della sala color giallo canarino. Eppure stranamente Anna restò calma, anzi, sorrise allegramente anche quando un po' di quel purè gli finì in mezzo ai capelli. "E' successo qualcosa di bello in ufficio?" chiese Harry stupito da tanta tranquillità. Anna era un'agente immobiliare, e in questo periodo non si vendevano tante case, perciò le commissioni erano poche, e di conseguenza anche il suo stipendio era piuttosto basso. Spesso, negli ultimi mesi, lei ed Harry si erano dovuti sedere a tavolino per buttare giù un piano di risparmi per far fronte al periodo di crisi. Harry aveva persino rinunciato a buona parte dei suoi esperimenti per venire incontro alle esigenze della moglie. Però adesso le cose stavano cambiando, almeno così diceva Anna sfoggiando il miglior sorriso che la sua faccia coperta di purè le permettesse. "Mi hanno affidato la vendita di Casa Madison, una splendida villetta in cima alla collina ad est di Plumdale!" disse, ed iniziò a descriverne i mille pregi e a parlare di quello che avrebbero potuto fare coi proventi della vendita quando Elliot fu colto da una folgorazione: "Ma non starai mica parlando di Casale Spavento?"
Il gelo calò sulla stanza, persino Edward smise di lanciare purè in giro. Il sorriso scomparve dalle labbra di Anna ed Harry sgranò gli occhi e cercò di zittire il figlio facendo cenno di 'no' con la testa avendo cura di non farsi vedere dalla moglie. "Quella è solo una superstizione" rispose Anna tranquilla cercando di recuperare un barlume di sorriso e tutti, Edward compreso, tirarono un sospiro di sollievo. Elliot però rincarò la dose "Sei morti sospette negli ultimi quattro anni non mi sembrano tanto una superstizione ..." fece lui servendosi dell'altro purè "... e molti miei compagni di classe hanno visto chiaramente delle luci strane comparire al suo interno nonostante tutti sappiano che è disabitata da anni." Edward lanciò un calcio sotto al tavolo all'indirizzo del fratello nella speranza di zittirlo, ma non ci riuscì. "C'è gente che dice di aver visto dei fantasmi in quella casa, sagome fatte di luce dorata aggirarsi per le stanze!" Questa volta il calcio arrivò in contemporanea sia da parte di Edward che da parte di Harry. Elliot, o almeno il suo ginocchio destro, dovette cedere e lasciar cadere il discorso.
"Questo è quello che passa il convento, siamo in periodo di crisi, e se vuoi continuare ad avere del cibo su questa tavola prega perché io riesca a vendere quella casa" fu la risposta stizzita di Anna. Finirono tutti di mangiare in silenzio.

Erano da poco passate le dieci quando qualcuno bussò alla porta della camera di Elliot. Era Anna che veniva a scusarsi con il figlio per aver alzato la voce, al ché Elliot si scusò per essere stato insensibile e il tutto degenerò in un profluvio di baci, coccole e tenerezze che Elliot non riuscì a scansare del tutto. Non erano passati dieci minuti da quando Anna aveva lasciato la stanza che qualcun'altro bussò alla sua porta, era il padre stavolta, che lo informava che la sua bicicletta era come nuova e si sedette accanto a lui sul letto dicendogli di come sua madre fosse stressata in questo periodo e che lui non doveva prendersela per la sua reazione. Elliot rispose tranquillamente che no, non se l'era presa e che aveva già avuto modo di chiarirsi con lei. Harry si rallegrò e se ne andò quasi senza salutare. Dopo altri dieci minuti bussarono di nuovo, era Edward, che una volta entrato si limitò a lanciare addosso al fratello del purè che aveva tenuto con cura da parte per l'occasione. Tra una litigata e l'altra passarono le undici prima che Elliot potesse rimanere da solo con se stesso. Era stata una dura giornata, eppure non riusciva a prendere sonno, c'era qualcosa che lo turbava ed insieme lo eccitava. Casale Spavento. Era il terrore di tutti i suoi compagni, anche il suo ad essere sinceri, tutti avevano paura di quella tranquilla villetta. E ora lui aveva le chiavi per entrarvi.
Si buttò sul letto ancora vestito, rimase qualche minuto a fissare il soffitto. Lo sguardo si perse tra le trame delle travi di legno che sorreggevano il tetto spiovente e tra le quali il padre, quando Elliot era poco più di un bambino, aveva montato delle lucine bianche che formavano le principali costellazioni del firmamento. Accese le lucine e iniziò a identificare i nomi delle varie costellazioni. C'era il Drago, l'Orsa, sia quella minore che quella maggiore, c'era il Cigno e il Toro. Si decise che era il momento di studiare, quindi spense le lucine e prese il libro di storia. Casale Spavento. Non vedeva l'ora di dirlo al suo amico Peter. Le immagini dei soldati si fecero confuse, le parole che le accompagnavano sbiadirono nel nulla.
Si addormentò che la guerra di secessione ancora non era scoppiata. Dormì profondamente e sognò. sognò quattordici ragazzini accanto a lui in cerchio che lo guardavano di traverso. Si tenevano per mano intorno ad una pietra cilindrica con delle strane iscrizioni sopra. Una strana litania gli riempiva le orecchie sino a fargli venire la nausea. Si trovavano in una specie di stanza a forma di cupola completamente bianca, con un arco che doveva indicare un'uscita, ma che era completamente murata. Per un attimo sentì il panico montargli dentro, e poi infine arrivò la luce, una luce abbagliante che riempì tutto. Elliot si sentì smarrito in quella luce che lentamente sfumava nell'oblio. Il buio, un buio spaventoso lo avvolse e come un uragano lo scaraventò via lontano. Si sentì sperduto e abbandonato, e mentre la sua coscienza si arrendeva a quel buio spegnendosi lentamente, sentì qualcosa. Qualcosa che non era una vera sensazione, ma più un barlume di sensazione. Era orgoglio. Era vittoria. Era la consapevolezza di avercela fatta. A fare cosa, Elliot lo ignorava, ma ce l'aveva fatta. Poi, puntuale, arrivò il rumore della notte, l'allarme anti-incendio che svegliò tutti. Si mise a sedere che ancora il cuore gli batteva all'impazzata. I dettagli di quello strano sogno sfumarono velocemente, ma la sensazione di angoscia rimase palpabile. Aspettò che la sirena si zittisse e poi si rimise a letto, ma non riuscì a dormire, decise di mettersi a studiare nella speranza di distrarre la mente, ma non ebbe molto successo. La storia proprio non gli piaceva.


5 commenti:

  1. Non vedo l'ora di divorare il prossimo capitolo!
    Questo mi è piaciuto tantissimo!!!

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  2. FANTASTICO!!!!!!!!
    Ma ancora non ho capito una cosa.... Il posto si chiama Cherrydale o Cherrylane??? Perchè l'hai chiamato a volte in un modo e a volte nell'altro...
    Ho appena guardato Comic Who, la nuova vignetta è fichissima! COincidenzialmente, ho guardato proprio ieri l'episodio "Il Coinquilino", la puntata in cui Smith cucina....
    Comunque, anche se non sei un vero scrittore, i tuoi raconti sono straordinari e (anche se magari non centra molto, ma credo che i complimenti facciano bene a tutti) Elisa, sei un mito con la matita!!!! (capito il senso, no?)
    ALLONS-Y!!!!!
    Nadia =)

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  3. I quartieri residenziali prendono spesso il nome dalla strada principale che li attraversa (in inglese "lane") e la desinenza inglese per i quartieri privati è "dale". Quindi la strada si chiama Cherry-lane (letteralmente "strada dei ciliegi") e il quartiere attraversato da Cherrylane prende il nome di Cherrydale...
    Se vedi, quando parlo del quartiere dico "il quartiere residenziale di Cherrydale" mentre la casa di Elliot è sita al numero 15 di Cherrylane, ovvero della strada.
    Spero di averti chiarito le idee.

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  4. wow! Bellissimo, davvero splendido! Fa davvero morire dalla voglia di leggere il continuo. Carina Lara *** ahahah!
    ***a parte 1 cosa....xk ce l'avete tutti con la Storia? E' la mia mater preferita!!!! * e il sogno poi...*****
    Maya******

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  5. Grazie, Marco, ora ho capito tutto.
    Nadia =)

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