lunedì 8 novembre 2010

Il Furto

Elengar era conosciuta in tutto il mondo come la città del vento. Le sue alte torri si inseguivano l'un l'altra nella loro corsa verso le nuvole come per cercare di graffiare il cielo.
All'origine dei tempi era la sede del Supremo Consiglio dei Maghi delle terre di Hoen, ma adesso, di quell'antico fasto, restavano solo le torri. La città in realtà era poco più di una fortezza arroccata sul monte Hoen, da cui prese il nome la Stirpe che vi abitava. Da principio ospitava solo la reggia del sovrano, le sale del Consiglio e la Grande Biblioteca. Quest'ultima era famosa in tutte le terre note come la depositaria di tutto il sapere del mondo. Nel tempo la Biblioteca aveva accolto studiosi provenienti da ogni terra e aveva dato lavoro a moltissimi maghi che si occupavano della salvaguardia e della manutenzione dei preziosi plichi. Visto il gran via vai di gente, presto iniziarono ad essere concessi permessi per edificare case, casette e casupole all'interno delle mura fortificate e all'ombra delle possenti torri. Lo spazio piuttosto risicato messo a disposizione fu completamente tappezzato da abitazioni di ogni genere. Questo non scoraggiò il flusso di immigranti che iniziarono a erigere un nuovo strato di case sopra il precedente. E poi un altro. E poi un altro ancora. Alla fine Elengar divenne una sorta di alveare umano, ognuno col suo spazietto risicato e sempre all'ombra delle possenti torri. Gli stretti vicoli e i consunti ponticelli che univano l'alveare si riempirono di umidità e di aria viziata. In breve tutto fu invaso da muschi e piante rampicanti che conferivano un aspetto magico allo squallore di quei luoghi. Meno magiche, ma più in linea con lo squallore, furone le orde di ratti, furetti e malattie che flagellarono la città fortificata. Il Consiglio fu costretto a bloccare i permessi di edificazione e a schierare un esercito di maghi guaritori per le vie della città.
Non potendo più costruire all'interno delle mura, le case iniziarono a spuntare qua e là su entrambi i versanti della montagna. Grosse porzioni di roccia furono scavate per permettere la costruzione di orti, fattorie e pascoli. Alla fine fu esteso il protettorato del Consiglio a tutta la montagna e nuove mura furono costruite a valle per proteggere la nuova Elengar.
Durante la Grande Guerra, la Guerra delle Stirpi, la vallata ai piedi del monte Hoen non fu mai avvicinata. Non tanto per via dell'enorme potere del Consiglio. Quando mai quelli si sono schiodati dai loro scranni. No, fu grazie a quelle torri assurdamente alte costruite su una città assurdamente alta. Nessuno poteva sbarcare sulle spiagge delle terre protette dal Consiglio senza che l'esercito di Elengar lo venisse a sapere.
Adesso le cose erano parecchio cambiate. Nella Grande Biblioteca erano tenuti solo libri di storia, annali, cronache e almanacchi. Il Grande Consiglio dei Maghi al termine della Grande Guerra perse il suo potere politico. Fu costituito un Consiglio dei Sovrani con sede al di la del mare, al centro delle Terre di Nessuno, dove, in maniera imparziale e senza l'uso di magia, venivano dipanate le questioni diplomatiche tra i vari regni. Il Consiglio, privo di una qualsiasi utilità, decise di dedicarsi ad altro. Fu così istituita una scuola di magia all'interno di quella che era la reggia di Hoen, anche se di reggia non si poteva più parlare visto che il Re ormai viveva altrove. Le abitazioni-alveare all'interno delle mura furono riservate agli aspiranti stregoni. Solo la Sala del Consiglio mantenne un qualche potere istituzionale, trasformandosi in Sala del Giudizio. Una sorta di foro dove veniva amministrata la giustizia della regione. Le segrete della fortezza divennero un luogo di detenzione mentre la vecchia Sala degli Almanacchi fu rinominata in Sala dell'Archivio e vi furono stipati tutti quegli oggetti requisiti ai detenuti o ai condannati a morte.
Quello era l'obiettivo di Kaila.

Fin da bambina Kaila non aveva mai avuto paura delle altezze. Ogni occasione era buona per arrampicarsi da qualche parte. Ivan, il padre, la rincorreva su tetti, alberi, cornicioni, spuntoni di roccia. Lui sempre terrorizzato, lei sempre divertita. Per quanto questa attività preoccupasse Ivan, Kaila non era mai caduta. Mai neanche un graffio, figuriamoci un braccio rotto. No, i suoi piedi non finivano mai in fallo. Anche ad occhi chiusi lei sapeva che i suoi passi non l'avrebbero mai tradita. Kaila non era in grado di spiegare questa sua capacità, ma era come se l'aria le parlasse. Le diceva come muoversi, dove appoggiarsi, a quale ramo aggrapparsi. Sapeva perfino distinguere quali erano gli appoggi sicuri e quali quelli che sarebbero franati sotto il suo peso. Forse un'eredità della sua Stirpe. Non c'era crepaccio, ponte o torre che la spaventasse. Non c'era salto, volo o caduta che la preoccupasse. Kaila era la ragazza equilibrista. Avrebbe avuto un radioso futuro nel circo, ma difficilmente Ivan glielo avrebbe permesso. E poi lei aveva paura degli orsi.
Per introdursi nella cittadella fortificata di Elengar aveva scelto la via del cielo, come sua abitudine. Al mattino presto si era recata all'ingresso della cittadella. Aveva indossato gli abiti da mercante del fratello e un grosso mantello nero il cui cappuccio le cadeva sul volto nascondendone l'identità. Si era presentata davanti agli armigeri semi addormentati di guardia al Grande Portone. Dopo aver ricevuto una forma di pane e mezza caciotta, l'avevano fatta passare senza fare domande. Era pur sempre l'ora di colazione e non si poteva certo cominciare la giornata a stomaco vuoto.
La torre di nord-est era quella più vicina alla Sala del Giudizio. Da lì sopra avrebbe avuto una visuale perfetta sul cortile interno e sull'ingresso delle segrete. Inoltre la torre era completamente abbandonata in quanto l'edera selvatica aveva fatto crollare buona parte delle scale interne. Un problema non da poco per gli armigeri della città. Un simpatico diversivo per la ragazza equilibrista. Una volta in cima alla torre Kaila si accucciò a terra, tirò fuori la sua sacca da sotto il mantello e prese qualcosa da mangiare. Voleva agire col favore delle tenebre. Inoltre quella era la prima notte di Luna nuova. Decise quindi di bivaccare sulla torre fino allo scoccare della mezzanotte. Al primo rintocco si sarebbe mossa, non prima.

L'attesa fu lunga. Il vento batté contro la torre incessantemente per tutto il giorno. Il freddo iniziò a poco a poco a minare la convinzione della ragazza. Ogni volta che era sul punto di rinunciare prendeva tra le mani il ciondolo-chiave. Le bastava fissare quel tenue bagliore per recuperare tutte le energie. Ripeteva tra sé e sé il piano come un mantra. Allo scoccare della mezzanotte il cortile interno veniva sigillato e quindi non ci sarebbero stati guardiani. Da li si poteva accedere alle segrete attraverso una grata che dava su una scala interna. Avrebbe dovuto forzare la serratura, ma avrebbe avuto accesso al dedalo di gallerie che si muovevano sotto la reggia di Hoen. Aveva con sé una piccola mappa che aveva disegnato di suo pugno basandosi sulle informazioni che aveva trovato sui libri di storia conservati nella Grande Biblioteca. Negli ultimi mesi non aveva fatto altro se non leggere cataste monumentali di pergamene dalle quali estrapolare qualche informazione sulla struttura interna della reggia. A volte le informazioni che trovava erano incongruenti, in certi casi anche contraddittorie. Quindi doveva continuare a cercare conferme su altri libri o facendo qualche domanda distratta agli armigeri ubriachi che venivano a poltrire nella birreria del padre. Alla fine aveva tracciato il percorso che l'avrebbe portata sotto la Sala dell'Archivio. Da lì, un montacarichi di servizio le avrebbe permesso di salire al piano superiore entrando direttamente nella sala senza essere vista.
Una volta trafugato il diario di sua madre avrebbe preso alcuni oggetti a caso per far si di smistare i sospetti. Se qualcuno si fosse accorto del furto, avrebbe pensato ad un ladruncolo che aveva arrabattato le prime cose che gli sembravano di valore. Non certo ad un colpo mirato a rubare il diario, e quindi presumibilmente nessuno l'avrebbe collegata al furto. Si sarebbe preoccupata in seguito di liberarsi della refurtiva in eccesso, per non rischiare che gliela trovassero in casa. Per uscire avrebbe usato la finestra che dava sulla Piazzetta, il centro della cittadella. Una volta scesa doveva tornare sulla torre di nord-est, recuperare il suo sacco e riscendere fino all'altezza delle mura, da li sarebbe scesa verso il lato esterno dove sarebbe stata libera.

C'erano tre falle potenziali nel suo piano, e avevano tutte a che fare con l'altezza. Per arrivare nel cortile interno della reggia avrebbe dovuto saltarci dentro. Per rallentare la caduta avrebbe dovuto utilizzare i pali conficcati orizzontali nel muro con gli stendardi del Consiglio. Il problema è che c'erano diverse centinaia di braccia a separare lei dagli stendardi. Cadere da quell'altezza non è esattamente come cadere dal tetto di una fattoria. In quel caso male che va ti rompi un braccio, o una gamba, o entrambe, ma si sopravvive. Kaila non era sicura di cavarsela altrettanto bene se avesse mancato anche solo uno di quei pali.
Per scendere dalla finestra della Sala dell'Archivio, la distanza era minore, ma gli appigli per rallentare la caduta erano molto più esili: grondaie, edera, ganci per tenere aperte le finestre. Infine calarsi dalle mura era la parte più difficile, perché lì di appigli non ce ne sarebbero stati. Solo qualche rientranza nel muro. Al massimo qualche blocco di pietra sporgente.
Kaila faceva molto affidamento sulle sue capacità, ma più si avvicinava la notte più si sentiva agitata. Iniziò a fare avanti e indietro tra le guglie della torre nella speranza di calmarsi, ma con scarsi risultati. Ogni tanto guardava giù per convincersi che ce l'avrebbe fatta ma vedeva solo le lanterne per le vie della città che man mano si affievolivano. Nessun conforto le giungeva da quel firmamento di fiaccole.
All'improvviso arrivò. Secco e violento il suono del rintocco della campana si espanse per le vie del borgo fin giù per tutta la vallata. Kaila sussultò. Il suo cuore perse un colpo. Le sue gambe e le sue mani si irrigidirono. Doveva farcela. Era arrivata fino a quel punto, non doveva tirarsi indietro.
Prese il ciondolo e lo fissò. Brillava come non mai. Kaila non riuscì a spiegarsene il perché ma qualcuno avrebbe potuto notarlo dalla città-alveare, quindi si affrettò a nasconderlo. Il ciondolo però aveva fatto il miracolo. Quella luce le era entrata dentro. Il suo cuore ora era calmo e il respiro non più affannoso. Poteva muoversi. Doveva muoversi. Era già in ritardo di due rintocchi. Salì sul cornicione, inspirò quanta più aria poté e chiuse gli occhi.

Non si accorse di preciso del momento esatto in cui i suoi piedi si staccarono dalla torre. Percepì solo il vuoto, l'aria e poi quella luce argentea che le aveva riempito la mente. Strinse il pugno quasi d'istinto e sentì il freddo acciaio del palo sotto le sue dita. Tenne forte la presa mentre sentiva il suo corpo girare intorno all'asta. Riaprì gli occhi nel momento in cui sentì di essere pronta a balzare nuovamente verso il prossimo palo. La sensazione di volare la inebriò completamente. Raggiunse il secondo palo. Poi il terzo. La caduta non era più così veloce. Spiccò l'ultimo balzo e questa volta arrivò a terra. Intatta. In piedi. Solo le ginocchia un po' piegate nello sforzo di fermarsi completamente. Ce l'aveva fatta. La sensazione della terra sotto i piedi le diede un capogiro. Il peso di ciò che aveva appena fatto le cadde addosso con tutta la sua violenza, ma lei riuscì a sostenerlo. Aveva compiuto un'impresa unica. Peccato non poterla raccontare a nessuno.
Le prime difficoltà non tardarono ad arrivare. La grata era esattamente dove doveva essere, il problema è che nessuno la usava da tempo immemore. Ci vollero diversi minuti perché Kaila riuscisse a sbloccarla. Aveva una serratura grande. Forzando i due perni interni con dei bastoncini di metallo doveva essere possibile aprirla, ma la ruggine aveva completamente bloccato l'ingranaggio. Uno dei bastoncini si ruppe, ma come ultimo gesto ebbe la cortesia di spaccare il chiavistello. Ci aveva messo troppa forza e adesso qualcuno avrebbe notato che quella grata non si richiudeva più. Un problema per volta. Aveva ancora il suo piano di sicurezza per sviare i sospetti. Poteva ancora farcela. Oltrepassò la grata e usò il bastoncino spezzato per bloccare la serratura meglio che poteva. Per qualche giorno avrebbe retto e se nessuno usava quell'ingresso poteva persino passarla liscia.
La mappa si rivelò meno accurata del previsto. Un paio di volte si ritrovò in un vicolo cieco e più volte rischiò di essere intercettata dagli armigeri di guardia alle prigioni. Prese la borraccia che aveva con sé ed iniziò a spegnere tutte le fiaccole per permettere al buio di favorire il suo passaggio. Alla fine si ritrovò di fronte ad una specie di piccola porticina con sopra il simbolo di una montagna con sopra una falce di Luna. Il simbolo del Consiglio. Kaila si infilò nel montacarichi. Incredibilmente trovò estremamente semplice far salire il piano mobile tirando la corda presente all'interno del vano. Come se ci fosse una qualche magia strana che riducesse il suo peso. Arrivò al termine della salita e vide una serie di ruote di diverse dimensioni attraverso le quali passava la corda che aveva tirato. Niente magia quindi, solo uno strano marchingegno.

La Sala dell'Archivio era, a prima vista, un unico ammasso di cianfrusaglie. Impossibile sperare di trovare qualcosa. La stanza si estendeva in lunghezza e al centro c'era un enorme tavolo con decine e decine di scranni. Un arredamento assai poco consono al tipo di funzione che la stanza doveva svolgere. In passato probabilmente era servita ad altro. Sul tavolo erano ammonticchiate cataste di cose, ma sembrava esserci una logica. Si avvicinò alla prima montagnetta e trovò diversi monili. Ne prese un paio, quelli più grossi. Servivano per il suo piano di sicurezza. Più in là trovò una catasta di lettere. Non sembravano molto vecchie. L'orribile idea che i reperti troppo vecchi venissero distrutti si affacciò nella mente della ragazza, ma cercò di scacciarla subito per non scoraggiarsi. Trovò le cose più strane. Cataste di armi seguite da cataste di specchi seguite a loro volta da cataste di gioielli.
Kaila girò distrattamente intorno al tavolo alla ricerca di un qualche registro nella speranza che tutto ciò che veniva riposto in quella sala fosse accuratamente archiviato. Non trovò nulla di simile, ma aggiunse alla sua collezione un paio di stiletti in oro e un bellissimo ferma-capelli in argento.
Mentre si aggirava tra i vari mucchi di roba sempre più sfiduciata, Kaila sentì un calore enorme venirgli dal petto. La luminosità del ciondolo iniziò a risplendere anche attraverso il mantello nero. Stava vibrando, come d'eccitazione. L'aveva trovato. Il diario e la chiave si chiamavano a vicenda. In una catasta di libri vide un leggero bagliore argenteo. Ci si precipitò come un avvoltoio e iniziò a rovistare tra i volumi. Ce n'erano di tutti i tipi e su ogni argomento. Alcuni erano ricettari di cucina, altri erano registri contabili. In fondo c'era un piccolo quaderno con una copertina argentea che risplendeva fioco alla luce delle lanterne. C'era sopra il disegno stilizzato di una città costruita su una nuvola. Di fianco pendeva un lucchetto molto piccolo. La serratura era appena accennata. Perfetta per la sua chiave. Kaila lo prese al volo insieme ad altri due volumi a caso. Era fatta. Ora doveva andarsene.

Saltare dalle finestre della reggia poteva essere rischioso. Un balzo del genere poteva non passare inosservato. Kaila uscì dalla finestra più a nord. Salì sul cornicione e richiuse la vetrata dietro di se. Accanto a lei si ergeva una colonna in granito che andava da terra fino alla base del frontone triangolare che sovrastava l'intera struttura e che riportava un bassorilievo con gli stemmi della Stirpe di Hoen e del Gran Consiglio dei Maghi. La colonna aveva delle scanalature a spirale che permisero a Kaila di scendere a terra senza eccessivo sforzo e senza essere notata. Da lì la via fu semplice. I lampioni ormai spenti e il cielo completamente scuro nascosero la fuga della ragazza tra le vie dell'alveare. Kaila sentiva la felicità montarle dentro quando, voltando un angolo, si trovò di fronte due armigeri. Cavolo, non se n'era accorta. Erano gli stessi della mattina precedente, quelli che sonnecchiavano davanti alla porta. Non sembrava l'avessero riconosciuta e il cappuccio continuava a proteggere la sua identità. Il fagotto che la ladra portava con se però non passò di certo inosservato.
Kaila iniziò a correre a più non posso, non avrebbe fatto in tempo a recuperare il suo sacco. Se ne sarebbe occupata l'indomani. Forse però poteva fregare i suoi inseguitori.
Si infilò nella torre di nord-est che i due armati le erano ancora alle spalle. La scalinata rotta li rallentò ma non li fermò. Arrivata all'altezza delle mura Kaila iniziò a correre verso sud ma fece in modo di non seminare i suoi inseguitori. Quando questi le furono addosso lei con un balzo oltrepassò il parapetto e fu libera nel vuoto. Increduli, i due armigeri fissarono la sua caduta finché la lanterna che portavano con loro glielo permise. Kaila non seppe cosa ne conseguì, però il giorno dopo ci fu un gran vociare per le strade della città. Tutti parlarono di un ladro possente. Un uomo mascherato che aveva derubato gli archivi della città ma che, quasi acciuffato da due valorosi guerrieri, aveva scelto la strada del suicidio. No, il corpo non era stato ritrovato e no, non si sapeva come avesse fatto ad entrare. Nessuno seppe che fine avesse fatto la refurtiva e in cosa consistesse di preciso. Tutti però erano concordi sul fatto che se non fosse terminato in tragedia, quello sarebbe stato il furto del secolo.


2 commenti:

  1. Bellissimo!!! Geniale il finale :D
    Mi son sentita male quando Kaila si è tuffata per afferrare il primo palo °____°
    Complimenti!!!!

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  2. Concordo con Elisa..... povera Kaila!
    Davvero, però, è eccezionale!!!
    Semplicemente fantastico!!!
    Mi sono praticamente immedesimata nel personaggio, però.... non penso che avrei avuto lo stesso coraggio di Kaila, nonostante io non abbia paura delle altezze...
    Vabbè, comunque.....BELLISSIMO!!!!!!!!
    Nadia =)

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