I primi raggi di sole iniziarono a filtrare attraverso gli innumerevoli fori che le tarme avevano gentilmente ricamato sulle pesanti tende di velluto viola che coprivano le finestre. La luce disegnava un complesso arabesco di punti sulle varie superfici della stanza la quale un tempo aveva ospitato re e regine provenienti da tutto il mondo, ma che ormai era diventata poco più di un ripostiglio per pergamene, quelle meno importanti, gli almanacchi del vecchio mondo che nessuno ormai consultava più.
Il pesante tavolo di mogano che copriva la maggior parte del suolo calpestabile della Sala degli Almanacchi era un vero campo di battaglia, dove la polvere teneva sotto assedio le popolazioni indigene composte da libri, rotoli e lettere ammassate qua e la in ordine sparso. Torri di volumi rilegati in pelle si ergevano autoritarie all'interno di roccaforti di raccoglitori ormai svuotati, diventati la tana di qualche esule scarafaggio o di qualche scolopendra rinnegata.
L'assedio della polvere andava avanti da circa vent'anni, ovvero da quando si era deciso di epurare la Biblioteca del Consiglio da tutti quei libri che non fossero considerati utili, provvedendo a sostituirli con i ben più richiesti volumi di magia e di meccanica. Questi ultimi erano sicuramente più adatti alla formazione delle prossime generazioni di stregoni e cavalieri che avrebbero difeso il regno della Stirpe di Hoen. In guerra non era considerato molto importante saper cucinare un polpettone perfetto o sferruzzare i merletti all'uncinetto. Bisognava conoscere magie oscure, costruire marchingegni potenti da usare come armi. Non era poi così grave se a sera la minestra di legumi era troppo asciutta e poco speziata, l'importante era avere le nozioni utili ad arrivarci tutti interi all'ora di cena.
Così si era fatta una cernita e si era deciso di suddividere i libri considerati superflui in diverse categorie. Categorie senza nomi, ma con diversi gradi di inutilità. Quelli più inutili come le ballate e le filastrocche erano finite diritte al macero, così da poter essere riciclate per poter stampare nuovi libri 'utili', gli altri erano stati o regalati o inviati ad altre biblioteche del regno, dove sarebbero stati dimenticati su qualche scaffale troppo in alto per poter destare l'interesse di un qualsiasi visitatore di passaggio.
Solo gli almanacchi di storia, pur essendo considerati inadatti alla formazione di un guerriero, erano riusciti a salvarsi. Non tanto perché si ritenesse potessero in qualche modo tornare utili in futuro, ma perché ai grandi capi, che fossero consiglieri o generali, piaceva l'idea di poter ritrovare le proprie gesta archiviate da qualche parte, di poterle rileggere un giorno ai nipotini davanti al fuoco e ad una bella scodella fumante di zuppa di fagioli e ortiche.
La storia si era salvata per soddisfare il capriccio dei potenti.
Si era scelto di sacrificare la grande Sala dei Convegni perché in tempo di guerra non si aveva molto tempo per organizzare feste e riunioni, o meglio, il tempo lo si poteva anche trovare, il problema è che c'era veramente poco da festeggiare o peggio ancora da riunire. E così la Sala dei Convegni era stata ribattezzata in Sala degli Almanacchi, vi erano stati riposti i libri badando con molta attenzione a non rispettare alcun ordine logico di archiviazione e infine si era chiusa la porta a chiave nella consapevolezza che nessuno avrebbe più varcato quella soglia.
Pile e pile di carta erano state sottratte al macero per essere poi abbandonate a sé stesse in un'eterna battaglia contro l'usura del tempo.
Le ostilità si erano aperte immediatamente. Già perché, se nella Biblioteca del Consiglio c'erano maghi di alto rango preposti alla difesa delle preziose reliquie di carta dagli effetti dell'umidità, della polvere e delle tarme, nella prestigiosa Sala degli Almanacchi i libri erano costretti a imbracciare le armi per difendersi dagli invasori che giorno dopo giorno minavano la sopravvivenza delle memorie storiche di tutto il regno.
Un raggio di sole, dopo lungo vagare alla ricerca di qualcosa di interessante da leggere, decise di impegnare il suo tempo in maniera più costruttiva andandosi ad insinuare tra i lembi della tunica dell'unica persona che avesse mai osato disturbare la quiete di quella stanza dal momento in cui fu ribattezzata in Sala degli Almanacchi. Da sei mesi a questa parte Jonah passava tutte le sue giornate chino su quei testi dimenticati alla ricerca di una risposta. Ogni volta che credeva di averla trovata, nascevano nuove domande e pertanto nuovi cumuli di carta logorata e infestata dovevano essere smossi per poter risalire alla 'Risposta', quella vera, quella con la 'R' maiuscola, che non avrebbe dato adito ad altre domande, che sarebbe stata la causa di qualcosa ma non la conseguenza di qualcos'altro. Jonah da sei mesi cercava di scoprire l'origine della Guerra delle Stirpi. Non l'inizio, quello lo conoscono tutti, una guerra inizia quando uno stato sovrano muove battaglia ad un altro, e la Guerra delle Stirpi non era diversa da tutte le altre. Quando il re della Stirpe di Mana varcò il confine delle terre di Hoen ebbero inizio le ostilità che vanno avanti da più di un secolo. Quello però fu solo l'inizio, l'origine, quella è tutta un'altra cosa. L'origine è quell'evento che innesca una serie di altri eventi che a loro volta portano ad altri eventi che infine porteranno all'inizio della guerra.
Jonah era convinto che, se avesse trovato l'origine della Guerra delle Stirpi e questa fosse stata un'idea, un concetto o comunque qualcosa di abbastanza astratto da poter essere sigillato, forse avrebbe potuto porre termine alla carneficina che quotidianamente si compiva sui confini ormai risicati della sua terra.
Era un piano ambizioso il suo, e anche abbastanza stupido. Se il suo mentore aveva fatto in modo di ottenere per lui il permesso di accedere alla Sala degli Almanacchi era solo per poterlo tenere lontano dal fronte adducendo la scusa di un importante progetto segreto che richiedeva la completa attenzione e devozione del suo discepolo. Non tanto per mantenere Jonah al sicuro dalla prospettiva di una morte orribile sul fronte di guerra, quanto per tenere il fronte al sicuro da lui. L'unica cosa in cui il ragazzo eccelleva era la creazione e l'imposizione di sigilli, per il resto era un disastro, a tratti imbarazzante. Per non parlare delle sue notevoli capacità da armigero, che all'età di 14 anni quasi decapitavano la figlia di un signorotto locale. No, per la sua sicurezza e per quella di chi gli stava intorno, era meglio trovargli un'attività più adatta alle sue capacità, o incapacità, che dir si voglia.
Così iniziò la sua avventura, armato di pazienza e di barattoli di conserva di ciliege, scartabellando ogni foglio presente nella stanza, creando schemi, cercando collegamenti e avvicinandosi sempre di più all'origine di tutto quell'orrore. Man mano che le trame della storia si dipanavano sotto al suo naso, la consapevolezza di essere sulla strada giusta gli dava forza e coraggio. Leggere di tutte quelle battaglie concluse e di quella gente ammazzata non era per lui meno importante di combattere la guerra in prima linea.
Ormai conosceva a menadito ogni singola causa che aveva portato alla dichiarazione di guerra, ma non era sufficiente, doveva andare ancora più indietro, risalire il fiume della storia come un salmone fino ad arrivare alla sorgente del tutto. Il momento, l'evento, la situazione da cui tutto era partito.
Jonah si svegliò quasi di soprassalto, si era nuovamente addormentato su quella sedia nonostante il suo mentore glielo avesse vietato, e nonostante fosse così terribilmente scomoda. E aveva sbavato. Nessuno potrà più conoscere le gesta di Jorge il Conquistatore la cui impresa di liberare la torre di Elegar dai rinnegati si era dissolta in un piccolo lago di saliva. Cercò di asciugarsi la guancia e di sistemare gli occhiali su quel viso rubicondo dovuto alle troppe ciliege sotto zucchero. Si sistemò come meglio poteva quella folta selva di ricci così scuri che si ostinava a chiamare capelli. Doveva decisamente smetterla di passare le sue notti lì dentro, su quella sedia che stava lentamente distruggendo la sua schiena. Quella sedia così mal progettata aveva un tempo sicuramente ospitato un qualche regale che, insieme ad altri, in quella che fu la Sala dei Convegni, avevano deciso le sorti del mondo conosciuto. Jonah cominciò a chiedersi se non fosse quella sedia la causa della Guerra delle Stirpi.
No, senza dubbio non era quella, anzi, poteva tranquillamente stracciare i sui appunti. Ormai aveva capito.
La pulce gli era saltata all'orecchio pochi giorni prima, mentre passeggiava per i lunghi corridoi della reggia di Hoen. Ovviamente era una pulce figurata, ma comunque impiegò un po' di tempo prima di riuscirla a distinguere da tutte le pulci reali che infestavano quotidianamente la sua tunica da mago. Aveva carpito frammenti di una discussione tra un armigero e un nano non proprio contenti degli ultimi sviluppi provenienti dal fronte. "Stramaledettissimi bastardi, loro e la loro nuova arma bastarda" aveva detto il nano, non molto avvezzo all'etichetta che di solito si cerca di rispettare in quei luoghi. Quella frase continuò a riecheggiare nella sua testa per ore senza che riuscisse a spiegarsene il perché.
La folgorazione arrivò mentre leggeva le Cronache della Valle dei Lupi, un frammento di storia palesemente romanzato e di scarsa attinenza con la guerra in corso. Ormai aveva imparato ad escludere a priori le vicende nelle quali non si ricorreva alle armi. Armi. Le armi bastarde. Quella era la guerra delle armi bastarde. Non nel senso che facevano un male porco, ma nel senso che erano ibride. Complessi ingranaggi meccanici alimentati da diversi tipi di energia magica. La meccanica e la magia che si fondevano in unico strumento di morte.
Era quella la soluzione, l'origine, la causa di ogni male. Ci volle un po' a verificarlo, e fu difficile recuperare tutti i testi necessari, ma l'origine era proprio lì sotto i suoi occhi.
Era infatti da meno di due secoli che l'uomo aveva iniziato a ricorrere alla magia per attivare i macchinari più svariati. Si narra di un uomo che, per evitare la povertà in periodo di siccità, si rivolse ad un elfo che, con un incantesimo di vento, fece muovere le pale del proprio mulino. Ora neanche si usavano più le pale per far girare la macina dei granai, tutto si basava sulla magia. Giorno dopo giorno materia ed energia si amalgamavano per dare vita a nuovi congegni che, in tempo di pace, avevano portato all'età dell'oro delle varie Stirpi degli Uomini. Poi venne la guerra, cruda e selvaggia, e come ogni guerra ci fu la corsa agli armamenti. Tutti ritenevano che possedere armi sempre più potenti avrebbe portato ad una vittoria sicura. Niente di più sbagliato. Le grandi armi continuarono a fronteggiarsi quasi solitarie da una parte e dall'altra dei vari fronti senza mai portare ad un vincitore e ad un vinto. La Stirpe degli Edori, viste le sue terre sul punto di essere invase, decise di spostarle altrove. Tutte le terre. Da un giorno all'altro si sollevarono in aria e semplicemente se ne andarono. Un isola nel cielo che vagava libera con i suoi monti, i suoi pascoli, i suoi fiumi e i suoi laghi. Avevano persino un vulcano. Jonah non era sicuro di riuscire a capire cosa se ne sarebbero fatti gli Edori di un vulcano su un isola nel cielo, ma di sicuro non sarebbe stato quell'estremo gesto a porre fine alla guerra. La guerra poteva finire solo se qualcuno avesse avuto il coraggio di dire basta, e quel qualcuno poteva essere soltanto lui. Avrebbe portato la sua idea quello stesso giorno di fronte al Gran Consiglio dei Maghi, e non si sarebbe arreso finché non gli avessero dato retta.
Aveva già calcolato ogni sfumatura: ovviamente avrebbe risolto tutto con un sigillo, dopotutto era l'unica cosa che gli riuscisse bene, o quello, o facendo il cantastorie, ma ancora non aveva compreso bene come coniugare il suo amore per la narrativa con le tattiche di guerra. Decise di procedere con un sigillo. Avrebbe richiesto la forza di una decina di maghi, forse quindici se il Consiglio decideva di mandare i novizi. Da sempre i maghi più potenti, o venivano mandati al fronte, o messi a fare i bibliotecari, di certo non potevano essere sacrificati per la sua idea. No, sarebbero stati quindici novizi, non uno di meno, non uno di più. Si appuntò sulla manica di ricordare al proprio mentore che era ora di dargli una promozione, altrimenti il Consiglio avrebbe sacrificato anche lui, e Jonah preferiva l'idea di passare i suoi giorni a fare il bibliotecario.
Ad ogni buon conto aveva bisogno di capire come separare la magia dalla meccanica, e soprattutto come fornire al suo sigillo la via di fuga necessaria per renderlo indistruttibile. Le risposte furono entrambe semplici.
La magia di per sé era innocua, se ne sta per i fatti suoi, era l'uomo che la domava e la assoggettava al suo volere. La materia inanimata per definizione è inanimata, non gli capita spesso di avere grandi iniziative, è sempre l'uomo che la plasma per renderla utile al suo scopo. Erano gli uomini che andavano separati. Tutti gli uomini. Quelli con la propensione per le scienze da una parte, i maghi dall'altra, quelli che non capivano ne l'una ne l'altra materia potevano saltare fuori dove gli pareva. Ma non andavano semplicemente separati gli uni dagli altri, doveva essere assolutamente impossibile per loro coesistere, come se fossero intrappolati in due mondi paralleli, vicini ma irraggiungibili, uniti solo da un Portale che avrebbe reso possibile la comunicazione tra i due mondi solo una volta ogni, chessò, cento anni. E anche quando aperto, il Portale avrebbe permesso un solo attraversamento, per poi richiudersi per altri cento anni. Era perfetto, c'era tutto, era fattibile, il sigillo non era complesso e la condizione d'uscita era impeccabile. Doveva funzionare!
Passò la giornata a prepararsi il discorso. Il Consiglio aveva accettato di riceverlo. Ogni tanto farsi una risata fa bene all'umore e alla salute, e in quella sede i maghi più potenti del mondo non si aspettavano altro dal giovane Jonah. Alle prime ore del pomeriggio l'ombra era già calata sul cortile interno della reggia. La porta d'ingresso alla sala del consiglio era lì davanti. Due pesanti battenti di legno istoriato separavano il giovane novizio dal suo destino. Avrebbe dovuto dare il meglio di sé una volta varcata quella soglia, perché già era assurdo che uno come lui si presentasse al Consiglio, ma sarebbe stato un vero affronto se non si fosse dimostrato degno di quell'onore. La porta si aprì ed un giovane paggio fece segno a Jonah di entrare. Al centro della sala circolare si trovava un leggio, accanto al qualo lo attendeva il suo mentore, tutto serio e preoccupato. Di fronte a loro si ergeva una gradinata molto alta con diversi scranni in oro, su ognuno dei quali sedeva uno degli anziani del Consiglio.
Jonah passò in rassegna uno ad uno tutti i consiglieri: chi parlottava col vicino, chi era visibilmente appisolato, altri se ne stavano sbragati sul loro scranno a leggere un libro. Nessuno sembrava essersi accorto del suo ingresso. La sguardo di Jonah volò verso l'alto, verso l'enorme cupola in vetro che sovrastava la sala, e per un attimo pensò quanto sarebbe stato bello essere un fringuello e potersene volare via tra quelle nuvole lasciando tutta l'ansia che lo stava divorando lì davanti a quel leggio a cavarsela da sola. Ormai con quell'ansia ci conviveva da un po', e ci si era anche affezionato, non gli sembrava carino di abbandonarla da sola. Guardò il suo mentore negli occhi che, con un colpetto di tosse ridestò l'attenzione del Consiglio. Era il momento di fare l'eroe, o il cantastorie, a seconda delle circostanze.
Furono ascoltati entrambi per ore ed ore. La luce che filtrava dall'immensa cupola andava via via scemando. Non stava andando bene perché ogni intervento di Jonah sembrava sortire lo stesso effetto delle battute di un giullare. Le rabbia avvampò le sue guance rotonde, le lacrime iniziarono ad irrigare i suoi occhi, ma non si arrese e continuò con la sua teoria.
Presto le risate furono sostituite da sguardi seri e concentrati. Non risero nemmeno alla storia delle mucche che se ne vanno al pascolo col pastore che, diciamocelo, era il suo pezzo forte. Erano attenti. Tutti con lo sguardo fisso su di lui. D'altra parte il ragazzo sembrava stupido, e sicuramente lo era, ma c'era del vero in quel che diceva. Forse la sua proposta, per quanto assurda, era persino fattibile. Certo, non avrebbero preso parte loro in prima persona all'esperimento, ne avrebbero rischiato di mandare a morire una decina di maghi di alto rango come proponeva il ragazzo, ma magari quindici novizi li si poteva anche sacrificare, e Jonah, artefice di un piano di così grande levatura quanto di orribile stoltezza, li avrebbe guidati valorosamente nella loro ultima battaglia. Nell'ultima battaglia di quella guerra interminabile.
Forse le cose sarebbero andate per il verso giusto, il mondo si sarebbe spaccato separando quelle due realtà che mai si sarebbero dovute unire. Molti avrebbero perso i propri cari i quali sarebbero stati magicamente deportati in un'altra dimensione, ma le cose si sarebbero aggiustate. La guerra sarebbe finita, finita davvero, e non perché qualcuno aveva vinto e qualcuno aveva perso, ma perché, in maniera del tutto subdola, non ci sarebbero più stati i mezzi per muovere guerra. Armistizi sarebbero stati firmati, trattati sarebbero stati stesi, prigionieri sarebbero stati liberati.
Tutti avrebbero festeggiato e banchettato in suo nome. In nome di Jonah, colui che aveva posto fine alla guerra con l'astuzia e non con la spada.
Certo forse in quell'occasione avrebbe fatto comodo un cantastorie che potesse strimpellare qualche nota e raccontare a tutti come il mondo si fosse salvato, ma questo Jonah non lo seppe mai.
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Veramente meraviglioso!
RispondiEliminaHo letto questo capitolo tutto d'un fiato e sono davvero morta quando ho letto:
"Jonah cominciò a chiedersi se non fosse quella sedia la causa della Guerra delle Stirpi."
FANTASTICO!!!!!!
RispondiEliminaFortissima la frase: "Si sistemò come meglio poteva quella folta selva di ricci così scuri che si ostinava a chiamare capelli"
Nadia =)