venerdì 21 gennaio 2011

La Bimba Perduta

 Il suono del mondo aveva perso i suoi contorni sfumando nell'eco. I rumori attutiti rimbombavano con violenza nella mente di Lara. Immagini distorte e confuse correvano veloci davanti ai suoi occhi. Era consapevole della sua condizione. Sapeva di stare male. Malissimo. Non riusciva ad opporre resistenza a quella debolezza che progressivamente fiaccava i suoi arti. Il suo respiro morbido e flebile perdeva di intensità col passare dei minuti, o forse delle ore. Aveva completamente perso il senso del tempo. Chiudeva gli occhi per quelli che credeva fossero pochi istanti e li riapriva di fronte a scenari completamente diversi. La notte era stato sostituita dal giorno e il giorno aveva ceduto il passo alla notte.
 Quello che Lara trovava più fastidioso non era tanto lo stare male in sé, bensì il non essere in grado di comunicare con gli altri. Sapeva di avere una gamba rotta, ma il dolore era completamente annullato dalla febbre. Aveva freddo. Un freddo intenso che veniva da dentro. Aveva sete. La gola secca e riarsa come se le avessero fatto ingoiare la sabbia. Avrebbe voluto chiedere aiuto e spiegare di cosa aveva bisogno, ma non ci riusciva. Eppure nel momento in cui pensò che il freddo l'avrebbe uccisa, qualcosa la scaldò. Una giacca forse, un fuocherello in lontananza, un abbraccio caldo e avvolgente. Nel momento in cui sentì la gola sgretolarsi per la sete, qualcuno le diede da bere dell'acqua fresca e meravigliosa. Non riusciva a distinguere le forme e i colori, ma capiva che c'era un angelo che vegliava su di lei. Quelle parole, quelle semplici parole, le riecheggiavano nella testa "Ce la farai! Resisti ancora e ce la farai!".
 Agitazione. Una sensazione ricorrente in quei momenti così offuscati. Lara si sentiva come trascinata da un fiume impetuoso. La confusione era ovunque, persone, parole, urla e rumori. Tutto era in agitazione intorno a lei. Immagini sparse si delineavano. Fuoco, tanto fuoco, e poi mostri con zanne fameliche che urlavano alla luna. C'era la luna, quello lo ricordava. Una luce fissa e dolce che la cullava in ogni momento. L'unico punto fisso in un mondo ingarbugliato.
 La luna sparì e lasciò il posto ad una luce ambrata e diffusa. Poi anche quella sparì e la confusione riprese. Persone che si affaccendavano su di lei, che parlavano intorno al suo letto. Era su un letto, anche se non riusciva a dire se era comodo o meno. Un letto è sempre un letto, ed era una bella evoluzione dalla lettiga dove giaceva. I ricordi si facevano sempre più confusi, ma la sensazione di freddo si allentò fino a sparire e un dolce torpore la invase conducendola in un sonno profondo e riposante dove tutto annegò.

 La consapevolezza di sé arrivò con calma, senza troppa fretta. Lara si accorse quasi per sbaglio di aver riaperto gli occhi. Stava fissando un soffitto strano, fatto a volta. Non ricordava di averlo mai visto prima, un soffitto sconosciuto. Se ne stava lì fermo a fare il soffitto senza disturbare troppo, ma era evidente che Lara lo incuriosiva molto. Ci pensò un po' e alla fine si rese conto che stava dando una personalità ad un soffitto, a breve si sarebbe anche presentata e probabilmente non si sarebbe neanche spaventata qualora il soffitto le avesse risposto. Ciò non avvenne, ma qualcosa si mosse stra quegli archi che componevano la volta. Un'ombra. L'ombra di qualcosa, più probabilmente di qualcuno che si stagliava sul marmo levigato sopra di lei. Lara ne seguì la scia di oscurità e per farlo provò a mettersi sul fianco destro. Mai idea fu più malsana. Un dolore intenso partì dalla gamba sinistra e si propagò a tutto il corpo. Le scappò un gemito, uno soltanto e neanche troppo forte, ma tanto bastò per mettere in fuga l'ombra. Lara fece giusto in tempo a vedere una grande coda argentea come quella di un lupo sgattaiolare fuori dalla finestra.
 Lara si rimise sdraiata a fissare l'ormai vuoto soffitto e sospirò. Domande su domande si affollarono tra i suoi pensieri. Voleva sapere dove si trovava e cosa era successo, ma in quel momento si sentiva sola e abbandonata. Un fruscio attirò la sua attenzione di nuovo verso la finestra. Questa volta girò soltanto la testa e con quel flebile filo di voce che le era rimasto chiese "Chi è la?". Di nuovo un rumore in allontanamento. Di nuovo in fuga.
 Fuori dalla finestra c'era solo un grande albero con delle strane foglie rosse. Una lieve luce dorata illuminava la pianta che sembrava capitata lì per sbaglio. Sola e sperduta come lei. Lentamente il fruscio si fece di nuovo vicino, senza troppo entusiasmo. Un passetto alla volta con la massima cautela. Quando alla fine si fermò, Lara vide lentamente spuntare dal davanzale un paio di orecchie pelose e a punta. Sembravano quelle di un lupo, il che faceva il paio con la coda che all'inizio aveva visto scappare. Piano pianino le orecchie salirono e alla fine spuntarono dei capelli, e questo non si sposava molto né con la coda né con le orecchie. Sembravano capelli umani, come del resto la fronte che lentamente stava comparendo. Il castano e l'argento si mischiavano in mille sfumature su quelle ciocche lunghe che pian piano trovavano il coraggio di farsi vedere.
 Dopo la fronte fu la volta degli occhi. Grandi e castani. Lucidi e bellissimi come quelli di una bambina. Certo, una bambina con le orecchie e la coda da lupo, ma pur sempre una bambina. Quando quegli occhi incrociarono quelli di Lara, per un attimo si nascose di nuovo dietro al davanzale facendo ondeggiare il ramo dell'albero sul quale era appoggiata. Lentamente si rialzò fino a fare capolino con i suoi occhi curiosi. Lara le sorrise e lo sguardo della bimba si ingentilì rilassandosi. Con un balzo che fece tremare tutto l'albero, la piccola si andò a piazzare accucciata sul davanzale.

 Era molto piccola e indossava un vestitino di tela marrone. Aveva una grande coda argentata che teneva avvolta intorno alle gambe accovacciate. Con le braccia si stringeva forte sulle ginocchia. Aveva dei buffi ciuffi di pelo che le spuntavano dai gomiti, ma non era certo quella la cosa più strana di quella bimba. Il naso era piccolo e schiacciato, con due piccole fessure al posto delle narici, che si andava ad unire al labbro superiore dandole l'aspetto di un buffo musetto da cagnolino. Le guance rosse incorniciavano il suo sguardo innocente e da cucciolo. Era strana ma bellissima e sorrideva piegando la testa verso destra.
 "Come ti chiami?" le chiese Lara, ma la bimba non rispose, articolò una specie di mugolio e poi scese coi piedi sul pavimento. Poggiava il peso su braccia e gambe come un quadrupede. Si avvicinò lentamente verso il letto. Lara fece uscire una mano da sotto le coperte e cercò di avvicinarla al musino della bambina che in tutta risposta la annusò e, dopo averci pensato un po', iniziò a leccarla con gli occhi colmi di felicità.
 Un rumore di passi nel corridoio mise la bimba in allerta. Con difficoltà cercò di alzarsi in piedi tenendo le mani ferme davanti al petto e le ginocchia piegate a metà. Quando la porta della stanza iniziò ad aprirsi, la piccola era di nuovo fuori dalla finestra. Scappata di nuovo. "Aspetta, non scappare!" provò a dire inutilmente Lara, ma la ragazzina era già lontana.
 Una signora molto piccola e corpulenta entrò nella stanza. Indossava una tunica di un azzurro molto chiaro, quasi sfumato e portava con sé un vassoio dal quale si alzavano nuvole di vapore. "Vedo che ti sei svegliata finalmente". Aveva i capelli raccolti dietro la nuca in una specie di cipolla e con i suoi piccoli occhi scrutava la ragazza. "Dove mi trovo?" provò a chiedere Lara nella speranza di avere un po' di chiarezza.
 "Ti trovi nell'ospedale di Hangwick. I tuoi amici ti anno portata qui ieri sera con una gamba rotta e la febbre alta. Ti abbiamo rimessa in sesto e ingessato la gamba. Adesso dovresti stare meglio"
 I suoi amici. Certo. Lara ricordò di Mallory e di Elliot. Ricordò la loro piccola avventura e all'improvviso le immagini confuse nella sua mente ripresero forma. Rivide Elliot che la abbracciava per tenerle caldo, che le dava la sua giacca, che le portava l'acqua fresca e che la proteggeva dai lupi. Elliot. Il ragazzo che aveva sempre odiato le aveva salvato la vita. Si accorse che senza volerlo aveva iniziato a sorridere. L'infermiera lo notò "Si vede che i tuoi amici ti vogliono bene. Quello con gli occhiali l'abbiamo dovuto cacciare via a forza dalla tua stanza. Ma vedrai che appena farà di nuovo giorno tornerà a farti visita."
 "Elliot!" esclamò Lara.
 "Si, mi pare si chiamasse così!"

 Lara ripensò a tutto quello che c'era stato tra loro e si chiese perché quel citrullo l'avesse presa tanto a cuore, ciononostante l'idea la rese felice. Si appoggiò la mano destra sulla bocca per evitare di rendere troppo evidente il suo sorrise e si accorse che era umida. La bambina gliel'aveva leccata tutta. "C'era una bimba, aveva la coda e le orecchie a punta, è entrata dalla finestra". L'infermiera continuò ad armeggiare con il vassoio dandole le spalle. "E' Mya. Una bimba perduta che vive nell'orfanotrofio dell'ospedale" disse girandosi e porgendo alla ragazza il vassoio. "Adesso tirati un po' su, devi mangiare qualcosa".
 Lara si sollevò a sedere spingendosi con le braccia e appoggiando la schiena al muro dietro il letto. "Bimba perduta?" chiese.
 "E' così che chiamiamo i bambini come lei. Vedi, noi di Hangwick siamo tutti mutaforma. Non sai cos'è un mutaforma? Beh, siamo noi, esseri che possono cambiare aspetto e assumere le sembianze di altri animali. Questa capacità è innata, ma si stabilizza dopo i 14 anni, è per questo che abbiamo delle regole ferree che impediscono ai nostri ragazzi di cambiare forma prima dei 16 anni. Mya è sempre stata una testa calda, fin da bambina. All'età di 8 anni provò a trasformarsi ma la cosa non le riuscì e rimase bloccata a metà tra le sembianze del nano e del lupo."
 Lara non aveva capito granché di tutto quel discorso, c'erano troppi concetti strani che sembravano più tipici di un romanzo che di una persona reale, ma effettivamente la bimba aveva diversi tratti somatici tipici dei lupi. Quando capì che cosa era successo alla piccola, Lara fu aggredita da una profonda tristezza. "Non devi preoccuparti, non può parlare, ma sa come farsi capire. E' più libera di quanto noi potremo mai essere e si diverte davvero con poco. Vive in un mondo tutto suo ma è felice. Una bambina innocua, soltanto molto curiosa, però se ti da fastidio chiamaci così te la togliamo di torno."
 "Non ce ne sarà bisogno" sorrise Lara pensando a quanto le sarebbe piaciuto rivedere Mya. Si mise a mangiare o, per essere più precisi, a bere il brodo caldo e gustoso che le aveva servito l'infermiera. Era buono e pieno di strane verdure. Funghi probabilmente. Lo ingollò tutto d'un fiato. Lo stomaco le si aprì come una voragine, la fame le attanagliava le viscere come mai prima d'ora. Fortunatamente il brodo era tanto e riuscì a placarle la fame, inoltre le diede una leggera euforia e la fece cadere nuovamente addormentata.

 Lara dormì per quasi tutto il giorno. Il suo corpo aveva bisogno di riposo per riprendersi dall'incidente, ma anche la sua mente necessitava di staccarsi un po' dalla realtà per rimettere ordine alle idee. Si trovava a disagio a pensare ad Elliot nelle vesti del suo salvatore, eppure l'idea non le dispiaceva. Si chiese se il professor Stevens le avesse fatto visita durante quel giorno, ma si accorse che la cosa non le interessava più di tanto. Mya era il punto interrogativo sul quale si soffermava di più. Era una bimba così misteriosa e adorabile ma al contempo la sua storia le sembrava così triste che voleva ad ogni costo approfondirne la conoscenza.
 La tenue luce dorata che penetrava dalla finestra si fece via via più intensa con il passare delle ore fintanto che Lara non riuscì più ad ignorarla e progressivamente iniziò a ridestarsi. Si era quasi del tutto svegliata quando sentì bussare alla porta. Doveva essere tardo pomeriggio e fuori dalla finestra le foglie dell'albero esplodevano di colori. Immobili riflettevano la luce esterna e disegnavano giochi di colori sul soffitto a volta. Elliot entrò lentamente nella stanza.
 Il ragazzo sembrava imbarazzato ma felice. Inciampò in una sedia e per poco non crollò sul letto. Si sistemò i capelli e gli occhiali e si mise a sedere sulla sgabello accanto a Lara. "Come stai?" chiese alla fine.
 "Ho avuto giorni migliori" Lara provò a nascondere il suo imbarazzo con l'indifferenza.
 "Ti volevo salutare" provò a dire Elliot.
 "Bene, ciao" esclamò perentoria Lara.
 "Ok, beh, allora vado" il ragazzo abbozzò un sorriso forzato e si alzò. Sistemò con cura lo sgabello sul quale era seduto e si avviò verso la porta.
 "Aspetta!" lo fermò Lara "Non andare!" la voce le si era ingentilita più del dovuto ma stavolta non cercò di nasconderlo. "Perché ti sei preso tanta cura di me?" Lara notò la faccia sorpresa di Elliot che si interrogava su come lei facesse a saperlo e aggiunse "Ho dei ricordi. Dei ricordi sbiaditi in cui ci sei sempre tu. Tu che mi scaldi, che mi dai da bere, che mi proteggi. Perché lo hai fatto? Credevo che mi odiassi" concluse la ragazza abbassando lo sguardo.
 "Io non ti odio!" quasi urlò Elliot. Sul suo volto impressa la preoccupazione che diceva 'come hai potuto anche solo pensarlo?'
 "Neanche io ti odio" disse lei infine sorridendo. Lara allungò la mano e spostò lo sgabello facendo segno ad Elliot di accomodarsi. Il ragazzo divenne il ritratto della gioia e ubbidientemente si rimise a sedere. I due parlarono per ore. Elliot le raccontò gli eventi del giorno prima, di come Peter e il professor Stevens si erano sacrificati per dar loro modo di fuggire. Le parlò dei Nani-Lupo e della loro incredibile città. Le raccontò di Kaila e di come li aveva aiutati a salvarsi ma non accennò nulla su quell'incendio che Lara aveva ben stampato nei ricordi. La luce esterna andava gentilmente scemando verso una leggera penombra.

 "Questa sera c'è una specie di riunione. Il Nano di nome Holtz dice che ci organizzeremo per andare a salvare Peter e il Prof" disse infine.
 "Voglio venire anche io" disse Lara.
 "Il dottore dice che ti rimetterai presto, ma ti ci vorrà comunque qualche settimana. Noi dobbiamo partire subito se vogliamo salvar loro la vita" cercò di dissuaderla Elliot, ma Lara abbassò lo sguardo e i suoi occhi si velarono di preoccupazione "Stai tranquilla. Torneremo sani e salvi. Ti riporterò indietro il tuo adorato professore". Elliot aveva un sorriso dolcissimo e le teneva la mano. Lara avrebbe solo voluto urlargli che era uno stupido perché non gliene fregava nulla del professore, voleva solo che lui non si facesse male. Cercò le parole per dirglielo ma alla fine cedette e si limitò a sorridere. Un sorriso tirato. Troppo forzato per passare inosservato. "Ehi, cos'è quella faccia?" chiese Elliot.
 "Ho paura per voi" rispose Lara con la voce rotta dal pianto. Elliot non rispose. Le sorrise e si alzò. Girò intorno al letto fino a raggiungere un mobile accanto alla finestra sul quale era appoggiata una lampada ad olio. La prese e la appoggiò accanto al letto in modo che Lara potesse vederla per bene. La ragazza si tirò a sedere sul letto senza capire cosa Elliot intendesse fare. Il ragazzo la fissò negli occhi, le sorrise e avvicinò una mano alla lampada. Dallo stoppino iniziò a guizzare una fiammella azzurra che prese rapidamente di intensità. Era una luce splendida e calda. Lara rimase stupefatta, ma poi capì. L'incendio della sera prima era divampato per mano di Elliot. Il ragazzo che aveva di fronte non era più il secchione con cui competeva in continuazione per i voti più alti. Era un'altra persona, qualcuno di cui potersi fidare. Lara sorrise e si tranquillizzò. I due si fissarono a lungo al chiarore della lampada, poi Elliot se ne andò "In bocca al lupo" le disse Lara mentre varcava la porta. "Basta lupi, ne ho visti anche troppi finora!" sorrise Elliot "ci vediamo al nostro ritorno, riguardati!" Lara fece cenno di sì con la testa ed Elliot uscì dalla stanza.

 Lara rimase per un po' di tempo a fissare la luce della lampada ad olio. Sembrava così bella. Cambiava colore in continuazione, dal rosso al verde all'azzurro. Quella fiammella danzante aveva letteralmente ipnotizzato la ragazza, tanto che non si accorse di avere visite. Un leggero fruscio attirò la sua attenzione e finalmente notò che c'era Mya seduta sul davanzale della finestra. Era tornata a trovarla. Teneva in bocca qualcosa, un bracciale fatto con dei sassetti bianchi. Si avvicinò al letto e appoggiò il dono sulle coperte. Vista la titubanza di Lara, Mya spinse col nasino il bracciale sulle coperte. Un paio di spinte e poi lo sguardo da cucciolo con le orecchie abbassate. Lara prese il bracciale e lo mise al polso destro. Mya saltò letteralmente di gioia e atterrò sulle coperte. Lara fece appena in tempo a spostare la gamba ingessata per evitare il peggio, ma comunque accusò il colpo.
 Mya si allungò con braccia e gambe al fianco di Lara e quando ritenne di aver occupato abbastanza spazio, iniziò a gattonare in cerchio per cercare una posizione comoda, infine si adagiò acciambellata sul materasso. Si addormentò quasi istantaneamente, o per lo meno fece finta solo per non essere scacciata, ma Lara non aveva alcuna intenzione di scacciarla. Prese le coperte e gliele adagiò sopra in modo da riscaldare entrambe. Mya emise un gemito di approvazione e si sistemò col musetto sulla spalla di Lara. Quell'immagine così familiare e serena fece tranquillizzare la ragazza che si lasciò cullare dal lento e ritmico movimento del respiro della bimba. Le due ragazze si addormentarono insieme. Lara aveva trovato una nuova amica.


3 commenti:

  1. Questo racconto diventa ad ogni capitolo più interessante e coinvolgente, ti rinnovo i miei complimenti, questa storia sa farsi leggere ;)

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  2. Ehheheheheh. fa piacere sapere che continua a piacerti ciò che scrivo.
    Non vedo l'ora di finire il libro così da potermelo rileggere con calma su carta stravaccato sul divano :D

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  3. Mia-E'-Bellissima!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
    La scena finale.... mi ricorda certe serate sul divano con la più dolce delle cagnoline XD

    Come al solito ho preso i miei appunti <3

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