mercoledì 12 gennaio 2011

L'Ospedale

 La notte era trascorsa veloce e tranquilla. La stanchezza e l'agitazione degli ultimi giorni avevano fatto sprofondare Kaila in un lungo sonno ristoratore. Aveva dormito come una bambina lasciando un'abbondante chiazza di bava sul suo cuscino nuovo. Non ricordava di aver fatto sogni particolari, non come quelli che l'avevano perseguitata nelle ultime settimane. L'unica cosa che le era rimasta in mente era l'immagine di un volo. Aveva questa immagine sbiadita in mente di lei che volava come mai aveva fatto prima d'ora e, diciamocelo, Kaila di voli ne aveva fatti fin troppi. Questa volta era diverso. Vedeva delle grandi e possenti ali. Niente ansia ne paura, solo la splendida sensazione del vento tra i capelli, del vuoto che ti avvolge, della libertà che ti culla.
 La felicità di quel sogno l'aveva fatta svegliare di buon umore. Tutti le preoccupazioni erano quasi accantonate. Felz in pericolo? Ci avrebbero pensato i Nani. Lara ferita? Ci avrebbero pensato i Nani! Nikolas alle calcagna? Ci avrebbero pensato i Nani!! L'atmosfera che respirava era come quella che precedeva i giorni di festa, quando l'unica preoccupazione era scegliere il vestito più adatto per uscire -anche qui, Kaila di vestiti ne aveva fin troppi- Il suo preferito glielo aveva regalato il padre per il suo quattordicesimo compleanno. Uno splendido vestito bianco panna con un corpetto verde e la gonna lunghissima che quasi le faceva da strascico. Lo indossava solo in occasioni speciali e le sarebbe piaciuto moltissimo averlo lì con se in quel momento. Roth, il figlio del panettiere, non ne era molto entusiasta e questo gli aveva fatto perdere parecchi punti agli occhi di Kaila. La ragazza si sorprese a chiedersi se a Mallory sarebbe piaciuto e l'idea la fece arrossire.

 Cercò di guardare la sua immagine riflessa nel vetro della finestra. La cosa risultò più complessa del previsto, un po' perché la camera non era abbastanza illuminata, un po' perché la finestra non aveva vetri. Alla fine riempì d'acqua una bacinella dal fondo scuro che le avevano lasciato in camera e finalmente riuscì a specchiarsi. Le increspature dell'acqua deformavano il suo volto, ma anche così i segni della stanchezza erano più che evidenti. Profonde occhiaie solcavano il suo viso e le sue iridi erano irrorate di sangue. Si fissò per qualche minuto tirandosi le guance fino a farsi venire gli occhi a mandorla, la cosa la fece sorridere e così iniziò a giocare con la sua espressione modellando con le mani il suo volto fino a formare delle facce buffe. Non le importava se il suo aspetto non era perfetto, si sentiva comunque carina e la cosa la faceva sentire bene.
 Sul comodino accanto al letto aveva trovato degli abiti puliti. Un vestito marrone con dei laccetti sul corpetto per regolarne la larghezza. Aveva una gonna lunga, o per lo meno lunga per un Nano, e quindi a Kaila cadeva poco sotto il ginocchio. C'erano anche dei calzari, erano fatti con dei lacci di cuoio larghi un pollice che si intrecciavano sul piede fino ad arrivare a metà polpaccio. Kaila non aveva mai visto delle scarpe così, ma le trovò decisamente comode e fresche, forse solo un po' strette. Si sciacquò la faccia immergendola completamente nella bacinella. Assaporò il freddo intenso dell'acqua che le bagnava i capelli. Agitò la testa per riscuotersi e cancellare ogni traccia di sonno residuo. Indossò con cura il vestito che le avevano donato e si sistemò i suoi corti e umidi capelli ricci legandoli dietro la nuca con un fermaglio in legno che aveva nella sua sacca.

 In quella città era tutt'altro che semplice determinare l'ora del giorno. Kaila aveva capito che la luce emessa dalla grossa gemma ambrata che troneggiava al centro della cupola mutava di intensità col passare del tempo. Non si spegneva mai, quindi non c'era un momento in cui il buio regnava sovrano, un qualcosa che potesse essere chiamato Notte, però notò che in quel momento lo splendore del cristallo era molto più vivo rispetto a quando erano arrivati la sera prima. Di sicuro la luce non era accecante come quella del sole di mezzogiorno, ma consentiva una buona visibilità.
 Kaila iniziò a passeggiare per le vie della città con la meraviglia dipinta sul volto, ogni cosa che vedeva le sembrava magica e stupenda. Le case erano del tutto simili a quelle di Hangwick, quella di fuori, perché anche la città dei Nani si chiamava Hangwick. Le vie però erano più strette, vuoi perché lo spazio era limitato, vuoi perché non erano pensate per gli esseri umani. Probabilmente Kaila era la prima esponente della razza degli Uomini che calcava quelle vie. La cosa suscitava un certo interesse nei passanti che la incrociavano e subito abbassavano lo sguardo -non che Kaila sarebbe riuscita a fissarli negli occhi se avessero continuato a guardare diritto-.

 La ragazza era come un gigante in mezzo a quella gente e, doveva proprio ammetterlo, la sensazione le piaceva. Si diresse verso il mercato che ormai era nel pieno delle attività quotidiane. Voci e rumori rimbombavano tra i chioschi. Profumi nuovi e inconsueti riempivano l'aria. Stoffe e oggetti strani coloravano il paesaggio. Kaila avrebbe voluto comprare tutto, ma per fortuna non aveva soldi con se, o per lo meno, con somma gioia del suo borsello, non ne aveva di un conio accettato da quelle parti.
 Una bambina le si fece vicina e allungò un braccio per tirarle la gonna e attirare la sua attenzione. Aveva in mano una ciotolina da cui si alzava un buon odore di verdure e cipolle. "Colazione?" le chiese dolcemente contraendo le sue paffute guanciotte in un sorriso dolcissimo. "Grazie!" sorrise Kaila. Si inginocchiò per prendere l'offerta dalle mani della bimba la quale si riempì di felicità  e scappò via correndo e chiamando la madre. Una donna poco più alta di un metro e qualche spanna prese in braccio la bambina e le sorrise, poi si voltò verso Kaila e fece cenno di saluto con la mano. Kaila si alzò in piedi e fece un inchino per ringraziare, poi si voltò e riprese a camminare.
 Il contenuto di quel piatto era ancora caldo e fumante. Sotto uno strato di verdure grigliate giaceva un letto di un qualche cereale sconosciuto dai grani molto piccoli. Era molto speziato ed aveva un sapore quasi dolciastro e un po' piccante. Kaila mangiò di gusto con le mani, assaporò ogni granello e ogni verdura leccandosi anche le dita. Aveva fame, questo è vero, ma quel cibo così curioso era davvero buono.
 Continuò a vagare per un po' tra le bancarelle fermandosi di tanto in tanto ad ammirare i manufatti così particolari di quel popolo così sconosciuto. Kaila sapeva la storia dei Nani, come sapeva quella degli Elfi e della altre creature magiche. Le aveva imparate tramite i racconti dei cantastorie e le favole che il padre le narrava prima di metterla a dormire. La sua idea di quella gente si perdeva al confine tra il fantastico e il concreto. Eppure lì era tutto così reale e al contempo magico. Si sentiva come in un sogno, uno di quelli che non hanno per forza un significato. Un sogno come non ne faceva da molto tempo. Un sogno e basta. Nulla da capire, nulla da interpretare. Niente di spaventoso o di inquietante. Solo un sogno.

 A metà mattina -o almeno quella che sarebbe dovuta essere metà mattina, ancora non si regolava bene coi tempi- decise di lasciare il mercato e di esplorare il resto del borgo. Kaila era affascinata da quelle architetture così precise e armoniose. Non assomigliavano affatto a quel cumulo aggrovigliato di case che spuntavano sulle strade di Elengar. Una cosa che notò subito erano le mura delle abitazioni. Lisce. Non avrebbe saputo come altro definirle. Sembravano dei fogli di carta, di quella buona tra l'altro. Kaila non riusciva a distinguere un mattone dall'altro. Erano tutti così ordinati e ben amalgamati che sembravano un unico blocco compatto. Si chiese come fosse possibile una cosa del genere e si ritrovò più volte ad accarezzare stupita quelle superfici così levigate.
 Continuò ad aggirarsi per le vie ammirando ogni elemento architettonico e profondendosi in centinaia di inchini per salutare di volta in volta i paesani che incontrava. Alla fine arrivò in un grande piazzale -si parla sempre in proporzione, non sarà stato più grande della cantina di Ivan- che stava ai piedi di un grande edificio dal quale andavano e venivano molte persone. "Cos'è quello?" chiese ad uno dei passanti indicando il palazzo. "E l'ospedale... un posto dove curiamo la gente" rispose quello parlando al rallentatore, come se non fosse sicuro che la ragazza fosse in grado di capire. Kaila sapeva cosa fosse un ospedale, ma mai ne aveva visto uno. Pensò che probabilmente era lì che avevano portato Lara e decise di farle una visita.

 Lara era una figura astratta nella mente di Kaila. L'aveva sempre avuta al fianco, si era preoccupata per lei, ma non aveva mai neanche sentito la sua voce. Non conosceva il colore dei suoi occhi, ne sapeva cosa le fosse capitato, sapeva solo che i suoi amici avevano rischiato la vita pur di proteggerla e questo le dava la misura di quanto fosse importante. Kaila si sentiva un po' un estranea quando si trovava in compagnia di Elliot e Mallory e in un certo senso era curiosa di scoprire cosa legasse quello strano gruppo di ragazzi. 
 Varcato l'ingresso dell'ospedale, Kaila si ritrovò in una grande sala dove decine e decine di piccoli scranni erano disposti in file ordinate. Persone di ogni età se ne stavano sedute qua e la. Ognuno cercava di tenersi occupato in qualche maniera e di tanto in tanto un Nano con una lunga tunica chiara si avvicinava a qualcuno. I due scambiavano poche parole dopodiché uscivano insieme dalla sala.
 C'era solo una grande porta che dava verso l'interno. Da lì passavano tutti. Accanto alla porta c'era un grosso tavolo con un paio di persone sedute dietro intente a scrivere su dei grandi libri. Kaila si avvicinò circospetta senza sapere bene cosa doveva fare. Arrivò davanti ad uno dei due Nani seduti dietro il tavolo e la sua ombra coprì il libro vergato da una fine scrittura. Il Nano, un po' infastidito dall'improvvisa mancanza di luce, alzò lo sguardo verso la ragazza "Nome?" Kaila rimase un po' spiazzata da quella domanda, tutto si sarebbe aspettato tranne che le chiedessero il nome, e poi così a bruciapelo. "K-Kaila" rispose timidamente. "Motivo della visita?" inquisì l'altro. Aveva uno sguardo arcigno e sembrava anche un po' seccato. Sul libro aveva appena scritto il suo nome, o meglio, aveva scritto 'K-Kaila', che non era esattamente il suo nome, ma era l'unica cosa che era riuscita a farfugliare.

 "Dovrei vedere una mia... beh, è alta... cioè, insomma..." Kaila si sentiva profondamente in imbarazzo e non riusciva a mettere insieme una frase di senso compiuto. "Si si, ho capito, non capita spesso di avere pazienti della vostra... statura" disse il Nano squadrando Kaila dal basso verso l'alto. "Terzo piano, Corridoio 'A', quinta stanza a destra" disse infine indicando la porta che aveva alle spalle e abbassando nuovamente lo sguardo sul libro.
 Kaila si allontanò lentamente e si diresse verso la porta. Non aveva maniglia e non riusciva a capire come andasse aperta, poi all'improvviso quella si spalancò e due tizi ne uscirono accompagnando un terzo che camminava poggiando il peso su due bastoni di legno. Kaila colse al volo l'occasione e inforcò la porta prima che questa potesse richiudersi. L'ultima cosa che riuscì a sentire fu la voce del Nano che dal suo tavolo le urlava che bastava spingere per aprire la porta, poi fu il caos più totale.
 Persone che correvano da una parte all'altra, urla di dolore, pianti e un vociare incessante. Kaila non aveva mai visto tanta agitazione e non sapeva come muoversi. Intimorita cercò delle scale e iniziò a salire di corsa. Un paio di Nani in camice le urlarono di non correre, ma lei non li ascoltò finché non raggiunse il terzo piano. Lì la situazione era più tranquilla. Due corridoi partivano dal pianerottolo e correvano nelle due opposte direzioni, accanto a quello di sinistra c'era un cartello di legno con sopra impressa la lettera 'A', Kaila iniziò a percorrerlo con cautela.

 La quinta stanza a destra del corridoio 'A' del terzo piano aveva la porta spalancata. Al suo interno c'era solo un letto ed una cassapanca. Un vaso di fiori era appoggiato sul davanzale della finestra aperta che dava su un cortile interno. Si riuscivano a intravvedere degli strani alberi dalle foglie rosse e dai rami tozzi che lambivano immobili l'edificio. Kaila non aveva ancora incontrato della piante in quella città, ed effettivamente era impensabile che qualcosa potesse crescere lì sotto in assenza della luce del sole. Quelle dovevano essere piante particolari, forse magiche.
 Lara era sdraiata sul letto. Sembrava profondamente addormentata. Dalla coperta sporgeva la sua gamba sinistra. Era completamente avvolta in un bendaggio spesso e apparentemente rigido. Sicuramente una soluzione molto più complessa delle stecche utilizzate da Mallory, ma altrettanto più efficace. Kaila rimase impalata sull'uscio della stanza. Non voleva svegliare Lara e anche se lo avesse fatto non avrebbe saputo cosa dirle. Si rese conto che probabilmente Lara non sapeva neanche chi fosse. Rifletté a lungo e alla fine concluse che non aveva senso rimanere lì, era meglio andarsene e lasciare la ragazza al suo meritato riposo. Si soffermò a guardarla, aveva un aspetto così sereno che la fece sorridere. L'avevano salvata, avevano penato tanto ma alla fine l'avevano salvata. Kaila era felice. 

 "Perché non entri?" La voce arrivò da dietro e fece sussultare Kaila. Si voltò a cercarne la fonte e si ritrovò di fronte ad Holtz "Scusami, non volevo spaventarti, sei qui per Lara?".
 "No, cioè, sì, ero passata a vedere come stava. Sembra stia bene, quindi ora vado." rispose la ragazza.
 "Non scappare, ti stavo cercando" disse Holtz.
 "Oh, beh, mi hai trovata" Kaila cercò di tagliare corto e fece come per incamminarsi verso le scale ma Holtz la fermò.
 "La tua amica è stata fortunata, aveva la febbre alta, ma i nostri sciamani sono riusciti a curarla."
 "Beh, non siamo proprio amiche. In realtà credo che neanche sappia chi io sia."
 "Avremo cura di farle sapere che è merito tuo se si è salvata."
 "In realtà sono stati Mallory ed Elliot, io non ho fatto nulla" precisò Kaila abbassando lo sguardo imbarazzata.
 "Capisco, beh, adesso è al sicuro. Venendo a noi, ho notizie di tuo fratello."
 L'interesse di Kaila si accese improvvisamente. Sgranò gli occhi in un'espressione di assoluta preoccupazione, come se tutta la tranquillità che aveva avuto al mattino fosse svanita nel nulla in un solo istante.
 "Non ti preoccupare, sta bene. L'abbiamo raggiunto a Salingar. Ti manda a dire che è al sicuro e che andrà insieme ai nostri a prelevare tuo padre per condurlo a Fernorz, una delle nostre comunità a sud del paese. Quando vorrai potrai raggiungerlo."
 Il sorriso di Kaila si accese e fu quasi sul punto di abbracciare Holtz, quando dal nulla uno strano animale spuntò di corsa passando in mezzo ai due e speronandoli. Kaila riuscì a notare soltanto una lunga coda argentea che spuntava da sotto una leggera veste bianca. "Fermati, dove corri!" Una donna  con una tunica chiara cercava di inseguire -arrancando- il fuggiasco e quando fu davanti ai due si fermò un attimo a riprendere fiato. "Vi chiedo scusa, la nostra piccola Mya è scappata e non riusciamo più ad acchiapparla" senza attendere risposta si rimise a correre svoltando in uno dei corridoi laterali.
 Holtz seguì la scena con lo sguardo divertito e poi si rivolse di nuovo a Kaila "Tutto bene?"
 "S-si, mi ha presa di sorpresa."
 "Quella piccola peste farà impazzire le infermiere di questo posto."

 Kaila fece finta di sorridere ma non aveva ancora ben chiaro cosa fosse accaduto. "Stasera è stata convocata una riunione" riprese Holtz "Tu ed i tuoi amici dovrete presenziare. Vi passerò a prendere intorno alle 17". Si incamminò verso le scale ma questa volta fu Kaila a fermarlo.
 "Ehm..."
 "Qualche problema?" chiese il Nano.
 "Come si fa a capire quando sono le 17?" chiese Kaila imbarazzata. Holtz sorrise e tornò indietro verso la ragazza. Infilò una mano in tasca e ne estrasse un oggetto argenteo. Era sottile e circolare con un perno al quale era legata una catenella. Holtz premette sul perno e una specie di coperchio scattò rivelando una calotta di vetro con sotto un quadrante. 
 "E' un orologio!" esclamò Kaila meravigliata.
 "Si" confermò Holtz sorpreso da tanta eccitazione.
 "Scusa è che non ne avevo mai visto uno così piccolo. Addirittura lo si può mettere in tasca"
 "Già, voi Umani non ve la cavate molto bene con le cose tecnologiche, comunque suppongo tu sappia come funzioni."
 Kaila prese l'orologio e lo squadrò da ogni angolazione. Era bellissimo. Era grande esattamente quanto il palmo della sua mano e aveva degli splendidi decori sulla scocca metallica.
 "Beh, la lancetta corta indica le ore, mentre quella lunga i minuti" disse infine. Holtz le sorrise e la salutò lasciandola sola col suo nuovo oggetto delle meraviglie.
 La ragazza impiegò alcuni minuti prima di accorgersi di essere nuovamente sola. Era troppo presa dall'orologio. Quando si riscosse realizzò anche ciò che Holtz le aveva detto. Lei e gli altri avrebbero dovuto presenziare ad una qualche riunione. Improvvisamente ricordò tutto. La sera prima, quando aveva incontrato per la prima volta Holtz e suo fratello Karl, i due avevano parlato di una profezia che la riguardava. Un'altra. Come se il diario di sua madre non fosse sufficiente. Diario che si trovava di nuovo lontano, di nuovo in pericolo. Kaila pregò che il fratello si ricordasse di prenderlo uno volta a casa.


2 commenti:

  1. L'abbondante chiazza di bava è decisamente poco poetica °____°

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  2. Bello, molto interessante e scorrevole! Mi è piaciuto conoscere nuovi aspetti di Kaila e sono felice di aver visto - anche se ancora di sfuggita per il momento - apparire la piccola Mya XD

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