Il fatto che uno si trovi a dover affrontare una situazione straordinaria -e per straordinaria si intende solo qualcosa che esca dall'ordinario, niente di più- non significa che automaticamente quel qualcuno sia in grado di sopportarne lo stress.
Ragioniamo un attimo sulla cosa. Siamo finiti in chissà quale modo su chissà quale mondo che per una qualche strana ragione assomiglia ad una versione riveduta e corretta del nostro periodo medievale. Dove creature mitologiche e credenze popolari antiche sono la normale realtà. Dove la gente va in giro con arco e freccia e prende di mira i primi sprovveduti che hanno l'ardire di teletrasportarsi qui. Sì, ho detto 'teletrasportarsi'. Già perché pare sia questo il sistema con il quale siamo arrivati qui -ammesso che questo 'qui' esista realmente- perché assomiglierà in tutto e per tutto al medioevo, ma qui la gente si teletrasporta -oltre ovviamente a girare con i suddetti archi e con le suddette frecce. Lasciate che lo ripeta: la gente si teletrasporta. Ehi Enterprise, qui ce ne sono 5 da teletrasportare... una cosa del genere, solo senza l'astronave strafighissima e senza i pigiamini colorati imbarazzantissimi. Alla fine è così che uno si immagina il teletrasporto. Una pedana, una console, lo sfigato di turno che preme un pulsante, la nebbiolina dorata a forma di tubo -et voilat- ti trovi a mille miglia dalla superficie terreste. E invece no, siamo ancora sulla superficie, ma non la nostra cara, vecchia e inquinata superficie. No, siamo 'qui' dove la gente ti tira le frecce, si trasforma in lupi o appicca il fuoco con la sola imposizione delle mani.
Ragioniamo un attimo sulla cosa. Siamo finiti in chissà quale modo su chissà quale mondo che per una qualche strana ragione assomiglia ad una versione riveduta e corretta del nostro periodo medievale. Dove creature mitologiche e credenze popolari antiche sono la normale realtà. Dove la gente va in giro con arco e freccia e prende di mira i primi sprovveduti che hanno l'ardire di teletrasportarsi qui. Sì, ho detto 'teletrasportarsi'. Già perché pare sia questo il sistema con il quale siamo arrivati qui -ammesso che questo 'qui' esista realmente- perché assomiglierà in tutto e per tutto al medioevo, ma qui la gente si teletrasporta -oltre ovviamente a girare con i suddetti archi e con le suddette frecce. Lasciate che lo ripeta: la gente si teletrasporta. Ehi Enterprise, qui ce ne sono 5 da teletrasportare... una cosa del genere, solo senza l'astronave strafighissima e senza i pigiamini colorati imbarazzantissimi. Alla fine è così che uno si immagina il teletrasporto. Una pedana, una console, lo sfigato di turno che preme un pulsante, la nebbiolina dorata a forma di tubo -et voilat- ti trovi a mille miglia dalla superficie terreste. E invece no, siamo ancora sulla superficie, ma non la nostra cara, vecchia e inquinata superficie. No, siamo 'qui' dove la gente ti tira le frecce, si trasforma in lupi o appicca il fuoco con la sola imposizione delle mani.
Uno potrebbe chiedersi quale sia la connessione tra queste cose -ed è quello che sto cercando di fare- ma al massimo riuscireste a cavarne un mal di testa colossale. La cosa assurda è che il fuoco non lo appicca uno stregone canuto col cappello a punta e il bastone di legno in mano, bensì il mocciosetto che fino all'altro ieri tenevo con la testa infilata nello scarico del cesso.
Che poi su questo punto bisogna spenderci un paio di parole. Elliot è un ragazzino fortunato di quelli che hanno una famigliola perfetta con una casetta perfetta con sul vialetto parcheggiata una macchina perfetta. Niente di più diverso da me e da quella che è la mia vita domestica. Me ne rendo conto solo ora che alla fine la cosa che più mi dava urto in quel ragazzino era la sua totale e inconsapevole tranquillità. Quella felicità semplice e quasi indesiderata che a me non è stata concessa. Una famiglia come la sua la si trova di solito con la faccia stampata sulle cartoline di benvenuto nelle città o sulle brochure delle agenzie immobiliari -e guarda caso sua madre fa l'agente immobiliare.
Alla fine Elliot non è tanto diverso da me, solo che la vita non l'ha messo nelle condizioni di essere in grado di gestire una situazione del genere. E qui torniamo all'incipit del capitolo: come fa una persona normale a gestire una situazione anormale? La risposta è semplice: non lo fa! Il più delle volte esplode, e non nel senso che da fuoco al primo bosco che gli capita sottomano. No, quello diciamo è più un effetto collaterale. Uno esplode coi nervi. Cede. Si dispera in maniera insensata. E già che c'è fa esplodere altra roba. Ecco, crisi di nervi e super-poteri sono cose che non possono andare a braccetto. Ve lo immaginate Superman che perde il senno perché imbottigliato in mezzo al traffico? Ci avevano anche fatto un film su una super-eroina che veniva scaricata dal fidanzato e dava di matto... Ecco, diciamo che è il caso di evitare una situazione del genere.
Ok ok, lo ammetto, un minimo mi sento in colpa. Non che sia del tutto colpa mia se siamo finiti qui, ma tutto sommato esiste la remota possibilità che la mia irresponsabile avventatezza possa averci condotti qui. In un certo senso mi sento responsabile della vita di questi miei compagni improvvisati. E' per questo che mi sono dato tanta pena per salvare Lara e perché farò di tutto per andare a salvare quell'idiota di Peter che si è fatto rapire insieme al professore -idioti.
Elliot ha bisogno di qualcuno che lo sorregga in questo momento. Un po' per evitare che diventi un pericolo per se e per chi gli sta intorno -ad esempio per me- un po' perché a conti fatti queste sue nuove abilità ci possono fare estremamente comodo durante la missione che stiamo per intraprendere. C'è bisogno di qualcuno che lo guidi e lo aiuti a scoprire e controllare il suo potenziale e quel qualcuno non può essere nessun altro se non io.
Vivere in una situazione di costante allerta mi ha dato la capacità di comprendere le persone e le loro intenzione semplicemente guardandole. Nel mio zaino porto sempre l'occorrente per il pronto soccorso e per la 'sopravvivenza spicciola', ovvero quelle piccole cose che ti permettono di cavartela in qualsiasi situazione imprevista. Eredità di quella triste parentesi della mia vita in cui fui costretto a fare lo scout... ma su questo argomento stendiamo un velo pietoso.
Questo è solo per dire che dalla vita mi aspetto sempre il peggio e cerco di farmi trovare preparato. Una dote di cui adesso abbiamo molto bisogno e che, insieme ai poteri di Elliot potrebbero tirarci fuori da questo impiccio -ammesso che esista un modo per cavarsela.
Va bene, va bene. Non è questo l'unico motivo per cui ieri sera sono andato a trovare Elliot. E' che un po' lo sto rivalutando. Una volta superata la naturale repulsione per gli sfigati come lui, scopri che non è poi così malaccio. In realtà riesce anche ad essere simpatico. Certo, a modo suo, però potrei anche considerare l'idea di stringerci amicizia.
Non sarebbe male per una volta avere al fianco una persona che stia con te per sua scelta e non per paura delle eventuali ritorsioni. Diciamo che potrebbe essere un piacevole diversivo.
Ora, lasciando da parte tutti questi vaneggiamenti su Elliot e sui miei immeritati sensi di colpa, resta il fatto che c'è una missione da portare a termine e, non per ripetermi, ma qui la gente ti tira addosso le frecce. Quanto meno dalla nostra abbiamo i lupi che, a quanto mi dicono, sono temuti anche da queste parti. Inoltre con questi particolari lupi ci si può anche parlare, basta solo cercare di non ridere sulla loro statura, ma per il resto sono amabilissimi.
Si sono costruiti questa città-fortezza al riparo dal mondo esterno per non dover convivere con la repulsione e l'odio che gli umani gli tributavano. In un certo senso mi sento anche troppo vicino a loro. Sarà forse per questo che mi trovo così a mio agio in mezzo a loro. Girando per il mercato, parlando con la gente, vagando per le vie del borgo... per la prima volta in vita mia mi sono sentito veramente a casa. Loro ci aiuteranno e di sicuro non ci abbandoneranno e, qualora non riuscissimo a trovare un modo per tornare a casa, penso che non mi dispiacerebbe rimanere a vivere qui. No! Ho promesso ad Elliot che lo avrei aiutato e ci avrei riportati tutti nel nostro mondo e, anche se fatte ad un idiota, le promesse vanno onorate.
E poi c'è Kaila. Ok, non c'entra nulla col discorso, però da quando l'abbiamo incontrata ogni tanto mi ritrovo a pensare a lei senza alcun motivo apparente. In pratica si potrebbe dire che se siamo in mezzo ai guai sia colpa sua -a riprova del fatto che non dovrei assolutamente sentirmi in colpa- però ogni volta che la vedo mi si forma un nodo in gola. La stessa sensazione che si prova quando si mangia troppo di fretta e qualcosa ti si blocca a metà via tra la gola e lo stomaco. Tu di dai una serie di colpi furiosi sul petto, ma quel boccone non va né su né giù! Non ti stai strozzando, però senti quel fastidioso senso di oppressione dietro lo sterno che ti fa impazzire.
Ti prende all'improvviso, senza che te lo aspetti. Tu sei lì che cerchi di spiccicare due parole e quelle ti muoiono in gola, ti si confondono, si perdono. Probabilmente quella ragazza penserà che sono un idiota, o peggio ancora, un timidone. Vorrei prenderla a pugni solo per il gusto di cancellare quel sorrisino imbarazzato che le si stampa sulla faccia ogni volta che rimaniamo in silenzio. Di occasioni ce ne sono state, ma puntualmente me ne sono rimasto lì impalato a fare il deficiente.
Prendiamo ad esempio stamattina. Stavo cercando Holtz, il tipo che ci ha salvato dal novello Robin Hood che ci inseguiva, per chiedergli informazioni sul conto della magia. Ho promesso ad Elliot che lo avrei aiutato, ma sinceramente non avevo proprio idea di dove iniziare. Non avendo a disposizione un computer, e dubitando fortemente che comunque avrei trovato informazioni utili su Wikipedia, ho pensato di rivolgermi a qualcuno del posto che sapesse indirizzarmi. Insomma, chiedo in giro di questo Holtz e vengo indirizzato da un simpatico mercante verso l'ospedale -a proposito, se passate da queste parti e vi fermate a mangiare, lo Shurap è ottimo, ricorda molto il cous-cous, ma evitate come la peste il Rabilh... mai mangiato nulla di più orribile! Sa di pesce marcio infilato in un calzino usato da più di una settimana da qualcuno affetto da una grossa disfunzione alle ghiandole sudoripare. Non mi sono fermato ad indagare sulla ricetta.
Arrivai all'ospedale in tarda mattinata. Rispetto alla sera prima c'era un via vai di gente incredibile e all'interno era possibile vedere lo stesso tipo di frenesia tipica di un pronto soccorso nostrano. Mi recai al banco dell'accettazione per chiedere di Holtz quando la porta che dava sui locali di ricovero si spalancò con una furia incredibile e una ragazza ne schizzò fuori. Ci misi un po' a riconoscerla per via del suo strano abbigliamento. Oddio, non che fosse strano, solo un po' inusuale. Evidentemente anche a lei i Nani avevano fornito degli abiti puliti, e lei li aveva persino indossati. Quasi d'istinto mi venne da chiamarla: "Ehi Kaila, dove corri?"
Lei si bloccò all'istante e si voltò verso di me. In quel momento ho avuto come l'impressione che il mondo si spegnesse. Non del tutto, solo il volume. Come quando ricevi una telefonata e togli l'audio al film che stanno dando in TV per poter rispondere. Neanche mi accorsi che si stava avvicinando. O meglio, me ne accorsi, ma non credevo fosse reale. Era come se un faro illuminasse solo lei che camminava al rallentatore verso di me. Niente suoni, niente rumori, niente voci. Solo quegli splendidi occhi verdi e quel sorriso luminoso in una splendida cornice di capelli ricci e neri come la notte. Ok, sto decisamente male. Anche solo a ripensarla mi viene il magone. Mi si attiva il gene della poesia che di solito faccio di tutto per mantenere accuratamente spento. Ammettiamolo, Kaila è una bella ragazza. Forse a scuola ce ne sono di più carine, ma nessuna ha quel sorriso, quegli occhi e quello splendido incedere delicato... AAAAAHHHH! Stupido gene della poesia! Spegniti!
Sta di fatto che una volta arrivata di fronte a me, il cervello mi è letteralmente andato in pappa! Ho cercato di parlare, ma credo mi siano uscite dalla bocca solo delle sillabe sconnesse e probabilmente sono anche arrossito. Che figuraccia!
Alla fine riuscii ad articolare qualcosa del tipo 'hai per caso visto Holtz?' ma con in mezzo molte ma molte più consonanti e vocali buttate lì a casaccio. Quando nominai Holtz il suo sguardo si velò di tristezza e accennò a chinare il capo. Per un attimo pensai che la tremenda onta di averle arrecato tristezza andasse lavato col sangue -il mio sangue- ma per fortuna durò soltanto un attimo. Lei si riprese quasi subito e mi mostrò nuovamente il suo raggiante sorriso. Iniziò a parlarmi con quella sua voce melodica, i capelli corti che danzavano dolcemente sulla sua testa, le sue labbra carnose e vermiglie che si muovevano sinuosamente, i suoi occhi ambrati che mi fissavano con quel meraviglioso sguardo penetrante -ok, mi sono completamente arreso al gene della poesia, tanto non riesco a controllarlo. Ero completamente annientato da tutta quella bellezza che quando finì di parlare mi resi conto di non aver ascoltato neanche una parola di quello che aveva detto.
Mi guardò intensamente come per chiedermi se avevo capito e l'unica cosa che riuscii a pensare era che se non le davo subito un bacio avrei rischiato di esplodere. Non la baciai -non sono ancora così perduto- né tantomeno esplosi. Biascicai qualcosa di incomprensibile che nella mia mente doveva suonare come un 'Ok, grazie!' così lei si sentì soddisfatta, mi salutò e se ne andò per la sua strada.
Rimasi a fissare per qualche minuto il punto della porta dalla quale era uscita e alla fine riuscii a riprendermi. Tutte le funzioni neuronali tornarono a pieno regime e riuscii nuovamente a connettere i pensieri. Quello che ne uscì fuori fu: 'Cavolo, ancora non so dove trovare Holtz!'
Mi voltai verso il tizio seduto dietro il banco dell'accettazione e gli chiesi: "Ehi amico, hai per caso sentito quello che mi ha detto la ragazza mora?" quello fermò la mano che scriveva freneticamente sul registro e lentamente alzò lo sguardo verso di me. Non che fosse possibile fare un paragone, ma se lo sguardo di Kaila era il Paradiso, quello del nano era l'Inferno. Mi fissò con un'aria imbronciata, seccata e annoiata allo stesso tempo. Il suo naso adunco sembrava indicarmi con fase accusatorio e alla fine, quando parlò, ogni lama sembrò un rasoio tagliente e arroventato: "Di un po', ti sembro forse una segretaria?"
"Ehi, scusa. E' solo che... Ok, fai finta di niente"
"Vedrò cosa posso fare"
E con lo stesso identico movimento -solo in direzione contraria- abbassò di nuovo lo sguardo e riprese a scrivere.
Passai quasi tutto il giorno a vagare per la città, ogni volta che abbassavo lo sguardo e cercavo di non pensare a nulla, il bel visino di Kaila mi si formava in mente. Ma si può? Mi sentivo -e mi sento- veramente ridicolo.
Comunque, tornando ad Holtz, alla fine lo trovai, beh, più che trovarlo gli sono letteralmente inciampato addosso. Ero come al solito perso nei miei pensieri -e quindi sistematicamente pensavo a Kaila- quando da un angolo mi sbuca davanti guardando dall'altra parte e mi arriva diritto addosso. Anche lui stava cercando me, voleva informarmi della riunione che si terrà stasera e mi chiese di avvisare anche Elliot. Elliot... uhm, mi dice qualcosa questo nome... Non è una battuta, li sul momento mi ero proprio dimenticato del perché stessi cercando Holtz. Continuavo a vagare per il borgo cercandolo solo perché quello era l'unico pensiero al di fuori di Kaila che riuscissi a focalizzare.
"Senti, a proposito di Elliot, ti volevo chiedere alcune cose."
"Dimmi pure" fece lui "cosa gli è successo?"
"Beh, non è che gli sia proprio successo qualcosa, anzi, sarebbe più corretto dire che è lui che fa succedere delle cose."
Il cervello non mi era ancora tornato del tutto in funzione, e quindi vedevo la faccia perplessa di Holtz mentre io cercavo di raccapezzarmi tra i miei pensieri confusi.
"In che senso fa succedere delle cose?" mi chiese. Aveva uno sguardo molto paziente. Sembrava una persona estremamente matura, nonostante mi arrivasse a stento all'altezza delle spalle.
"Beh, cose... cose magiche... tipo accende il fuoco" e qui penso di essermi giocato ogni parvenza di serietà perché Holtz iniziò a guardarmi come io di solito guardo la mia bisnonna. Non è che abbia nulla contro nonna Becka, solo che ormai si è completamente rimbambita.
"Capisco, accende il fuoco, questa è una dote decisamente notevole, ma in che modo potrei esserti utile?"
"No no, non mi hai capito, non è che accende il fuoco come fanno gli scout -Non sai cosa siano gli scout? Sei una persona estremamente fortunata- comunque lo accende col pensiero... per magia" ecco la parola che che proprio non mi veniva in mente... Magia. "Si insomma, da quando siamo arrivati Elliot sa usare la magia."
Questa mia ultima affermazione deve avermi fatto riguadagnare qualche punto, perché Holtz tornò ad essere serio.
"Beh, questo è abbastanza insolito. Vi verrà spiegato meglio stasera, ma voi in teoria non dovreste essere in grado di utilizzare la magia. Cos'ha fatto di preciso?"
"Beh, ieri ha fatto esplodere un vaso nella sua stanza e ieri notte ha appiccato l'incendio oltre il quale ci siamo incontrati, ah, e credo sia stato sempre lui a teletrasportarci qui" Holtz iniziò a sembrarmi decisamente preoccupato così mi sentii in dovere di rassicurarlo "Però adesso lo controlla, o meglio. Lo controllicchia. Adesso riesce ad accendere le candele solo avvicinando la mano allo stoppino. Abbiamo fatto pratica per tutta la notte."
Si grattava il mento. Classica posa di chi sta riflettendo. Alla fine sembrò giungere ad una semplice conclusione. "Beh, tralasciando la parola 'impossibile' che con voi sembra essere quantomai inappropriata, devi sapere che la magia è una sorta di energia che fa parte della natura. A volte, alcune persone particolarmente dotate, sono in grado di domarla quasi istintivamente. Mettiamo che questo sia il caso di Elliot, allora sarà in grado di gestire una piccola quantità di incantesimi elementali" prese un attimo fiato per vedere se il concetto aveva un qualche significato per me e, no, non ce lo aveva, quindi continuò con la spiegazione "per elementali intendo quegli incantesimi basilari che partecipano delle energie degli elementi -acqua, aria, fuoco e terra- quindi si, potra accendere fuocherelli, congelare pozzanghere o cose simili, ma dovrà imparare a controllarsi..."
"Oh, a questo ci penso io..." risposi tutto entusiasta, ma poi mi resi conto che non mi aveva fatto nessuna domanda e che io mi ero limitato ad interromperlo "...scusa, continua".
"Dicevo, che dovrà imparare a controllarsi, ma se vorrà progredire, dovrà imparare anche le formule magiche. Qui in città ci sono diversi stregoni a cui..."
"Non ce ne sarà bisogno" lo interruppi di nuovo. E' che la mia soglia di attenzione per i discorsi troppo lunghi scema dopo pochi secondi. "Le formule ce le ha già".
"In che senso 'le formule ce le ha già'?" mi chiese incuriosito
"Beh, non so come spiegarlo, ma ogni tanto, quando siamo in situazioni particolari, è come se perdesse il controllo, inizia a parlare in una lingua strana e poi succedono delle cose... cose magiche ovviamente".
"Ragazzo mio, se già il fatto che il tuo amico sappia usare la magia è strano, quello che mi dici ora rasenta l'assurdo. Sarà bene parlarne con il consiglio stasera, loro sapranno aiutarlo meglio di quanto possa fare io".
Detto questo semplicemente se ne andò senza voltarsi. A pensarci adesso mi pento fortemente di avergli raccontato quelle cose. Non vorrei aver condannato Elliot ad essere un fenomeno da baraccone o, peggio ancora, una cavia da laboratorio.
Finora ci sono stati tutti molto vicini, sono stati amichevoli e ci hanno aiutato in tutti i modi, quindi esiste la possibilità che Elliot non sia in pericolo e che, anzi, sia capitato nel posto giusto, ma credo che lo scopriremo solo stasera. Una riunione con tutti gli anziani del villaggio. Suona molto serio come avvenimento. Sarà un problema perché dubito fortemente di riuscire a mantenere la serietà e l'obiettività di cui avrò bisogno. Non che abbia problemi a parlare in pubblico, di solito quando parlo la gente mi ascolta attenta e in silenzio, ma di solito non c'è Kaila al mio fianco.
Che poi su questo punto bisogna spenderci un paio di parole. Elliot è un ragazzino fortunato di quelli che hanno una famigliola perfetta con una casetta perfetta con sul vialetto parcheggiata una macchina perfetta. Niente di più diverso da me e da quella che è la mia vita domestica. Me ne rendo conto solo ora che alla fine la cosa che più mi dava urto in quel ragazzino era la sua totale e inconsapevole tranquillità. Quella felicità semplice e quasi indesiderata che a me non è stata concessa. Una famiglia come la sua la si trova di solito con la faccia stampata sulle cartoline di benvenuto nelle città o sulle brochure delle agenzie immobiliari -e guarda caso sua madre fa l'agente immobiliare.
Alla fine Elliot non è tanto diverso da me, solo che la vita non l'ha messo nelle condizioni di essere in grado di gestire una situazione del genere. E qui torniamo all'incipit del capitolo: come fa una persona normale a gestire una situazione anormale? La risposta è semplice: non lo fa! Il più delle volte esplode, e non nel senso che da fuoco al primo bosco che gli capita sottomano. No, quello diciamo è più un effetto collaterale. Uno esplode coi nervi. Cede. Si dispera in maniera insensata. E già che c'è fa esplodere altra roba. Ecco, crisi di nervi e super-poteri sono cose che non possono andare a braccetto. Ve lo immaginate Superman che perde il senno perché imbottigliato in mezzo al traffico? Ci avevano anche fatto un film su una super-eroina che veniva scaricata dal fidanzato e dava di matto... Ecco, diciamo che è il caso di evitare una situazione del genere.
Ok ok, lo ammetto, un minimo mi sento in colpa. Non che sia del tutto colpa mia se siamo finiti qui, ma tutto sommato esiste la remota possibilità che la mia irresponsabile avventatezza possa averci condotti qui. In un certo senso mi sento responsabile della vita di questi miei compagni improvvisati. E' per questo che mi sono dato tanta pena per salvare Lara e perché farò di tutto per andare a salvare quell'idiota di Peter che si è fatto rapire insieme al professore -idioti.
Elliot ha bisogno di qualcuno che lo sorregga in questo momento. Un po' per evitare che diventi un pericolo per se e per chi gli sta intorno -ad esempio per me- un po' perché a conti fatti queste sue nuove abilità ci possono fare estremamente comodo durante la missione che stiamo per intraprendere. C'è bisogno di qualcuno che lo guidi e lo aiuti a scoprire e controllare il suo potenziale e quel qualcuno non può essere nessun altro se non io.
Vivere in una situazione di costante allerta mi ha dato la capacità di comprendere le persone e le loro intenzione semplicemente guardandole. Nel mio zaino porto sempre l'occorrente per il pronto soccorso e per la 'sopravvivenza spicciola', ovvero quelle piccole cose che ti permettono di cavartela in qualsiasi situazione imprevista. Eredità di quella triste parentesi della mia vita in cui fui costretto a fare lo scout... ma su questo argomento stendiamo un velo pietoso.
Questo è solo per dire che dalla vita mi aspetto sempre il peggio e cerco di farmi trovare preparato. Una dote di cui adesso abbiamo molto bisogno e che, insieme ai poteri di Elliot potrebbero tirarci fuori da questo impiccio -ammesso che esista un modo per cavarsela.
Va bene, va bene. Non è questo l'unico motivo per cui ieri sera sono andato a trovare Elliot. E' che un po' lo sto rivalutando. Una volta superata la naturale repulsione per gli sfigati come lui, scopri che non è poi così malaccio. In realtà riesce anche ad essere simpatico. Certo, a modo suo, però potrei anche considerare l'idea di stringerci amicizia.
Non sarebbe male per una volta avere al fianco una persona che stia con te per sua scelta e non per paura delle eventuali ritorsioni. Diciamo che potrebbe essere un piacevole diversivo.
Ora, lasciando da parte tutti questi vaneggiamenti su Elliot e sui miei immeritati sensi di colpa, resta il fatto che c'è una missione da portare a termine e, non per ripetermi, ma qui la gente ti tira addosso le frecce. Quanto meno dalla nostra abbiamo i lupi che, a quanto mi dicono, sono temuti anche da queste parti. Inoltre con questi particolari lupi ci si può anche parlare, basta solo cercare di non ridere sulla loro statura, ma per il resto sono amabilissimi.
Si sono costruiti questa città-fortezza al riparo dal mondo esterno per non dover convivere con la repulsione e l'odio che gli umani gli tributavano. In un certo senso mi sento anche troppo vicino a loro. Sarà forse per questo che mi trovo così a mio agio in mezzo a loro. Girando per il mercato, parlando con la gente, vagando per le vie del borgo... per la prima volta in vita mia mi sono sentito veramente a casa. Loro ci aiuteranno e di sicuro non ci abbandoneranno e, qualora non riuscissimo a trovare un modo per tornare a casa, penso che non mi dispiacerebbe rimanere a vivere qui. No! Ho promesso ad Elliot che lo avrei aiutato e ci avrei riportati tutti nel nostro mondo e, anche se fatte ad un idiota, le promesse vanno onorate.
E poi c'è Kaila. Ok, non c'entra nulla col discorso, però da quando l'abbiamo incontrata ogni tanto mi ritrovo a pensare a lei senza alcun motivo apparente. In pratica si potrebbe dire che se siamo in mezzo ai guai sia colpa sua -a riprova del fatto che non dovrei assolutamente sentirmi in colpa- però ogni volta che la vedo mi si forma un nodo in gola. La stessa sensazione che si prova quando si mangia troppo di fretta e qualcosa ti si blocca a metà via tra la gola e lo stomaco. Tu di dai una serie di colpi furiosi sul petto, ma quel boccone non va né su né giù! Non ti stai strozzando, però senti quel fastidioso senso di oppressione dietro lo sterno che ti fa impazzire.
Ti prende all'improvviso, senza che te lo aspetti. Tu sei lì che cerchi di spiccicare due parole e quelle ti muoiono in gola, ti si confondono, si perdono. Probabilmente quella ragazza penserà che sono un idiota, o peggio ancora, un timidone. Vorrei prenderla a pugni solo per il gusto di cancellare quel sorrisino imbarazzato che le si stampa sulla faccia ogni volta che rimaniamo in silenzio. Di occasioni ce ne sono state, ma puntualmente me ne sono rimasto lì impalato a fare il deficiente.
Prendiamo ad esempio stamattina. Stavo cercando Holtz, il tipo che ci ha salvato dal novello Robin Hood che ci inseguiva, per chiedergli informazioni sul conto della magia. Ho promesso ad Elliot che lo avrei aiutato, ma sinceramente non avevo proprio idea di dove iniziare. Non avendo a disposizione un computer, e dubitando fortemente che comunque avrei trovato informazioni utili su Wikipedia, ho pensato di rivolgermi a qualcuno del posto che sapesse indirizzarmi. Insomma, chiedo in giro di questo Holtz e vengo indirizzato da un simpatico mercante verso l'ospedale -a proposito, se passate da queste parti e vi fermate a mangiare, lo Shurap è ottimo, ricorda molto il cous-cous, ma evitate come la peste il Rabilh... mai mangiato nulla di più orribile! Sa di pesce marcio infilato in un calzino usato da più di una settimana da qualcuno affetto da una grossa disfunzione alle ghiandole sudoripare. Non mi sono fermato ad indagare sulla ricetta.
Arrivai all'ospedale in tarda mattinata. Rispetto alla sera prima c'era un via vai di gente incredibile e all'interno era possibile vedere lo stesso tipo di frenesia tipica di un pronto soccorso nostrano. Mi recai al banco dell'accettazione per chiedere di Holtz quando la porta che dava sui locali di ricovero si spalancò con una furia incredibile e una ragazza ne schizzò fuori. Ci misi un po' a riconoscerla per via del suo strano abbigliamento. Oddio, non che fosse strano, solo un po' inusuale. Evidentemente anche a lei i Nani avevano fornito degli abiti puliti, e lei li aveva persino indossati. Quasi d'istinto mi venne da chiamarla: "Ehi Kaila, dove corri?"
Lei si bloccò all'istante e si voltò verso di me. In quel momento ho avuto come l'impressione che il mondo si spegnesse. Non del tutto, solo il volume. Come quando ricevi una telefonata e togli l'audio al film che stanno dando in TV per poter rispondere. Neanche mi accorsi che si stava avvicinando. O meglio, me ne accorsi, ma non credevo fosse reale. Era come se un faro illuminasse solo lei che camminava al rallentatore verso di me. Niente suoni, niente rumori, niente voci. Solo quegli splendidi occhi verdi e quel sorriso luminoso in una splendida cornice di capelli ricci e neri come la notte. Ok, sto decisamente male. Anche solo a ripensarla mi viene il magone. Mi si attiva il gene della poesia che di solito faccio di tutto per mantenere accuratamente spento. Ammettiamolo, Kaila è una bella ragazza. Forse a scuola ce ne sono di più carine, ma nessuna ha quel sorriso, quegli occhi e quello splendido incedere delicato... AAAAAHHHH! Stupido gene della poesia! Spegniti!
Sta di fatto che una volta arrivata di fronte a me, il cervello mi è letteralmente andato in pappa! Ho cercato di parlare, ma credo mi siano uscite dalla bocca solo delle sillabe sconnesse e probabilmente sono anche arrossito. Che figuraccia!
Alla fine riuscii ad articolare qualcosa del tipo 'hai per caso visto Holtz?' ma con in mezzo molte ma molte più consonanti e vocali buttate lì a casaccio. Quando nominai Holtz il suo sguardo si velò di tristezza e accennò a chinare il capo. Per un attimo pensai che la tremenda onta di averle arrecato tristezza andasse lavato col sangue -il mio sangue- ma per fortuna durò soltanto un attimo. Lei si riprese quasi subito e mi mostrò nuovamente il suo raggiante sorriso. Iniziò a parlarmi con quella sua voce melodica, i capelli corti che danzavano dolcemente sulla sua testa, le sue labbra carnose e vermiglie che si muovevano sinuosamente, i suoi occhi ambrati che mi fissavano con quel meraviglioso sguardo penetrante -ok, mi sono completamente arreso al gene della poesia, tanto non riesco a controllarlo. Ero completamente annientato da tutta quella bellezza che quando finì di parlare mi resi conto di non aver ascoltato neanche una parola di quello che aveva detto.
Mi guardò intensamente come per chiedermi se avevo capito e l'unica cosa che riuscii a pensare era che se non le davo subito un bacio avrei rischiato di esplodere. Non la baciai -non sono ancora così perduto- né tantomeno esplosi. Biascicai qualcosa di incomprensibile che nella mia mente doveva suonare come un 'Ok, grazie!' così lei si sentì soddisfatta, mi salutò e se ne andò per la sua strada.
Rimasi a fissare per qualche minuto il punto della porta dalla quale era uscita e alla fine riuscii a riprendermi. Tutte le funzioni neuronali tornarono a pieno regime e riuscii nuovamente a connettere i pensieri. Quello che ne uscì fuori fu: 'Cavolo, ancora non so dove trovare Holtz!'
Mi voltai verso il tizio seduto dietro il banco dell'accettazione e gli chiesi: "Ehi amico, hai per caso sentito quello che mi ha detto la ragazza mora?" quello fermò la mano che scriveva freneticamente sul registro e lentamente alzò lo sguardo verso di me. Non che fosse possibile fare un paragone, ma se lo sguardo di Kaila era il Paradiso, quello del nano era l'Inferno. Mi fissò con un'aria imbronciata, seccata e annoiata allo stesso tempo. Il suo naso adunco sembrava indicarmi con fase accusatorio e alla fine, quando parlò, ogni lama sembrò un rasoio tagliente e arroventato: "Di un po', ti sembro forse una segretaria?"
"Ehi, scusa. E' solo che... Ok, fai finta di niente"
"Vedrò cosa posso fare"
E con lo stesso identico movimento -solo in direzione contraria- abbassò di nuovo lo sguardo e riprese a scrivere.
Passai quasi tutto il giorno a vagare per la città, ogni volta che abbassavo lo sguardo e cercavo di non pensare a nulla, il bel visino di Kaila mi si formava in mente. Ma si può? Mi sentivo -e mi sento- veramente ridicolo.
Comunque, tornando ad Holtz, alla fine lo trovai, beh, più che trovarlo gli sono letteralmente inciampato addosso. Ero come al solito perso nei miei pensieri -e quindi sistematicamente pensavo a Kaila- quando da un angolo mi sbuca davanti guardando dall'altra parte e mi arriva diritto addosso. Anche lui stava cercando me, voleva informarmi della riunione che si terrà stasera e mi chiese di avvisare anche Elliot. Elliot... uhm, mi dice qualcosa questo nome... Non è una battuta, li sul momento mi ero proprio dimenticato del perché stessi cercando Holtz. Continuavo a vagare per il borgo cercandolo solo perché quello era l'unico pensiero al di fuori di Kaila che riuscissi a focalizzare.
"Senti, a proposito di Elliot, ti volevo chiedere alcune cose."
"Dimmi pure" fece lui "cosa gli è successo?"
"Beh, non è che gli sia proprio successo qualcosa, anzi, sarebbe più corretto dire che è lui che fa succedere delle cose."
Il cervello non mi era ancora tornato del tutto in funzione, e quindi vedevo la faccia perplessa di Holtz mentre io cercavo di raccapezzarmi tra i miei pensieri confusi.
"In che senso fa succedere delle cose?" mi chiese. Aveva uno sguardo molto paziente. Sembrava una persona estremamente matura, nonostante mi arrivasse a stento all'altezza delle spalle.
"Beh, cose... cose magiche... tipo accende il fuoco" e qui penso di essermi giocato ogni parvenza di serietà perché Holtz iniziò a guardarmi come io di solito guardo la mia bisnonna. Non è che abbia nulla contro nonna Becka, solo che ormai si è completamente rimbambita.
"Capisco, accende il fuoco, questa è una dote decisamente notevole, ma in che modo potrei esserti utile?"
"No no, non mi hai capito, non è che accende il fuoco come fanno gli scout -Non sai cosa siano gli scout? Sei una persona estremamente fortunata- comunque lo accende col pensiero... per magia" ecco la parola che che proprio non mi veniva in mente... Magia. "Si insomma, da quando siamo arrivati Elliot sa usare la magia."
Questa mia ultima affermazione deve avermi fatto riguadagnare qualche punto, perché Holtz tornò ad essere serio.
"Beh, questo è abbastanza insolito. Vi verrà spiegato meglio stasera, ma voi in teoria non dovreste essere in grado di utilizzare la magia. Cos'ha fatto di preciso?"
"Beh, ieri ha fatto esplodere un vaso nella sua stanza e ieri notte ha appiccato l'incendio oltre il quale ci siamo incontrati, ah, e credo sia stato sempre lui a teletrasportarci qui" Holtz iniziò a sembrarmi decisamente preoccupato così mi sentii in dovere di rassicurarlo "Però adesso lo controlla, o meglio. Lo controllicchia. Adesso riesce ad accendere le candele solo avvicinando la mano allo stoppino. Abbiamo fatto pratica per tutta la notte."
Si grattava il mento. Classica posa di chi sta riflettendo. Alla fine sembrò giungere ad una semplice conclusione. "Beh, tralasciando la parola 'impossibile' che con voi sembra essere quantomai inappropriata, devi sapere che la magia è una sorta di energia che fa parte della natura. A volte, alcune persone particolarmente dotate, sono in grado di domarla quasi istintivamente. Mettiamo che questo sia il caso di Elliot, allora sarà in grado di gestire una piccola quantità di incantesimi elementali" prese un attimo fiato per vedere se il concetto aveva un qualche significato per me e, no, non ce lo aveva, quindi continuò con la spiegazione "per elementali intendo quegli incantesimi basilari che partecipano delle energie degli elementi -acqua, aria, fuoco e terra- quindi si, potra accendere fuocherelli, congelare pozzanghere o cose simili, ma dovrà imparare a controllarsi..."
"Oh, a questo ci penso io..." risposi tutto entusiasta, ma poi mi resi conto che non mi aveva fatto nessuna domanda e che io mi ero limitato ad interromperlo "...scusa, continua".
"Dicevo, che dovrà imparare a controllarsi, ma se vorrà progredire, dovrà imparare anche le formule magiche. Qui in città ci sono diversi stregoni a cui..."
"Non ce ne sarà bisogno" lo interruppi di nuovo. E' che la mia soglia di attenzione per i discorsi troppo lunghi scema dopo pochi secondi. "Le formule ce le ha già".
"In che senso 'le formule ce le ha già'?" mi chiese incuriosito
"Beh, non so come spiegarlo, ma ogni tanto, quando siamo in situazioni particolari, è come se perdesse il controllo, inizia a parlare in una lingua strana e poi succedono delle cose... cose magiche ovviamente".
"Ragazzo mio, se già il fatto che il tuo amico sappia usare la magia è strano, quello che mi dici ora rasenta l'assurdo. Sarà bene parlarne con il consiglio stasera, loro sapranno aiutarlo meglio di quanto possa fare io".
Detto questo semplicemente se ne andò senza voltarsi. A pensarci adesso mi pento fortemente di avergli raccontato quelle cose. Non vorrei aver condannato Elliot ad essere un fenomeno da baraccone o, peggio ancora, una cavia da laboratorio.
Finora ci sono stati tutti molto vicini, sono stati amichevoli e ci hanno aiutato in tutti i modi, quindi esiste la possibilità che Elliot non sia in pericolo e che, anzi, sia capitato nel posto giusto, ma credo che lo scopriremo solo stasera. Una riunione con tutti gli anziani del villaggio. Suona molto serio come avvenimento. Sarà un problema perché dubito fortemente di riuscire a mantenere la serietà e l'obiettività di cui avrò bisogno. Non che abbia problemi a parlare in pubblico, di solito quando parlo la gente mi ascolta attenta e in silenzio, ma di solito non c'è Kaila al mio fianco.
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